La deprimente generazione Z, compulsivamente ricurva sullo smartphone
- Postato il 15 maggio 2024
- Di Il Foglio
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La deprimente generazione Z, compulsivamente ricurva sullo smartphone
Dell’infanzia e dell’adolescenza, periodi della vita importantissimi nella formazione degli esseri umani, stiamo delegando la gestione ai telefonini, ai tablet, agli smartphone e altri aggeggi elettronici. E questo senza neppure pensarci, solo per la nostra comodità di genitori che vogliono sentirsi sempre meno impegnati dai bambini e dagli adolescenti. Ma così i bambini non giocano più negli spazi fisici reali. La loro crescita e le loro esperienze dirette e indipendenti si impoveriscono, si atrofizzano. In altri paesi gli psicologi, ogni tanto, danno l’allarme sulla pericolosità di questi processi in corso e in espansione. Ma in Italia mi sembra che gli psicologi siano molto reticenti e silenziosi. Per non so quale vigliaccheria non dicono niente, sorvolano. Non mettono in guardia gli adulti, i genitori e i nonni, hanno paura di giudicarli e disapprovarli. Cred ono ancora che Internet sia sempre e comunque libertà, emancipazione, progresso e nient’altro.
La cosa più scandalosa e desolante è d’altra parte che ci sia bisogno del parere “scientifico” degli studiosi di cervello e psiche per capire l’esistenza di rischi che sono evidenti solo con un po’ di buon senso e immaginazione. Quando bambini e adolescenti passano una tale quantità di tempo con un dispositivo telematico in mano e ne sono evidentemente ipnotizzati, è chiaro che ci troviamo di fronte a un fenomeno senza precedenti nella storia del genere umano. Qualcosa che provocherà inevitabilmente trasformazioni se non mutazioni profonde e permanenti, sia prevedibili che imprevedibili.
Merito della rivista Internazionale è aver pubblicato nel numero 1561 del 3/9 maggio un ampio, esauriente testo dello psicologo sociale americano Jonathan Haidt, tratto dal mensile Atlantic, che a sua volta è una sintesi del suo libro “The Anxious Generation” (2024). Internazionale gli ha dedicato giustamente la copertina con questo titolo: “Un’infanzia al telefono”, con una pioggia di foto che mostrano bambini e adolescenti da soli o in coppia sprofondati voluttuosamente dentro i loro magici apparecchi.
Ci siamo comportati tutti da ipocriti o da imbecilli; ma era chiaro fin dall’inizio che l’uso degli smartphone sarebbe diventato immancabilmente un abuso e che avrebbe creato assuefazioni difficili da estirpare. Internet è la prima e più potente droga culturale. Se ci entri, se ci abiti, non ne esci più. Perché? Ma perché è una copia, un sostituto, un surrogato completo dell’intera realtà, e fa credere di averla tutta comodamente, velocemente a disposizione. L’assuefazione è dovuta non solo a ovvi motivi psiconeurologici, ma anche a soverchianti ragioni sociali. Si deve stare gran parte del proprio tempo con lo smartphone in mano perché tutti lo fanno, e se io non lo faccio mi sento “tagliato fuori”, escluso dalla cosiddetta socialità dei social media, che socialità non è.
L’assuefazione, come è noto, è una brutta bestia. Persone molto intelligenti e molto presenti sui social confessano che se smettessero di comparire online si sentirebbero inesistenti, irreali.
Molte considerazioni fatte da Haidt sono immaginabili (lo credo e lo spero) da qualunque persona dotata di senso comune e immaginazione. Ma i dati statistici sono impressionanti e non bisogna smettere di divulgarli. Negli Stati Uniti, come risulta da molti studi, dal 2010 al 2019 fra gli adolescenti il tasso di depressione e ansia è aumentato del 50 per cento. Tra gli adolescenti dai 10 ai 19 anni la quantità dei suicidi è cresciuta del 48 per cento. E nelle ragazze tra i 10 e i 14 anni tale crescita è arrivata al 131 per cento. Dati analoghi riguardano anche altri paesi: Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda, molti paesi nordici e non solo. La cosiddetta generazione Z dei nati dopo il 1996 ha problemi di ansia, depressione, autolesionismo e disturbi connessi in misura maggiore che in altre generazioni: “La solitudine e la mancanza di amicizie fra gli adolescenti statunitensi hanno cominciato ad aumentare intorno al 2012”. Sono peggiorati salute mentale e risultati scolastici. E così pure la capacità di lettura e di calcolo. La lettura di libri, poi, è dovunque in netto declino da tempo. Va aggiunto che i danni provocati dall’abuso di accesso a Internet e social sono danni che perdurano oltre l’adolescenza. Gli adulti giovani si frequentano meno, hanno meno rapporti sessuali e sono meno interessati ad avere figli. Inoltre i datori di lavoro affermano che trattare con loro è più difficile. Esiste ovviamente una minoranza che non ha problemi di salute mentale. Ma il fatto inequivocabile è che i guai sono aumentati con gli anni in cui gli adolescenti dei paesi ricchi hanno sostituito i telefoni cellulari con gli smartphone. Da allora la maggior parte della loro vita sociale si è trasferita online, su piattaforme progettate per creare viralità e dipendenza. Tutto il tempo della vita e delle esperienze ne ha risentito, dai rapporti di amicizia all’identità, dall’esercizio fisico al sesso, dalle relazioni famigliari all’interesse per i problemi sociali e politici. L’infanzia è cambiata radicalmente perché il suo centro, le attività di gioco, si sono riversate nell’attenzione esclusiva dedicata a uno schermo. I precedenti telefoni cellulari senza connessione a Internet non avevano provocato danni simili. L’esercizio dell’attenzione volontaria, che fonda e sviluppa le funzioni mentali, si è indebolito e frammentato. Non dipende più dalla volontà, facoltà essenziale, ma dall’ubbidienza agli automatismi di un dispositivo.
Chi obietta a Haidt che le sue prove scientifiche non sono ancora pienamente scientifiche, probabilmente lo fa perché sta per chiedere e ottenere personalmente altri fondi di ricerca, e per non allarmare i produttori di modelli telematici sempre più aggiornati. Di fatto gli obiettori si limitano a dire che certi danni hanno varie cause sociali, economiche e altro: come il razzismo, la violenza diffusa e l’uso di oppioidi. Ci sarà poi qualcuno che vorrà accusare più la società americana che gli smartphone. Io direi che una causa non ne esclude altre e che le “concause” sono sempre esistite.