La Confessione di Peter Gomez: la finta sfuriata di Berlusconi ad Antonio Padellaro, Italo Bocchino “receptionist” della vicina di casa trans – Anticipazioni ultima puntata

  • Postato il 9 novembre 2024
  • Televisione
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un momento di inaspettata “nostalgia canaglia” per Antonio Padellaro, una vicina di casa fonte di grandi equivoci per Italo Bocchino e gli aneddoti di Beppe Vessicchio sui più grandi artisti della musica italiana: così Peter Gomez si congeda (per ora) dal pubblico di Rai 3 per la quarta e ultima puntata di stagione de La Confessione, in onda stasera alle 20.15.

50 ANNI DI STORIA ITALIANA VISTI DA ANTONIO PADELLARO – Non tutti hanno avuto il privilegio di raccontare gli eventi più importanti degli ultimi 50 anni di storia italiana. Antonio Padellaro sì. Cronista delle principali testate, dall’Ansa al Corriere della Sera, dall’Espresso all’L’Unità, fino a Il Fatto Quotidiano, giornale che fonda nel 2009 e sul quale ancora scrive. Il 2 novembre 1975 è tra i primi a recarsi al lido di Ostia, sul luogo dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini (“Oriana Fallaci mi disse: ‘a uccidere Pasolini sono stati i fascisti’, anche se le agenzie parlavano di assassinio a sfondo sessuale, lei aveva intuito la trama oscura di quel delitto”).

Durante i 55 giorni del rapimento di Aldo Moro farà parte del gruppo di giornalisti che seguiranno gli eventi dalla sede Dc di piazza del Gesù a Roma, avendo modo di vedere la trasformazione del segretario da “eroe omerico” tutto d’un pezzo, a semplice uomo, spogliato della sua veste politica, un padre, un marito, che desiderava solo tornare a casa, anche a costo di scendere a patti con i brigatisti. Padellaro racconterà poi a Gomez aneddoti sul presidente Pertini – “che raccontava qualche bugia, anche se era molto amato perché schietto e diretto, e per la sua storia personale ovviamente, di eroe della Resistenza – sui giorni bui della pubblicazione dei nomi contenuti negli elenchi della Loggia P2: “Ne faceva parte il mio stesso direttore al Corsera, ma mi disse di pubblicare tutto”.

Il giornalista è testimone anche della caduta dei protagonisti della Prima Repubblica, tra cui Bettino Craxi, che il 30 aprile 1993, quando viene negata l’autorizzazione a procedere contro di lui, lascia l’hotel Raphael di Roma sotto un impietoso lancio di monetine e oggetti, tra le urla inferocite della gente che grida: “Bettino, vuoi anche queste?”. Una pagina che Padellaro definisce “orrenda e oscena”.

Infine largo spazio al rapporto tra il giornalista e Silvio Berlusconi: “Un giorno avevamo fatto uno dei nostri sobri titoli su Il Fatto Quotidiano, ‘Berlusconi il “delinquente”’. Io ero in macchina e in vivavoce sento un Berlusconi molto arrabbiato che dice: ‘Questa volta avete superato ogni limite, non ve lo consento’. Accosto, comincio a balbettare qualche scusa e lui mi dice: ‘Avete scritto che ho i capelli finti, la invito a venire a Palazzo Grazioli e constatare con le sue mani se i miei capelli sono finti”. Conclude Padellaro: “Era un modo per dire: ‘Io dei vostri titoli me ne frego’”.

ITALO BOCCHINO TRA DONNE E POTERE – Italo Bocchino viene invece invitato a ripercorrere la storica rottura tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini all’assemblea del PdL, il 22 aprile 2010: “Una pagina veramente triste del centrodestra italiano”, ammette. E se parlando di Sabina Began – l’“ape regina” delle cosiddette “cene eleganti” – rifiuta l’etichetta di “ingenuo”, che sarebbe caduto nel “trappolone” (“Saremo usciti 5 volte insieme. Lei ha detto che si è divertita molto col trappolone e io mi son divertito molto in quelle 5 volte”), a proposito della liaison con Mara Carfagna respinge le illazioni secondo cui il matrimonio con la prima moglie, Gabriella Bontempo, sarebbe finito proprio per la relazione con l’ex ministro delle Pari opportunità.

Esilarante, invece, l’aneddoto risalente ai primi anni ’90, quando Bocchino, appena arrivato a Roma per lavorare al Secolo d’Italia, condivide con Pietrangelo Buttafuoco un monolocale seminterrato in Viale Vaticano. Vicina di casa è una trans di nome Ruby – un nome profetico – di cui i due diventano loro malgrado “receptionist”: “Allora la pubblicità per la prostituzione si facevano su Il Messagero e sul Tempo. Quindi c’era un bell’annuncio: AAA trans meravigliosa riceve a Viale Vaticano 44, interno sei, mettiamo. Il cliente arrivava, lasciava Il Messaggero in macchina, e non si ricordava l’interno. E allora diceva: ‘Che interno è?’ E nella plafoniera del citofono trovava ‘Bocchino’. Così diceva: ‘Va beh, ma è questo. È chiaro che è questo il segnale!’”, conclude il direttore editoriale del Secolo d’Italia con una risata.

BEPPE VESSICCHIO, LA COLONNA DEL FESTIVAL DI SANREMO – Di tutt’altro tenore l’intervista a Beppe Vessicchio, dall’infanzia nel quartiere industriale di Bagnoli “tra scarti di amianto e acciaio” che con ogni probabilità hanno causato la morte, per tumore, dei genitori, agli esordi – come attore e musicista – con il gruppo comico I Trettré. Ben presto il Maestro inizia a lavorare nella discografia italiana facendo la conoscenza dei più grandi artisti nostrani. Su tutti Gino Paoli (“Beveva mezza bottiglia di whisky a sera, e dico mezza per non creare problemi”) e Ornella Vanoni (“Mi tirò una scarpa, non se lo ricorda, però è accaduto”). Una vita dedicata alla musica, Vessicchio lamenta una mancanza di formazione in tal senso nella scuola italiana, e l’incontro con Peter Gomez diventa anche l’occasione per lanciare un appello alle istituzioni.

Inevitabile, poi, affrontare il tema Sanremo. Sulla kermesse più famosa d’Italia, Vessicchio non ha dubbi: “Appartiene a Baudo. Gli altri l’hanno ereditato da lui, ma lui lo ha veramente forgiato”. Il Maestro conferma le voci secondo cui Pippo avesse una cura maniacale per i dettagli: “Una mattina, entrando all’Ariston, lui si è guardato intorno e ha visto una fioriera che, secondo lui, non stava al posto giusto: questo lo si fa a casa propria. Ecco, questa è una cosa che non ho visto fare a nessuno”, chiosa.

La Confessione è un programma realizzato da Loft Produzioni ideato da Luca Sommi e Peter Gomez, scritto da Cecilia Pandolfi, Giovanni Robertini e Alberto Piccinini e la collaborazione di Elena Rosselli, con la regia di Matteo Forzano, fotografia di Mauro Ricci, scenografia di Giorgia Ricci.

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