La Juve ha perso il suo antico status: i continui esoneri sono lo specchio delle difficoltà di John Elkann | il commento
- Postato il 27 ottobre 2025
- Calcio
- Di Il Fatto Quotidiano
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                                                                            Sarri, Pirlo, Allegri bis, Motta, Tudor e, ora, uno tra Raffaele Palladino (il più apprezzato tra i nomi in ballo del popolo bianconero), Luciano Spalletti (l’ex ct verrebbe di corsa a Torino, ma non troverà, nel caso, i tappeti rossi ad accoglierlo) e Roberto Mancini (il terzo incomodo, ma forse il più adatto in una situazione come quella attuale). Alla Juventus, hanno il vizio dei periodi serial: dopo i nove scudetti di fila, dall’estate 2020 solo amarezze, a parte due coppe Italia e una Supercoppa. L’esonero di Tudor è il secondo nel 2025, dopo il licenziamento di Thiago Motta, avvenuta il 23 marzo e ancora a libro paga: l’avventura del tecnico croato è durata appena 218 giorni ed è stata bruciata dai tre ko di fila (Como, Real Madrid, Lazio). Sotto un altro: avrà il compito di centrare almeno il quarto posto, di agguantare i playoff in Champions e poi, vecchio detto, Dio provvede.
C’è grande confusione sotto il cielo bianconero. Sarri, che pure aveva portato il nono scudetto della serie nella stagione del Covid, fu liquidato dopo il ko in Champions agli ottavi con il Lione. Il Comandante non andava bene: troppo indipendente e poi aveva qualche problema con Cristiano Ronaldo. Venne Pirlo, nella suggestione di aver trovato in casa un clone di Pep Guardiola: scommessa persa, anche al netto dei due trofei conquistati dall’ex centrocampista della nazionale. Tornò Allegri, l’uomo dei cinque scudetti di fila, sicuramente il più sintonizzato sulle onde della cultura bianconera, dove il risultato è l’unica cosa che conta. L’Allegri bis fu troncato di netto il 17 maggio 2024, dopo il successo in Coppa Italia di due giorni prima e la leggendaria sfuriata del tecnico livornese. Ecco allora, dopo il brevissimo interim di Montero, l’astro nascente Motta, per provare a rilanciare l’operazione sempre fallita del calcio spettacolo nella real casa bianconera: galeotta fu la pareggite e tanti saluti anche a lui. Tudor, quindi, ex juventino di provata fede. Alti e bassi, il 4-3 all’Inter il 13 settembre 2025 come momento più alto, poi indietro tutta, fino al ko contro la Lazio, di fronte a Sarri, che avrà goduto come un matto ad affossare la Juve.
Il diario di bordo non racconta però solo questo. In questi cinque anni, segnati fuori campo da inchieste giudiziarie/sportive e da fiumi di denaro – il disavanzo di mercato dal 2019 al 2025 è di 310,37 milioni di euro -, c’è stato un bel traffico di dirigenti. Il 18 gennaio 2023, il primo colpo di scena: l’addio di Andrea Agnelli alla poltrona presidenziale e l’investitura di Gianluca Ferrero. In precedenza, nel 2021, un’altra partenza importante: quella del direttore sportivo Fabio Paratici, con l’investitura di Federico Cherubini. Poi il biennio (2023-2025) di Cristiano Giuntoli, congedato il 3 giugno scorso. Infine, l’avvento del francese Daniel Comolli, direttore generale promosso qualche giorno fa come nuovo amministratore delegato. Un movimento di uomini e ruoli che ha una semplice chiave di lettura: l’incapacità della Juventus di ritrovare il suo antico status.
Bisogna quindi salire in alto, molto in alto, per individuare i veri responsabili della caduta. I travagli calcistici di questi cinque anni sono lo specchio delle difficoltà di John Elkann, nipote ed erede di Gianni Agnelli, dal 2004 alla guida di un gruppo che controlla 14 marchi, è presente in 29 paesi e ha una forza occupazionale di 400mila dipendenti. I problemi nel settore auto della Stellantis, le figuracce della Ferrari di cui John Elkann è presidente dal 2018, le difficoltà nel settore media con Repubblica rilevata nell’aprile 2020 e ora già in vendita, la cessione di Iveco (30 luglio 2025) e i guai – legali – di famiglia sono gli indicatori di una crisi profonda, a tutto campo. Una crisi industriale e post-industriale, di strategie, di visioni e di scelte di uomini. La Juventus, gioiello della real casa dal 1923, non poteva sottrarsi all’involuzione generale. Tudor, con i suoi limiti e i suoi errori, non è stato il vero problema dell’ultima Juve. Il nodo è il manico, dove anche nella gestione del calcio si è passati con disinvoltura, in questo quinquennio, da una visione all’altra. Da quelle parti, contano i risultati e quando non arrivano, si ricorre alla soluzione più facile e più banale: si presenta il conto all’allenatore. Non paga mai il grande capo, ovvero chi sta in cima alla filiera. I problemi della Juventus nascono lassù: Sarri, Pirlo, Allegri, Motta e Tudor sono, con il dovuto rispetto, un dettaglio.
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