La guerra sporca dietro i milioni del tax credit: la vendetta di “lady Bacardi” e le manovre politiche sul sistema cinema
- Postato il 1 ottobre 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Un doppio fronte scuote cinema e politica. Da una parte la guerra tra gli ex soci ed ex amanti Andrea Iervolino e Monika Bacardi, produttori cinematografici con la società Iervolino Lady Bacardi Entertainment (Ilbe), divenuta poi Sipario Movies; dall’altra l’uso politico del più grande scandalo sui fondi pubblici dell’audiovisivo nella storia d’Italia. Le carte ottenute dal Fatto retrodatano la vicenda di tre anni e mostrano rancori personali, parcelle milionarie e mosse capaci di ridisegnare i rapporti di forza al ministero.
La vendetta di lady Bacardi
La miccia scoppia nel novembre 2022, quando lo studio Bacardi – tramite l’antiriciclaggio in Lussemburgo – segnala due operazioni sospette legate a Evolution Technology, società connessa al gruppo Iervolino e accusata di fatture fittizie per 250 milioni. A marzo 2024 Bacardi lascia il cda di Sipario e segnala le operazioni a Banca Intesa e Deutsche Bank. A metà settembre 2024 anche Iervolino si dimette dal cda e a dicembre la società di Bacardi nomina presidente il legale David Peretti, che porta Sipario in liquidazione affiancato dal commercialista Dario Spadavecchia. Sono loro ad accusare l’ex socio Iervolino: costi gonfiati dieci volte per produzioni animate tramite società in Bahrain e Lussemburgo, fatture per 88 milioni da Evolution poi fallita e crediti d’imposta indebiti per circa 26 milioni. Spadavecchia produce oltre mille pagine di due diligence sulla società, stimando un buco da 89 milioni, danni e costi colossali. Tra questi però, c’ anche la loro parcella: il 7 luglio 2025 arriva una fattura di Spadavecchia da 718mila euro, con pagamento lo stesso giorno, che porta i costi di consulenze a carico della Sipario in liquidazione sopra il milione di euro.
La grande rinuncia e le cartelle fiscali
Il 24 aprile 2024 il ministero della Cultura chiede a Iervolino documenti su 38 produzioni tra il 2018 e il 2022. Il 30 aprile e il 10 luglio lui comunica la rinuncia “volontaria” a 34,5 e poi a 94,5 milioni di tax credit: 129 milioni in totale. Per Iervolino sono “rinunce tecniche” sul tax credit prenotato, per altri un tentativo di chiudere i conti prima che esplodesse la “bomba”. A settembre e dicembre 2024 l’Agenzia delle entrate notifica a Sipario due cartelle per 14 milioni su crediti R&S e ammortamenti legati alla Al Mashael Movies del Bahrain, Paese fuori white list, e altri quattro milioni per deduzioni non dovute. Peretti, ormai a capo dell’azienda, non le contesta ma le manda in pagamento. La guerra tra Iervolino e Bacardi diventa così autodistruzione reciproca, sia economica che d’immagine.
La controffensiva di Iervolino
Invece di fare una regolare Opa (offerta pubblica di acquisto), per assumere il controllo della quotata Peretti e Bacardi rastrellano azioni sul mercato. Per questo il 10 giugno 2025 il Tribunale di Roma revoca Peretti per “gravi irregolarità gestorie” e lo condanna a rimborsare le spese legali. Al suo posto nomina un amministratore giudiziario, il professor Paolo Bastia. La sua indipendenza però è subito contestata dalla controparte: Bastia è “of counsel” dello studio Grimaldi Alliance che nel 2024 insieme ad altri è stato consulente della Iervolino Lady Bacardi Entertainment durante le interlocuzioni col ministero. Iervolino giura di non conoscerlo. Sono le sue mosse che fanno tremare il Mic. Il Fatto ha accertato che Bastia effettivamente ha il proprio studio presso Grimaldi.
Il 17 luglio scorso, tre giorni dopo la revoca dei crediti ministeriali alla Sipario, Bastia scriveva al ministero chiedendo l’annullamento del provvedimento, adottato, sostiene, senza contraddittorio e basato su atti “inattendibili” che non aveva avuto il tempo di visionare. Il ministero tira dritto. Due mesi dopo, Bastia deposita al Mic una nuova istanza per chiedere l’annullamento della revoca in quanto le sue analisi non rilevano le irregolarità denunciate da Peretti e Spadavecchia. Anzi, scrive Bastia che le accuse poggiano su dati “non accurati” e non risulta alcuna fattura per prestazioni inesistenti. Dunque richiede indietro i 66 milioni di tax credit revocati.
La manovra politica: silenzi e opportunismo
Il Mic sembra essere rimasto fermo per nove mesi, nonostante contestazioni note. Il 14 luglio 2025 però il caso esplode: quel giorno la Guardia di finanza invia al pm Antonino Di Maio una seconda informativa su Ilbe/Sipario. Nelle stesse ore il direttore generale Cinema del Mic, Nicola Borrelli, già dimissionato, firmava la revoca di 66 milioni di tax credit a Sipario. E sempre lo stesso giorno la sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni annunciava la mossa del Mic con una nota che anticipava di poche ore l’indagine penale che l’indomani avrebbe portato agli avvisi di garanzia per Iervolino e tre dirigenti di Ilbe/Sipario. Una tempistica che tradisce la logica politica: mostrarsi inflessibili dopo il caso di Francis Kaufmann, il killer di villa Pamphili che ha ricevuto 860mila euro di tax credit per film mai prodotti, usando Iervolino come capro espiatorio.
Nella nota di Borgonzoni c’è un indizio di questo. Il nome del ministro della Cultura Alessandro Giuli (FdI) compare solo alla fine, l’ultima di trecento parole. Un dettaglio che misura i rapporti di forza tra i due a dieci giorni dalla decisione di rimuovere lo storico braccio destro Borrelli, rimasto al fianco della Borgonzoni per sette anni, durante tre governi e sotto quattro diversi ministri. Un tandem reso “indifendibile” dal caso Kaufmann: Borrelli sacrificabile, Borgonzoni protetta dalla Lega. Un’operazione fragile, se costruita solo su documenti firmati da Peretti, già revocato per gravi irregolarità.
In questa storia balena anche l’ombra di accordi spartitori tra produttori. Nelle due mail di rinuncia ai 129 milioni, Iervolino scrive al Mic di aver deciso “a seguito delle interlocuzioni con dirigenti di associazioni di categoria, co-produttori e committenti esteri”. Per alcuni sarebbe l’indizio di un “cartello” tra produttori per spartirsi i fondi ministeriali, per altri si tratterebbe di normali consultazioni tra aziende per superare insieme l’interludio di incertezza normativa sul tax credit dovuto alla riforma che aveva congelato il settore. Intanto la guerra tra ex soci Iervolino e Bacardi è diventata l’innesco di un incendio che divora ministero, dirigenti, sottosegretari e i partiti di destra che, da tre anni, promettono controlli sul cinema. E ora proprio sui controlli rischiano di bruciarsi.
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