La fabbrica e i ciliegi
- Postato il 1 ottobre 2025
- Di Il Foglio
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La fabbrica e i ciliegi
Per chi non ha mai letto Tommaso Giagni questa splendida copertina (uno dei primi casi apprezzabili di cover fatta con l’AI) dovrebbe fare il suo lavoro, attraendo il potenziale lettore con quell’irreale fumo rosa-pesca che esce dalle ciminiere oversize in mezzo a una valle vergine. Per chi invece ha già letto Tommaso Giagni sa che dentro La fabbrica e i ciliegi troverà una scrittura lucidissima, precisissima, dove non c’è spazio per approssimazione e trascuratezza, oltre che una storia che non sfugge dal contemporaneo. La storia è quella di Cesare, pigro ricercatore di storia antica che vive a Roma e che perde l’anziana madre. Il padre l’ha già perso, appena prima di nascere, ucciso a 29 anni da una “leucemia fulminante”. O almeno così Cesare ha pensato per tutta la vita, così gli è stato raccontato. Ma dopo la morte della madre, Cesare comincia a vedere degli indizi che puntano verso un’altra direzione. Lui, che è “un animale d’archivi e da biblioteche”, inizia a investigare sulla fabbrica dove lavorava il padre, la Sloi di Trento, e scopre che in realtà questa fabbrica “l’ha ammalato”. La Sloi di Trento, voluta da Mussolini, è una fabbrica che produceva “una miscela a base di piombo tetraetile (PT), che aumentava la resistenza alla detonazione della benzina”, e che poi è stata chiusa, di colpo. E così, dal Celio, Cesare va a Trento, ignorando il libro su cui dovrebbe lavorare, alla ricerca di qualche forma di risposta. Ma questo è solo l’inizio. Le vite di altri personaggi si intrecceranno con quella di Cesare, e con la storia della Sloi, tra suore, funghi, tiro a segno e incontri segreti di boxe turca, mostrando gli effetti delle scelte radicali e delle nostre indolenze sulle vite altrui.
Il tema della “fabbrica dei veleni”, dell’impunibilità dei responsabili, è ciò su cui si stanno concentrando gli articoli che si vedono in giro sul nuovo romanzo di Giagni. Ma non possiamo parlare solo dell’argomento archeologico-politico, che fa luce sui crimini e su storie che non avremmo dovuto dimenticare – anche perché le rovine della Sloi, con le sue scorie, sono ancora lì. A prescindere dal tema, qui Giagni come nelle opere precedenti mostra la sua capacità, senza fronzoli, di descrivere con grande lucidità piccole scene quotidiane, piccoli confronti umani, piccoli momenti di normalissima provincialissima Italia, quadri di ordinaria e a volte squallida realtà dove non mancano le aspettative dei padri sui figli, le complesse relazioni tra fratelli, le storie d’amore di provincia, i triangoli amorosi, il capitalismo, il conflitto con le proprie radici, i sensi di colpa, lo scontrarsi con la propria mediocrità, e piccolissimi dettagli flaubertiani che costruiscono subito un ambiente, come l’odore troppo forte di una maglietta “perché Paolo si regola male con l’ammorbidente”.
Tommaso Giagni
La fabbrica e i ciliegi
Ponte alle Grazie, 224 pp., 16,50 euro
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