La Corte penale ringrazia la Germania per l’arresto di Al Buti. Su Almasri l’Italia le aveva chiesto riserbo
- Postato il 18 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Stavolta la Corte penale internazionale (Cpi) ha deciso di non mantenere il riserbo sull’arresto. E forse nessuno gliel’ha chiesto, com’era invece accaduto a gennaio dopo il fermo del generale Almasri, subito rimpatriato con volo di Stato italiano e accolto da amici festanti (foto). No, stavolta la Corte ha prontamente ringraziato le autorità tedesche per “la loro forte e costante cooperazione”, “che ha portato” il 16 luglio all’arresto del socio di Almasri, il libico Khaled Mohamed Ali El Hishri, anche noto come “Al Buti”, in seguito ad un mandato emesso con sigillo dalla Camera preliminare I della Cpi il 10 luglio 2025. Al comunicato della Corte si è aggiunto anche quello dell’Ufficio del Procuratore (OTP) della Cpi, che “accoglie con favore l’arresto del sospettato” e “attende con interesse il trasferimento di El Hishri alla CPI a tempo debito”. La procura “sostiene che il sig. El Hishri, alto funzionario del gruppo armato Special Deterrence Forces, noto come SDF / RADA, sia penalmente responsabile di numerosi crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi in Libia, all’interno o nelle vicinanze della prigione di Mitiga, dal febbraio 2015 circa fino almeno all’inizio del 2020. Durante quel periodo, il sig. El Hishri era uno dei più alti funzionari della prigione di Mitiga, dove migliaia di persone sono state detenute per lunghi periodi”. Come per Almasri, arrestato in Italia e subito rimpatriato dal governo Meloni nonostante il mandato dell’Aja, si ipotizzano “crimini quali omicidio, tortura, stupro e violenza sessuale”.
Il sospettato “rimarrà in custodia delle autorità tedesche in attesa del completamento del procedimento nazionale, come previsto dall’articolo 59 dello Statuto di Roma”, precisa la procura. “Questo è un momento importante. Ora possiamo guardare ai primi procedimenti giudiziari nella situazione in Libia dinanzi alla Corte. L’accusa è pronta per il processo di El Hishri presso la CPI”. Soddisfazione che arriva dopo il disappunto per il rimpatrio di Almasri, sottratto alla Corte per decisione del governo italiano, tanto che la procura della Cpi ha chiesto il deferimento dell’Italia all’Assemblea degli Stati o al Consiglio di sicurezza Onu, accusando il governo Meloni di aver presentato “ricostruzioni insostenibili”. A differenza di quanto sta accadendo ora con le autorità tedesche, che a giorni potrebbero consegnare Al Buti all’Aja, dopo il fermo di Almasri il 19 gennaio scorso la Corte non commentò, mantenendo il riserbo sull’arresto “su richiesta e nel pieno rispetto delle autorità italiane“. Uno dei tanti punti che il governo Meloni non ha ancora chiarito e che adesso sembra fare il paio con le più recenti rivelazioni sulle precauzioni di Giusi Bartolozzi, capa di gabinetto del ministro della Giustizia Carlo Nordio, al corrente dell’arresto fin dalle prime ore, come lei stessa confermava via mail all’allora capo del Dipartimento degli Affari di Giustizia (DAG), Luigi Birritteri, al quale raccomandava “massimo riserbo e cautela” e l’utilizzo di Signal, una chat criptata, evitando i protocolli ufficiali per “non lasciare alcuna traccia”.
La Cpi sembra aver imparato la lezione, superando ogni riserbo non appena le autorità tedesche hanno reso pubblico l’arresto. Chi invece proprio non collabora è la Libia. Ai primi di maggio, dopo l’assassinio del capo della milizia RADA Abdel Ghani al-Kikli, detto “Gheniwa”, il Governo di unità nazionale (GUN) di Tripoli aveva bandito il gruppo armato e accettato la giurisdizione della Cpi per i presunti crimini commessi nel suo territorio fino al 2027. Ai primi di luglio arriva addirittura un ordine di comparizione della procura generale libica per Almasri, con capi d’accusa ipotizzati sulla base del mandato d’arresto emesso dalla Cpi, quello che il governo italiano aveva considerato “radicalmente nullo”. Insomma, sembravano pronti a consegnare Almasri alla Cpi, come annunciato dal premier Abdul Hamid Dbeibah, il capo del GUN riconosciuto dall’Onu. Ed ecco, a stretto giro, la capriola. Con lo stesso governo che annuncia il proprio rifiuto a consegnarlo, affermando che la corte non ha fornito alla parte libica “prove a sostegno dei presunti fatti”. Non solo: in accordo col procuratore generale libico, il ministero della Giustizia ha comunicato di aver revocato la restrizione procedurale nei confronti di Almasri, alto funzionario dell’Autorità di Polizia Giudiziaria affiliata al ministero. Infine, per fugare ogni dubbio, il ministero ha precisato che “la Libia non ha né firmato né ratificato lo Statuto di Roma (il trattato che istituisce la CPI). Pertanto, nessun cittadino libico sarà consegnato al di fuori della giurisdizione del territorio libico e la magistratura nazionale è pienamente competente a esaminare tali casi”. Se Al Buti finirà alla sbarra, però, tutti gli sforzi per “mantenere il riserbo” potrebbero presto rivelarsi vani.
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