La diga del Camastra a secco asseta 29 comuni della Basilicata. La siccità ma non solo: “Ecco tutti i problemi dell’invaso”
- Postato il 18 novembre 2024
- Ambiente & Veleni
- Di Il Fatto Quotidiano
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Per 29 comuni della Basilicata, tra le province di Potenza e Matera, la crisi idrica continua ad essere una realtà. Anche se l’estate è finita da mesi. Circa 140mila persone da mesi sono alle prese con la estrema scarsità d’acqua. Alla quale la diga del Camastra – che costituisce dal 1970 la principale fonte idrica della zona e che da gennaio 2024 è gestita da Acque del Sud spa, la neonata società controllata dal ministero dell’Economia – non può rispondere avendo raggiunto livelli critici. E secondo le previsioni dei tecnici della Regione non sia in grado di soddisfare le richieste oltre il prossimo 22 novembre. Colpa della siccità, certo, ma non solo a giudicare dalla storia dell’invaso.
“Stiamo vivendo un’emergenza senza precedenti “, ha detto il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, che è anche commissario per l’emergenza dello schema idrico Basento-Camastra. Mentre per il presidente dell’Anci Basilicata, Gerardo Larocca, è “uno scenario terribile che si avvicina al Covid”. Così la Giunta regionale agli inizi di settembre ha deliberato lo stato d’emergenza e ha istituito l’Unità di crisi regionale. Il 21 ottobre il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per una durata di sei mesi e ha stanziato 2,5 milioni di euro dal Fondo per le emergenze nazionali per l’attuazione dei primi interventi.
Tra le motivazioni dello stato emergenziale elencate nella delibera si cita innanzitutto il “lungo periodo di siccità, causato sia dalla eccezionale scarsità di precipitazioni pluviometriche della stagione autunnale del 2023 e delle stagioni invernali e primaverili dell’anno 2024, sia dalle temperature rilevate più alte della media”. Circostanza “che ha determinato, tra l’altro, una rilevante riduzione dei deflussi idrici superficiali, nonché la mancata ricarica delle falde e, conseguentemente, una esigua disponibilità di acqua negli invasi”. Insomma una serie di concause che pochi giorni prima ha spinto il tavolo tecnico convocato dalla Regione a sospendere l’erogazione a partire dal 17 ottobre, tra le 18.30 e le 6.30, tutti i giorni. Con l’eccezione del sabato quando lo stop comincia alle 23.
Un’emergenza, indiscutibilmente. “Dovuta sì al cambiamento climatico in atto ma anche a una cattiva gestione della risorsa acqua che perdura da anni, anni in cui si sono susseguiti errori e inadempienze, e di cui la governance lucana tutta, di oggi e di ieri, è responsabile”, sostiene il segretario generale della Cgil Potenza, Vincenzo Esposito. Un problema che riguarda la diga del Camastra, evidentemente.
Agli inizi di novembre in una nota congiunta associazioni, alcuni partiti politici e sigle sindacali hanno sottolineato come “i mancati interventi protratti per decenni hanno causato un enorme accumulo di fanghi sul fondo; di conseguenza la capienza della diga si è ridotta così tanto che, sebbene essa possa nominalmente contenere 32 milioni di metri cubi d’acqua, all’inizio del 2024, prima che iniziasse la precipitosa riduzione del volume invasato, ne conteneva soltanto 9 milioni”.
In precedenza, alla metà di ottobre, il deputato M5s Arnaldo Lomuti che insieme al collega di Alleanza Verdi sinistra Francesco Borrelli ha presentato un’interrogazione al ministro delle infrastrutture Matteo Salvini, sostenendo che “il primo marzo 2024, l’invaso Camastra conteneva 9 milioni di metri cubi di acqua, mentre, l’11 marzo i metri cubi erano 8,5 milioni”. Chiarendo che “oggi nell’invaso ce ne sono circa 1,8 milioni. In pratica è quasi vuoto. L’anno precedente intorno al 18 ottobre 2023 nell’invaso c’erano 7,2 milioni di metri cubi di acqua. Anche in altri invasi c’è stato un forte calo ma non così anomalo”.
Una situazione alla quale avrebbe contribuito secondo Lomuti e Borrelli, Acque del Sud spa, la società che ha preso in gestione gli invasi di competenza fino a qualche mese fa dell’Ente irrigazione Puglia Lucania e Irpinia, “senza adeguata trasparenza e partecipazione”. Ma le criticità sono anche altre. Come quella relativa a una perdita in una condotta a Brindisi di Montagna, nel Potentino. Condotta che porta acqua al potabilizzatore di Masseria Romaniello, nel capoluogo.
Una perdita sulla quale si è deciso di non intervenire dal momento che “significherebbe perdere circa cinquemila metri cubi di acqua”, oltre al fatto che “l’operazione richiederebbe non meno di due giorni, durante i quali l’erogazione idrica dovrà essere interrotta”. Un caso non isolato, sfortunatamente. La Basilicata è la Regione che perde più acqua nelle proprie reti idriche, con il 65,5% e Potenza è in cima alla classifica dei capoluoghi di provincia con il 71%, come risulta da un Report pubblicato dall’Istat a marzo 2024 ma relativo a dati del 2022.
All’emergenza il commissario e presidente Bardi ha proposto di trovare soluzione con un prelievo di acqua dal fiume Basento, attraverso la realizzazione di una canalizzazione e ulteriori interventi infrastrutturali che sono in corso. Un ulteriore problema è legato alla reale potabilità delle acque del fiume, a causa dei valori dei tensioattivi e dei fosfati ma l’Arpab ha assicurato che attraverso i potabilizzatori non esiste alcun rischio per i cittadini. Alimentare la diga, prima che si esaurisca non risolverà i problemi della Basilicata, evidentemente. Ma almeno impedirà alle 140mila persone coinvolte di aggravare ulteriormente i loro disagi.
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