La CIA: «Nucleare iraniano distrutto». Teheran teme per Khamenei
- Postato il 26 giugno 2025
- Di Panorama
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Il direttore della CIA John Ratcliffe ha diffuso una dichiarazione riguardo ai recenti attacchi contro le infrastrutture nucleari iraniane. «La CIA è in grado di confermare, grazie a dati d’intelligence affidabili, che il programma nucleare dell’Iran ha subito gravi danni a seguito dei recenti raid mirati», ha affermato Ratcliffe. «In particolare, nuove informazioni provenienti da fonti storicamente attendibili indicano che diversi impianti nucleari strategici sono stati distrutti e dovranno essere completamente ricostruiti nei prossimi anni».
Ratcliffe ha aggiunto che l’agenzia sta continuando a raccogliere elementi da fonti verificate per garantire ai decisori politici e agli organi di controllo una piena consapevolezza della situazione. «Quando sarà possibile, condivideremo aggiornamenti anche con l’opinione pubblica statunitense, data la rilevanza nazionale della questione e il nostro impegno per la trasparenza», ha precisato. Sempre mercoledì mattina, la direttrice dell’intelligence nazionale, Tulsi Gabbard, ha dichiarato che per l’Iran saranno necessari «anni» per ricostruire gli impianti distrutti dai bombardieri strategici B2 americani nel fine settimana. «I nuovi dati confermano quanto già affermato dal Presidente degli Stati Uniti: gli impianti nucleari iraniani sono stati completamente annientati. Se Teheran volesse ripristinarli, dovrebbe ricostruire da zero tre siti fondamentali: Natanz, Fordow ed Esfahan. Si tratta di un processo che potrebbe richiedere anni», ha scritto Gabbard su X. Gabbard ha inoltre rivolto dure critiche ad alcuni media statunitensi, accusandoli di aver ridimensionato il successo dell’operazione. Ha definito i resoconti pubblicati da testate come CNN e New York Times come tentativi deliberati di sminuire la portata dell’offensiva condotta congiuntamente da Stati Uniti e Israele contro le installazioni nucleari iraniane. Il presidente ha anche rilanciato una dichiarazione del Segretario alla Difesa Pete Hegseth, che ha affermato: «Sulla base di tutto ciò che abbiamo potuto esaminare – e io ho visto ogni dettaglio – la nostra campagna aerea ha eliminato la capacità dell’Iran di sviluppare armi atomiche». Hegseth ha aggiunto: «Le nostre bombe a penetrazione profonda hanno colpito con precisione assoluta i bersagli previsti. Gli effetti di quei colpi sono sepolti sotto tonnellate di macerie in territorio iraniano. Chi sostiene il contrario vuole solo minare la credibilità del presidente e offuscare il successo di un’operazione storica».
Il Mossad non ha dubbi e ringrazia la CIA
Il direttore del Mossad, David Barnea, ha rivolto un messaggio al personale dell’intelligence israeliana al termine dell’operazione «Rising Lion», lodando l’impegno dimostrato nel corso delle attività.«Voglio esprimere la mia sincera riconoscenza per il lavoro svolto, non solo dall’inizio dell’operazione ma anche nei mesi e negli anni che l’hanno preceduta», ha dichiarato Barnea. «Avete adempiuto a ogni incarico con precisione, portandoci preparati al momento decisivo: l’avvio dell’operazione. Siamo consapevoli del peso storico di questi eventi, che stiamo realizzando per garantire la sicurezza dello Stato di Israele. Sono certo che resteranno impressi nella memoria di tutti noi».Il capo del Mossad ha poi evidenziato il ruolo svolto dall’agenzia nel supportare l’Aeronautica Militare israeliana nel neutralizzare il programma nucleare iraniano, affermando che sono stati raggiunti traguardi un tempo considerati irraggiungibili. «Abbiamo contribuito a smantellare la minaccia nucleare e a stabilire la supremazia aerea su Teheran, limitando il pericolo rappresentato dai suoi missili. Grazie allo sforzo congiunto dell’intero sistema di difesa, Israele oggi è più sicuro, più forte e meglio preparato ad affrontare le sfide che verranno», ha proseguito. Barnea ha inoltre ringraziato la CIA per la collaborazione che ha reso possibile il successo dell’operazione.«Continueremo a tenere sotto stretta sorveglianza ogni progetto noto del regime iraniano, con la stessa determinazione dimostrata finora», ha concluso.
L’assenza della Guida Suprema scatena timori in Iran
L’ayatollah Ali Khamenei non appare in pubblico né si hanno sue notizie da circa una settimana. Questo vuoto ha generato preoccupazione e tensione, sia tra gli osservatori politici che tra la popolazione. Come scrive il New York Times ( NYT) secondo le autorità, Khamenei si sarebbe rifugiato in un bunker, evitando ogni comunicazione elettronica per scongiurare eventuali attentati alla sua persona. Da allora, non ha rilasciato dichiarazioni né fatto pervenire messaggi registrati.Il suo silenzio sta destabilizzando tanto gli ambienti istituzionali quanto l’opinione pubblica. Mohsen Khalifeh, direttore del quotidiano immobiliare Khaneman, ha affermato in un’intervista che l’assenza di Khamenei, protrattasi per giorni, «ha profondamente inquietato chiunque lo rispetti e lo segua con affetto». Khalifeh ha ammesso che uno scenario in cui la Guida Suprema fosse deceduta, impensabile fino a poco tempo fa, oggi non può essere escluso: in tal caso, ha aggiunto, il suo funerale rappresenterebbe «il più glorioso e memorabile della storia». In quanto massima autorità religiosa e politica dell’Iran, Khamenei ha l’ultima parola su tutte le decisioni cruciali dello Stato. In qualità di comandante in capo delle forze armate, il suo avallo è necessario per operazioni militari come l’attacco alla base statunitense o la ratifica del cessate il fuoco con Israele.L’intesa per la tregua, sollecitata dal presidente Trump e agevolata dall’intermediazione dell’emiro del Qatar, pare essere stata conclusa in tempi rapidi. Tuttavia, diversi vertici militari e funzionari governativi hanno evitato di confermare se abbiano avuto contatti diretti con Khamenei nei giorni scorsi.
Il vuoto comunicativo ha alimentato congetture su larga scala: quanto ha influito Khamenei nelle scelte più recenti? È ancora in grado di dirigere il Paese quotidianamente? È stato ferito, è malato, o addirittura è deceduto? Intanto, il governo iraniano cerca di capitalizzare il sentimento patriottico suscitato dai devastanti raid aerei israeliani, che secondo fonti ufficiali avrebbero causato la morte di oltre 600 persone in Iran. Martedì scorso, l’Orchestra Sinfonica Nazionale ha tenuto un concerto all’aperto in piazza Azadi, uno dei luoghi simbolici della capitale. All’evento è seguito uno spettacolo di luci con immagini dei soccorritori proiettate sull’iconica torre della piazza.
Ma dietro le quinte come ricorda il NYT, altre forze politiche tentano di accrescere la propria influenza. Una fazione conservatrice rivale, guidata dal politico intransigente Saeed Jalili, ha criticato aspramente il presidente e il ministro degli Esteri, mettendo in discussione la legittimità di un cessate il fuoco considerato «improvviso» e osteggiando qualsiasi ripresa del dialogo nucleare con Washington.All’interno di questa corrente figurano esponenti della linea dura, che detengono la maggioranza parlamentare, e alcuni comandanti delle Guardie Rivoluzionarie. Foad Izadi, analista politico vicino a Jalili e agli ambienti militari, ha scritto sui social che le parole del presidente Pezeshkian in favore dei negoziati dimostrano che «il capo dello Stato non possiede le competenze politiche per guidare il Paese». A questa accusa ha replicato Ali Ahmadnia, responsabile della comunicazione del presidente, che in un post ha condannato l’atteggiamento dei conservatori: «Abbiamo combattuto Israele giorno e notte per dodici giorni, e ora dobbiamo fronteggiare anche voi? State completando il disegno del nemico con le vostre penne». Resta irrisolta anche la questione degli impianti nucleari danneggiati. Il ministro degli Esteri Abbas Araghchi e il capo dell’Organizzazione per l’energia atomica Mohammad Eslami hanno assicurato, in dichiarazioni alla stampa nazionale, che l’Iran provvederà alla ricostruzione delle infrastrutture e continuerà l’arricchimento dell’uranio.Sanam Vakil, direttrice per il Medio Oriente e il Nord Africa presso il think tank britannico Chatham House, ha sottolineato come l’assenza di Khamenei sia indicativa di un comportamento «estremamente prudente e votato alla sicurezza» da parte dei vertici iraniani. «Se Khamenei non si farà vedere in occasione dell’Ashura», ha aggiunto Vakil, riferendosi all’importante ricorrenza sciita di inizio luglio, «sarà un pessimo segnale. Deve rendersi visibile».