La lite su Flotilla irrompe nella politica italiana: i pro e contro della polemica
- Postato il 5 settembre 2025
- Politica
- Di Blitz
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È la nave degli aiuti o quella delle polemiche? La Flotilla è ancora in mezzo al mare lontana dalla costa di Gaza eppure in Italia il solito gioco del si e del no non si ferma.
È molto comodo emettere giudizi quando si è comodamente seduti su una poltrona nel salotto di casa. Invece di pensare a come far arrivare questi aiuti a destinazione destra e sinistra si punzecchiano in un battibecco che non diverte più nessuno, in primo luogo gli italiani che in questo mese e nel prossimo andranno a votare per eleggere i governatori di sei regioni.
La prima a far sentire la sua voce (anzi la sua prosa) è naturalmente Elly Schlein che deve difendere il suo ruolo assai in bilico per le tante divisioni che esistono nel partito a cui appartiene.
Prende carta e penna (come si diceva una volta) e scrive una lettera a Giorgia Meloni. “Dobbiamo proteggere chi è su quella imbarcazione”, sostiene.
La ragione è presto detta: Israele ha fatto sapere che quando quei signori arriveranno ad un passo dalle loro spiagge saranno considerati dei terroristi. Arrestati e rinchiusi in carcere. Per quanto tempo?
Non è un avvertimento di poco conto quello della segretaria del Pd perché a bordo della nave ci sono pure quattro parlamentari dell’opposizione.
La risposta della premier non si fa attendere. Servendosi della sua vis replica:
Meloni promette: proteggerò Flotilla

“Tuteleremo i nostri connazionali come abbiamo sempre fatto” anche se esistono mezzi più sicuri per essere vicini alla povera gente di Gaza.
Poteva finire così? Per carità, nemmeno se ne parla. I fogli della sinistra insorgono, in specie l’Unità, il vecchio organo del Partito comunista. In primo luogo – si scrive – la Meloni doveva essere più chiara quando ha espresso giudizi su Netanyahu e le sue nefandezze. I civili uccisi barbaramente nella Striscia dovrebbero essere ricordati in altra maniera.
Poi, perchè non convocare immediatamente l’ambasciatore israeliano in Italia per fargli presente che le persone in missione umanitaria che viaggiano a bordo della Flotilla non dovranno essere toccate nemmeno con un dito. Diplomaticamente, bisogna dare un dieci e lode a questo atteggiamento. Invece di trovare un accordo, una via di pace all’iniziativa, si alza subito la voce, anzi si minaccia il Paese con cui si deve trattare.
In questo modo, non solo gli attriti aumenteranno, ma gli “umanitari” che sono a bordo rischieranno molto di più di quello che dovrebbero temere.
Per dirla in parole povere, la premier e il suo ministro degli Esteri Antonio Taiani dovranno assumersi un compito assai difficile e delicato perché dall’altra parte della barricata ci sono uomini di governo che hanno già ampiamente dimostrato quanto la vendetta sia andata al di là di qualsiasi previsione.
Allora, non bisogna dimenticare che questo ennesimo braccio di ferro avviene in un momento assai particolare per l’Europa e quindi per l’Italia. In Francia, più esattamente a Parigi, si sono riuniti i paesi volenterosi che debbono pronunciarsi sull’Ucraina.
Truppe in Ucraina? Mai
Mandare o no le truppe del vecchio continente a Tel Aviv? Macron è il più convinto, ritiene che i soldati europei debbono partire subito per contrastare il passo ai russi. No, si risponde: semmai questa forza dovrà andare soltanto dopo la fine della guerra per evitare altri soprusi del Cremlino.
Su questo punto, Giorgia Meloni non fa un passo indietro. Dice no, si partirà per Kiev a tempo debito, ma limitandosi all’addestramento. Decisione poco coraggiosa? Molti commentatori rispondono no, perché un esercito che raggiunge l’Ucraina potrebbe voler significare l’allargamento di un conflitto assai pericoloso, Dio ce ne guardi a pensare a quel che potrebbe succedere.
Macron stavolta non vince, ma nemmeno perde se dalla sua parte si sono schierati un bel numero di volenterosi.
Il mondo ha paura, forse non tutti sono d’accordo su quel che si dovrebbe fare. Ma, di fronte alla morte di un gigante come Giorgio Armani, nessuno, dall’America alla Russia, può lenire il dolore per una perdita del genere. Se n’è andato un grande, un simbolo dello stile italiano in tutto l’Universo. Ora dobbiamo soltanto piangere e non tirarlo per la giacchetta per dimostrare “che era con noi””.
Con chi, di grazia? Non la buttiamo nuovamente in politica, non è proprio il caso di dividersi in un momento in cui dovremmo essere orgogliosi di essere italiani. Un orgoglio che non dovremmo mai dimenticare se vogliamo far sentire forte la nostra voce e difendere le nostre opinioni.
Dice Jannick Sinner che giocherà domani la semifinale degli Us open di tennis: “È bellissimo essere italiani”. Che altro, se non seguire le sue parole?
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