La giornalista russa Zafesova: “I nemici di Putin lo vogliono fuori ma sono terrorizzati dal collasso dopo di lui” – L’analisi

  • Postato il 9 agosto 2025
  • Mondo
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 2 Visualizzazioni

A Cortina d’Ampezzo, nell’ambito della rassegna “Una montagna di libri”, la giornalista e analista russa Anna Zafesova presenta il suo ultimo saggio “Pietroburgo. Dagli assassini degli zar al cuoco di Putin”. Specializzata in politica e società post-sovietica, con particolare attenzione a Russia e Ucraina, Zafesova offre un’analisi implacabile del sistema di potere costruito dal presidente russo.

“Il sistema putiniano è quello di Putin che privatizza lo Stato russo e lo appalta ai suoi amici – osserva Zafesova – Se noi guardiamo la cerchia di Putin, i suoi oligarchi, le persone più ricche della Russia, quelli che possiedono o gestiscono come top manager le compagnie statali e i maggiori asset del Paese, oppure che occupano cariche chiave dello Stato, scopriremo che sono compagni di scuola di Putin, compagni di università, compagni di KGB, compagni di palestra di judo, colleghi del municipio di Pietroburgo dell’epoca in cui era vicesindaco. Putin è un uomo che non si fida del sistema, si fida solo delle persone“.

Secondo Zafesova, questa impostazione ha radici profonde: “Per quanto Putin sia un uomo cresciuto in due grandi sistemi, il Partito comunista sovietico e il KGB, probabilmente il collasso di entrambi lo rende profondamente diffidente nei confronti dei sistemi e delle regole. Infatti abbiamo visto come anche i suoi rapporti internazionali spesso li costruisce come rapporti personali: ha bisogno di un feeling personale con Berlusconi, con Trump, con Angela Merkel, così come sviluppa antipatie personali, perché non riesce a ragionare secondo le regole”.

La popolarità iniziale di Putin, sottolinea Zafesova, è stata reale e decisiva: “Uno dei motivi della sua enorme popolarità è che, soprattutto all’inizio della sua presidenza ma anche in tanti momenti successivi, ha acquisito un consenso tale da schiacciare chiunque all’interno della nomenclatura russa. Nato come un delfino di Eltsin, messo lì perché considerato inoffensivo, è riuscito ad acquisire grande potere perché aveva alle spalle i russi”.

Quel sostegno popolare affonda le sue ragioni profonde in un trauma collettivo: “I russi si sono riconosciuti in lui perché il vero problema degli anni ’90 non era nemmeno la povertà, la criminalità o la corruzione, benché fossero diffuse. Era stato un periodo di grande libertà, come la libertà di viaggiare. Alla fine degli anni ’90 la maggior parte di russi, ucraini, moldavi o kazachi aveva maggiori possibilità. Il problema – spiega – era stato il collasso di un sistema di valori nel quale la gente abitava. Lo shock della modernizzazione, accompagnato dall’impoverimento e dall’inflazione, che prima sembrava una malattia tipicamente occidentale, è un trauma che Putin ha assorbito in pieno“.

Putin, osserva la giornalista, è “il tipico sovietico che non rimpiange il comunismo, perché aveva capito benissimo che il socialismo sovietico non aveva funzionato e aveva riconosciuto, suo malgrado, la vittoria dell’Occidente nella competizione con il capitalismo. Nello stesso tempo, faticava ad accettare e a capire una democrazia o un’economia di mercato“.

Il risultato è un ibrido: “Ricostruisce, con il consenso di tanti suoi elettori, una sorta di Unione Sovietica con la libertà di commercio e i negozi pieni. Ma il sistema che costruisce non ha più il partito comunista, il che è una buona notizia, e conserva invece il KGB di fatto. Quella vecchia regola coniata da Krusciov nel 1956, che la polizia politica non deve mai dominare il partito, viene ribaltata: la polizia politica resta e nessuno la controlla più”.

Il quadro finale, per Zafesova, è quello di una monarchia personale: “L’Unione Sovietica, pur dittatura totalitaria, aveva meccanismi politici interni e mediazioni di potere. Dopo Stalin, nessun leader ha mai avuto il potere che ha Putin. Lo abbiamo visto nel famoso consiglio di sicurezza prima dell’invasione dell’Ucraina, quando interroga i suoi ministri e capi dei servizi segreti, ridendo delle risposte che non ritiene corrette. Loro cercano di indovinare cosa vuole lui, perché la Russia è una monarchia e parliamo di cortigiani“.

Questo sistema rende il leader difficilmente sostituibile: “L’unica via è eliminarlo. Non ci sono congressi o plenum. L’impeachment è previsto dalla Costituzione ma praticamente impossibile. Anche se Putin fosse rovesciato da un complotto (e i golpe e le congiure sono una tradizione della storia russa), il rischio è che il sistema crolli”.
La giornalista conclude: “Sono sicura che la maggior parte della nomenclatura russa si svegli ogni mattina sperando di leggere che Putin è caduto, ma nello stesso tempo ne è terrorizzata. Tolto Putin, temono non una successione pilotata, ma un collasso, una guerra tra bande. Il fallito golpe di Prigožin – chiosa – ha dato un assaggio di cosa potrebbe accadere, in assenza di un sistema di potere diverso da una corte e da clan, perché anche i servizi segreti sono divisi al loro interno“.

L'articolo La giornalista russa Zafesova: “I nemici di Putin lo vogliono fuori ma sono terrorizzati dal collasso dopo di lui” – L’analisi proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti