“La fibromialgia mi ha portato alla depressione. Ho dovuto fermare il lavoro e sono sul lastrico, solo l’altro giorno ho speso 400 euro in farmacia”: la storia di Fabio Salvatore

  • Postato il 15 maggio 2025
  • Salute
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“La fibromialgia mi ha portato danni umani, sociali ed economici. Per ben due volte ho tentato di togliermi la vita”. A Ilfattoquotidiano.it Fabio Salvatore racconta la malattia che da diversi anni ha stravolto la sua esistenza. Una sofferenza non solo fisica, ma anche emotiva di cui parlerà in un libro in uscita il 5 giugno per Aliberti Editore e che lo ha portato sull’orlo dell’estremo gesto: “Mi sono sentito inutile e ancora una volta un peso per la mia famiglia”, spiega lo scrittore e regista, ideatore e direttore dei Magna Grecia Awards. In occasione della giornata mondiale della fibromialgia, abbiamo raccolto la sua testimonianza su questa patologia sempre più diffusa ma anche molto difficile da diagnosticare. “Un viaggio tra gli invisibili”, come dice lui stesso riferendosi alla condizione in cui si trovano a vivere circa 2 milioni di Italiani, poiché le istituzioni faticherebbero a riconoscere la loro esistenza.

Quando è iniziato il calvario con la malattia?
Io vengo da un percorso di malattia molto lungo, perché nel 1998 ho scoperto di avere un cancro e tra il 2017 e il 2019 la fibromialgia. Mi è stata diagnosticata al San Raffaele di Milano seppure da anni vivessi con questi dolori a cui non sapevo dare un nome.

Che tipo di sintomi erano?
Dolori lancinanti dalla testa fino ai piedi passando per le braccia, le mani e il trigemino. Così è iniziato il mio viaggio tra gli invisibili, perché non solo parte del mondo scientifico, ma anche l’opinione pubblica non riesce a capire realmente che malattia è.

Si era rivolto a qualche medico per capire di che natura fossero i sintomi?
Dal 1998 sono un farmaco che cammina, quindi più volte mi sono rivolto ai medici dai quali sono in cura.

E che cosa le dicevano?
La cosa più brutta è avvenuta alla prima visita reumatologica. Un luminare della medicina mi disse: “Io non riconosco questa malattia” e mi diede un farmaco che potesse alleviare il dolore. È qualcosa che inizialmente accomuna tutti i malati di fibromialgia: ci si sente pazzi, fuori luogo, incompresi. Da un lato c’è questo approccio spesso sbagliato da parte di alcuni specialisti, dall’altro la politica italiana che ci rende del tutto invisibili.

Lei invece aveva il sentore che si potesse trattare di qualcosa di più serio?
È un atteggiamento tutto italiano pensare che il male che coinvolge anche la psiche sia qualcosa che una persona si va a cercare, ma io, venendo dall’esperienza del cancro, sono sempre stato molto lucido sul dolore. Quando mi sono accorto che oltre alla sofferenza fisica che non mi faceva alzare dal letto mi si rabbuiava l’anima, ho capito che c’era qualcosa che non andava dentro di me. E quindi sì, è un fattore anche psicosomatico. Ci sono malattie che hanno a che fare con il sistema psicosomatico e vanno curate sia dal punto di vista fisico che mentale. Quando l’ho capito mi sono aiutato con la psicoterapia.

Come la malattia ha impattato sulla sua vita?
Me l’ha cambiata totalmente. Ho passato sempre più ore a casa al buio: la luce mi dà fastidio, a volte anche il semplice lenzuolo sul corpo fa male e quindi non riesco a lavorare. Al culmine del dolore e della disperazione per settimane non mi sono lavato, mi sono chiuso nella mia stanza e mi alimentavo solo con i liquidi. La malattia mi ha portato un forte stato depressivo, e non potendo più gestire in piena libertà la mia vita umana e fisica ho dovuto cedere. Mi sono trovato a fare delle scelte: curarmi o mollare. Questo ha avuto gravi ripercussioni sul lavoro, sono andato incontro a un tracollo economico e a debiti. Sono sul lastrico. Allo stesso tempo mi sono sentito completamente solo, abbandonato e non capito. E questo fa tanto male. Non nascondo di aver tentato due volte di togliermi la vita.

Non lavora più?
La fibromialgia mi ha costretto a rallentare. È come se la vita avesse tirato il freno a mano senza preavviso. Ho dovuto scegliere: o mi curavo, o non mi curavo. Perché non è possibile fare entrambe le cose con lucidità, energia e dignità, quando il dolore ti toglie il respiro e ogni giorno è una battaglia per alzarti dal letto. Lavorativamente è stato – e resta – un disastro. Avevo sogni, progetti, tournée, palchi. E invece ho dovuto imparare a dire di no, a rinunciare, a stare fermo. E quando sei fermo troppo a lungo, anche gli altri smettono di aspettarti. Ti dimenticano. Ti archiviano. Ma io ho scelto di curarmi, nonostante tutto. E ogni giorno in cui riesco ad alzarmi, a scrivere, a creare, è già una piccola vittoria.

Nessuno le è rimasto accanto?
Il dolore allontana, non avvicina. A me è crollato tutto. Ero sposato, e non lo sono più. Le persone ormai rifuggono dal dolore e non ne faccio una colpa a nessuno. Io mi sono ammalato ancora una volta, dopo aver incontrato il cancro e dopo aver perso mio padre in un omicidio stradale. Forse questa potrebbe essere una risposta per far capire a molti da dove nasce la fibromialgia: dai grandi dolori della nostra vita.

Chi si prende cura di lei?
Mia mamma e pochi altri. Io sono un uomo di fede. Quando ho bussato alle porte di diverse persone per chiedere aiuto in pochi me l’hanno dato. Altri hanno alimentato quel fastidioso “chiacchiericcio”, come diceva Papa Francesco.

E da uomo di fede come come sta vivendo questa prova che ha incontrato sul suo cammino?
Non mi sono mai chiesto: “Perché proprio a me?”, però ho trovato anche in quel caso un mondo a due marce fatto di uomini meravigliosi che mi hanno supportato, e altri che mi hanno abbandonato e persino criticato. La solitudine di chi soffre di fibromialgia è certamente personale, ma anche indotta dalla cosiddetta società civile a cui non interessa nulla degli oltre 2 milioni di Italiani colpiti da questa malattia. Lo Stato dov’è? Se ne frega. I palazzi – tutti, che siano di destra o sinistra – sono lontani dai fatti reali della gente.

Riesce a trovare un senso a tutto questo dolore?
Devo dire un grazie immenso a due uomini speciali: Monsignor Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, e Don Aniello Manganiello, il prete di Scampia. Non mi hanno mai lasciato la mano. Grazie alla fede e alla psicoterapia sto riuscendo a trovare una nuova via al dolore.

Oggi come sta?
La psicoterapia accompagnata ai farmaci mi sta permettendo piano piano di camminare. Il punto è che per curarsi c’è bisogno di una disponibilità economica importante, perché la fibromialgia non è una malattia riconosciuta dai LEA e il discorso della rimborsabilità è a macchia di leopardo. La Regione Sardegna, ad esempio, dà un contributo ai malati, ma come si fa a vivere? I farmaci e gli integratori costano tantissimo. Io mi sono potuto permettere le cure grazie alla pensione di mia mamma e ad alcuni amici che mi hanno aiutato, ma sa che umiliazione è per me, a 50 anni, vivere con la pensione di mia madre? Sono tornato a vivere con lei in Puglia.

Per i farmaci non si paga solo il ticket?
Assolutamente no. Alcuni farmaci che mi sono stati prescritti li pago per intero. L’altro giorno ho speso 400 euro in farmacia e questo mese ho dovuto rateizzare le bollette di casa. È orribile. La mia fortuna è stata trovare dei grandi uomini che mi hanno preso in cura con amore.

Dove si sta curando?
Al Gemelli di Roma, e questi medici sono meravigliosi. Mi vengono incontro in tutti i modi possibili. Sono i miei eroi e non mi lasciano un secondo. La sanità italiana è fatta da uomini incredibili che ci mettono il cuore, seppur la politica li mortifichi ogni giorno.

Quanto è importante allora che ci sia una giornata mondiale dedicata alla fibromialgia?
È importante nella misura in cui c’è interesse, ma la verità è che siamo diventati egoisti. Ognuno guarda se stesso, è il dramma della nostra società, e quindi posso dire che questa malattia è invisibile. In Italia se n’è parlato quando Lady Gaga qualche anno fa decise di sospendere il tour perché soffriva di fibromialgia. Tutti in quel momento sembravano interessati alla malattia, ma poi…

Vede uno spiraglio di luce nel suo futuro?
A poco a poco sto rinascendo. Con tante ferite, ma finalmente riesco a guardarle. Ho ritrovato la forza di pregare, sto ricucendo il rapporto con me stesso, perché il mio corpo mi faceva schifo, la mia intimità non mi piaceva.

Non ci si riconosceva più.
Non mi riconoscevo più nella bellezza. Non avevo voglia di uscire di casa, non avevo la forza di mettermi in macchina, avevo paura della gente, poi venivamo dal periodo del Covid. È stato tutto un insieme, mi sono sentito tradito nei sentimenti da tantissime persone. Altre, pochissime, che invece sono rimaste, mi hanno dato amore dimostrando di avere fiducia in me.

Anche volti noti?
Una persona che mi è stata tanto vicino e di cui sento la mancanza è Fabrizio Frizzi.

Che cosa ricorda di lui?
È stato l’uomo che ha accolto il mio dolore in tutti i sensi, siamo stati molto amici, io l’ho accompagnato nella sua malattia e lui mi ha sempre accompagnato nella mia sofferenza. Al mondo ci sono persone meravigliose. Poche e che non fanno rumore.

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