La DIGOS indaga 39 persone dopo le proteste contro i cantieri del Centro di Educazione Sportiva e Ambientale al Meisino
- Postato il 11 marzo 2025
- Cittadini
- Di Quotidiano Piemontese
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Il comunicato del Comitato Salviamo il Meisino
Non è colpa loro se non raggiungono una cifra tonda: è la Procura che le ha selezionate nel mucchio molto più numeroso dei cittadini che dai primi giorni dello scorso settembre sono stati presenti al Meisino a monitorare i lavori. Non perché i trentanove abbiano agito diversamente dagli altri, ma probabilmente perché si è ritenuto più urgente ammonirli, alla vigilia della distruzione del boschetto nell’area destinata alla passerella ciclopedonale.
I trentanove sono uomini e donne tra i 23 e i 79 anni, che studiano, lavorano, sono al momento senza impiego oppure già in pensione, che vengono colpiti per non essere stati indifferenti di fronte alla devastazione di uno dei parchi di maggior valore naturalistico della città e aver tentato di proteggere questo patrimonio pubblico. Alcuni di loro hanno pure fatto ricorso contro il summenzionato progetto al Tribunale ordinario, altri partecipano a più vertenze cittadine.
Dovendo affibbiare alla loro condotta un articolo del Codice Penale, paradossalmente è stato scelto il 610, violenza privata, quando sono loro e il resto della cittadinanza a essere vittime di violenza pubblica continuata: in questo progetto si è opportunamente schivata ogni fase di partecipazione, il suo iter è disseminato di irregolarità, l’esecuzione non rispetta le norme di sicurezza e devasta irrimediabilmente la riserva naturale protetta del Meisino, un bene comune. Per di più questa violenza si perpetra sprecando fondi pubblici del PNRR da restituire con interessi, cui si aggiungono i costi delle Forze dell’Ordine schierate a fare da guardie giurate dei cantieri. Un copione ormai adottato sistematicamente nelle città e nei territori trasformati in laboratori di repressione del dissenso, che ora colpisce chi difende gli alberi e i parchi in città.
“Purtroppo” il DDL 1660 non è ancora stato approvato, quindi le misure che il PM potrà invocare contro i trentanove, per la loro presenza dissenziente nel parco, sono limitate. Se affrontiamo la questione con un po’ d’ironia, è perché presenta aspetti davvero surreali: a sedici di queste persone il monito era già arrivato sotto forma di sanzione amministrativa, ma ciò non essendo bastato a spegnere le loro pacifiche e legittime espressioni di dissenso, si è passati al deterrente penale, proprio alla vigilia della distruzione del boschetto presso la tettoia del Meisino: non 6 alberi come asserito dai legali del Comune nella loro memoria, né 20 gaggie come affermato dall’Assessore al Verde Pubblico Tresso, ma una cinquantina tra salici, pioppi, carpini, aceri e robinie, scomparsi in poche ore.
Il nostro Assessore all’Urbanistica Mazzoleni importato da Milano (laggiù soprannominato il re Sole), con il suo poker di indagini, si dice tranquillo: a maggior ragione sono tranquilli, perché a posto con la coscienza, i trentanove cittadini indagati, che non costruiscono grattacieli nei cortili ma al contrario mettono in campo le loro energie, risorse e competenze contro le speculazioni e mercificazioni del verde pubblico. Ci preoccupa però molto che il livello della repressione del conflitto sociale, sul piano cittadino e nazionale, con il citato DDL 1660 (ora 1236) di cui incombe l’approvazione, continui a innalzarsi irrazionalmente e senza sosta. Con indagini come questa, promossa a tutela degli interessi privati in un parco pubblico, la decadenza di Torino da capitale della Resistenza a capitale del controllo e del bavaglio scende un altro gradino e le crepe sulla facciata della democrazia si approfondiscono ulteriormente.
Inoltre, posto che l’ambientalismo non è un reato, rivendichiamo di essere cittadini e cittadine. Auspichiamo quindi di non leggere “trentanove ambientalisti indagati”, onde rafforzare l’equazione ambientalismo = crimine e lasciare via libera a ogni forma di devastazione della Natura, guerra compresa. E anche in questo senso, il progetto del Meisino si conferma innanzitutto Centro di Diseducazione Ambientale. Non a caso tale esasperazione repressiva punta anche su una componente specifica di chi si mobilita, gli studenti e le studentesse, per intimidirli e limitare l’espressione del loro dissenso, mettendo a rischio la loro possibilità di proseguire gli studi e frequentare l’Università.
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