La Fed non tradisce, Powell tira il freno a mano sui tassi

  • Postato il 19 settembre 2024
  • Economia
  • Di Formiche
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La Federal Reserve, dopo aver pompato il costo del denaro negli Stati Uniti al 5,50%, ha dato inizio alla svolta, con taglio secco di 50 punti base. Una manovra forte, quasi d’urto, ma che i mercati si aspettavano e che rimette le due principali banche centrali mondiali, la Bce e la Fed, sulla stessa scia (qui l’intervista all’economista Marcello Messori). E così, alla fine, dopo tanta attesa, il Fomc, il braccio operativo della Fed, ha azionato il freno d’emergenza.

Gli auspici del mercato e degli investitori erano comunque tutti in quella direzione. Poche ore prima che il Fomc si riunisse, secondo il Financial Times, il 64% degli operatori finanziari già si attendeva una sforbiciata al costo del denaro dello 0,50%. E pensare che questa ipotesi era quasi svanita la settimana scorsa e poi aveva riguadagnato terreno. Fino a tre giorni fa erano addirittura maggioritarie le attese di un taglio da 25 punti base. Evidentemente per Jerome Powell deve essersi convinto che i tempi sono maturi.

Le aspettative di mercato di lungo periodo sono infatti concordi nel ritorno all’obiettivo del 2% dell’inflazione, dopo una lunga fase in cui hanno ondeggiato a un livello un po’ più alto: il timore della banca centrale era quello di aspettative ancorate a livelli più elevati dell’obiettivo, con il rischio molto concreto di una ripartenza dell’inflazione. Le misure di mercato risentono però di fattori diversi, compreso il premio al rischio e il premio di liquidità, mentre le misure basate su sondaggi, e relative a un orizzonte temporale più vicino, continuano a indicare prezzi surriscaldati.

Insomma, la banca centrale americana esce dal suo ciclo di inasprimento, con il favoloso atterraggio morbido teorizzato dallo stesso Powell che è arrivato. Eppure non sono in pochi negli Usa che profetizzano ancora la prudenza. Cautela legata al fatto che l’incremento dei salari orari è in realtà ancora rapido negli Usa: +3,8% ad agosto, sia pure al termine di un lento e prolungato rallentamento delle retribuzioni. Se un aumento superiore all’obiettivo, dopo la lunga fiammata dei prezzi, è benvenuto, tutto ciò rischia di mettere in discussione (salari più alti, più domanda, prezzi più su) in futuro la politica monetaria della Fed. Ancora una volta.

Autore
Formiche

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