La Lega rispolvera la riforma della Banca d’Italia per dare più poteri a governo e parlamento

“La Lega sta depositando alla Camera una propria proposta di legge, già depositata in Senato nella legislatura precedente, sull’adeguamento della governance di Banca d’Italia ai migliori standard europei. Come dimostrano le esperienze degli altri Stati membri un coinvolgimento del parlamento è indispensabile per evitare una pericolosa autoreferenzialità della vigilanza”. Lo dichiara il deputato della Lega, vicepresidente della commissione Finanze e responsabile del dipartimento Economia del Partito, Alberto Bagnai. Martedì il segretario del suo partito, Matteo Salvini, aveva invocato un ruolo più attivo di Banca d’Italia nell’operazione avviata da Unicredit su Banco Bpm, che lo vede fortemente contrario (e contrariato).

Bagnai fa riferimento alla proposta già presentata in Senato (insieme al Movimento 5 Stelle, ndr). Quel testo attribuisce a governo e parlamento più estesi poteri di nomina su tutti i componenti di vertice di Banca d’Italia. Attualmente il governatore viene nominato con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del consiglio superiore della banca. Il governatore, e lo stesso consiglio, nominano poi direttore generale e vice direttori.

In base alla riforma proposta le nomine del direttorio (ne fanno parte governatore, direttori e vice direttori, ndr) sarebbero fatte in parte dal Consiglio dei Ministri e in parte dalla Camera e dal Senato. Alla Banca d’Italia, inoltre, viene sottratta la possibilità di modificare il proprio statuto, attribuendo questa facoltà solo alla legge. Il progetto di riforma, spiegava la relazione dei proponenti, mira ad “evitare che attraverso l’indipendenza si possa esulare dal sistema di bilanciamento e controllo dei poteri tipico delle democrazie liberali”. Di fatto si rafforza il ruolo della politica nella gestione dell’istituto. Va detto che un assetto simile è in vigore in Germania, per quanto riguarda la Bundesbank. Inoltre con la politica monetaria ormai totalmente in mano alla Bce a cui compete anche la vigilanza sulle banche più grandi, non ci sono rischi di condizionamenti in questi campi molto delicati.

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Il Fatto Quotidiano

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