La chicca del giorno, “La startup che sosteneva di avere un’IA avanzata ma in realtà utilizzava 700 tecnici indiani”

  • Postato il 10 giugno 2025
  • Cronaca
  • Di Blitz
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Con il boom dell’intelligenza artificiale, che va di pari passo anche con l’abuso e lo sfruttamento del termine IA utilizzato per gonfiare all’inverosimile ogni qualsivoglia iniziativa tech, nascono realtà, ovvero nuove e sfavillanti startup, che promettono decisivi passi in avanti proclamando solennemente di rivoluzionare l’intero settore. Nel sempre più acceso dibattito che vede coinvolta l’IA, e la crescente inquietudine che questa possa rimpiazzare l’uomo in diverse attività lavorative, il recente caso della startup londinese Builder.ai ha creato un paradosso inedito nell’intera questione, accompagnato naturalmente da tutta una serie di nuove preoccupazioni (e nuovi accorgimenti) riguardo al rischio di cadere vittima di inganni ben orchestrati.

“Il lavoro umano spacciato per IA”

Builder.ai, una startup valutata 1,5 miliardi di dollari e sostenuta anche da grosse aziende come Microsoft, Amazon e SoftBank, ha dichiarato bancarotta dopo che è venuta a galla la verità riguardo al suo presunto sistema IA. La startup, che operava a Londra, Singapore, Usa, India ed Emirati Arabi, pubblicizzava la propria piattaforma IA, ovvero “Natasha”, promuovendola come un’intelligenza artificiale in grado di progettare e sviluppare app autonomamente. In realtà, dietro a tutto questo fumo, non esisteva alcuna tecnologia avanzata ma solo il lavoro manuale, quindi non automatizzato, di un enorme team composto da 700 ingegneri indiani, naturalmente tutti umani. In definitiva, nelle retrovie di quello che veniva spacciato come un algoritmo innovativo e di ultima generazione c’era in realtà il lavoro dei tecnici che, da Nuova Delhi, rispondevano manualmente alle richieste dei singoli utenti.

Intelligenza artificiale
La chicca del giorno, “La startup che sosteneva di avere un’IA avanzata ma in realtà utilizzava 700 tecnici indiani” (Fonte Ansa) – Blitz Quotidiano

Lo scandalo, che ha inevitabilmente condotto la startup verso il fallimento e la bancarotta, è stato portato alla luce da una recente indagine di Bloomberg, che ha svelato i dettagli di questo inquietante sistema messo in campo per oltre otto anni. Builder.ai, infatti, è nata nel 2016 e buona parte del suo successo è da attribuire al lavoro del proprio leader, il carismatico Dev Duggal. Avvalendosi del presunto lavoro dell’IA, Duggal prometteva al mondo e agli utenti un sistema di sviluppo software facile e accessibile a chiunque.

Quella che si è presentata come “la startup dei miracoli” ha perfino attirato l’attenzione di due giganti come Amazon e Microsoft, che hanno evidentemente creduto nel progetto così come alle promesse dell’affabulatore Duggal, già accusato lo scorso anno di aver pesantemente gonfiato i ricavi della sua startup. Ora, dopo aver annunciato il fallimento, a questo fumoso e ingannevole progetto rimangono solo i debiti da pagare, ovvero 85 milioni di dollari con Amazon e 30 milioni con Microsoft.

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Autore
Blitz

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