La famiglia del bosco: pionieri in Svezia, sospetti in Abruzzo

  • Postato il 18 dicembre 2025
  • Attualità
  • Di Paese Italia Press
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18 dic. 2025 – In Svezia, a Stoccolma, Marie e Charles Granmar-Sacilotto vivono in un Naturhus, una casa interamente avvolta in una serra di vetro che ha fatto il giro del mondo come simbolo di sostenibilità. Duecento metri quadrati di pannelli, riciclo delle acque reflue, compostaggio naturale, piante che crescono anche d’inverno e un investimento da ottantamila euro accolto dalla stampa internazionale come un capolavoro di autonomia. Una famiglia che ha semplicemente scelto di vivere in modo più essenziale, più naturale, più indipendente, e per questo celebrata come anticipatrice di un futuro green.
Sempre in Svezia, le guide turistiche invitano apertamente a provare esperienze off-grid: capanne senza elettricità né acqua corrente, riscaldate a legna, alimentate da pannelli solari o microimpianti idroelettrici, con acqua raccolta dai laghi o dalla pioggia filtrata sul posto. Vivere senza utenze viene descritto come una liberazione, un ritorno agli elementi fondamentali della vita, un gesto di equilibrio e rispetto per la natura. Le case progettate da Naturvillan, come il modello Atri, vengono raccontate come miracoli di ingegneria ecologica: serre abitabili, autosufficienti, in cui la natura si fonde con l’architettura. Le immagini scorrono tra sorrisi nordici, legna che arde, bambini che corrono nel bosco, giardini interni rigogliosi anche a febbraio.
Fin qui tutto bello, moderno, innovativo, applaudito.
Adesso spostiamo la scena di qualche migliaio di chilometri, e soprattutto di qualche mentalità. Torniamo in Italia, Abruzzo, provincia. Qui una famiglia — Catherine Birmingham e Nathan Trevallion — vive in un casolare isolato, si scalda al fuoco, raccoglie acqua di fonte, dorme vicino ai propri figli come si è fatto per generazioni e fa homeschooling previsto e regolamentato dalla legge italiana. I bambini sono sani, nutriti, visitati, sereni. Hanno superato gli esami scolastici previsti, hanno rapporti sociali con altri coetanei della zona, non risultano denutriti né trascurati da alcun punto di vista clinico. Eppure proprio qui scatta l’allarme, si muove il tribunale, intervengono tutori e curatori che stabiliscono, dopo pochi giorni di osservazione in una struttura, che “le criticità non appaiono superate”.
La domanda è semplice e terribile: quali criticità. Dormire insieme. Scaldarsi a legna. Lavarsi in una vasca. Mangiare sano. Non possedere abbonamenti a piattaforme digitali. Vivere in modo diverso dal modello standardizzato del cittadino occidentale. In sostanza, lo stesso stile di vita che in Svezia viene esaltato come anticipazione del futuro, in Italia diventa motivo di sospetto, di intervento, di separazione forzata fra genitori e figli.
È un ribaltamento culturale impressionante. Nel Nord Europa gli stessi comportamenti sono il segno di una scelta consapevole; da noi vengono letti come segnali di arretratezza. I Granmar-Sacilotto sono considerati pionieri perché vivono in una serra con pannelli solari. Un cittadino italiano che vive con la propria famiglia in un casolare di campagna viene facilmente etichettato come marginale. La casa off-grid svedese è un modello espositivo per fiere dell’ecologia. La casa off-grid italiana diventa un caso di cui si occupano cronache e tribunali.
Eppure la nostra Costituzione è chiara. L’articolo 30 garantisce ai genitori il diritto e il dovere di educare i figli. L’articolo 33 assicura libertà educativa. L’obbligo, in Italia, non è scolastico ma di istruzione, verificato da esami annuali presso istituti pubblici. Tutto ciò che Birmingham e Trevallion hanno fatto rientra nel perimetro della legge. Ciò che non rientra nel perimetro culturale è la loro scelta di vivere fuori dalla norma non scritta che impone una vita urbana, connessa, standardizzata, identica per tutti.
Il punto allora non è la tutela dei minori. È la tutela dell’idea dominante di normalità. Una normalità che tollera tutto, purché non ci si allontani dal modello del consumo permanente. Quando un ricco vive off-grid diventa un visionario spirituale. Quando lo fa una famiglia comune viene percepita come sospetta. Quando lo fanno gli svedesi diventa avanguardia green. Quando lo fanno gli italiani diventa emergenza sociale.
Il vero scandalo, in tutta questa vicenda, non è la famiglia nel bosco. È la reazione di uno Stato che riesce a fidarsi più di un modello imposto dal mercato che della libertà, persino quando la libertà è esercitata nel pieno rispetto della legge.
E allora, se qualcuno si chiede perché un Naturhus a Stoccolma sia un simbolo di progresso mentre un casolare abruzzese venga trattato come un’anomalia, la risposta è amara e semplice. Non viviamo in un Paese che protegge i bambini. Viviamo in un Paese che protegge il conformismo.
E se davvero Heidi fosse nata in Abruzzo, il nonno sarebbe stato sottoposto a valutazione psichiatrica preventiva, la bambina affidata a una casa famiglia, e il cane Nebbia registrato come pericolo potenziale.
Perché qui, più che tra boschi e pascoli, si cresce solo in un recinto: quello delle idee altrui.

@ Riproduzioneriservata

Massimo Reina


 

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