La battaglia per rinascere contro spopolamento (e Autonomia)

  • Postato il 18 novembre 2024
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Il Quotidiano del Sud
La battaglia per rinascere contro spopolamento (e Autonomia)

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Restanza: la battaglia per rinascere contro spopolamento (e Autonomia). Il Mezzogiorno ha perso 1,6 milioni di giovani rispetto a 25 anni fa (rapporto Svimez 2023). A quelli che sono andati all’estero si aggiungono le migrazioni interne, 808 mila under 35. Tra questi, 263 mila hanno un diploma di laurea


Se è vero che “in amor vince chi fugge”, ci sono migliaia di giovani e non giovani meridionali che per amore della propria terra hanno scelto di restare. C’è poi chi ama la propria terra ma questa non sembra amare lui o lei, ovvero chi è stato costretto a restare pur avendo provato a cercare migliori opportunità altrove, in Italia o all’estero. Secondo uno studio di Confcommercio, dal 1995 l’Italia ha perso 1,4 milioni di giovani fuggiti all’estero soprattutto dalle regioni del Mezzogiorno. Il Sud in particolare si è spopolato, con 1,6 milioni di giovani in meno rispetto a 25 anni fa (rapporto Svimez 2023), dove a quelli andati all’estero si aggiungono le migrazioni interne, 808 mila delle quali under 35 e tra questi 263 mila laureati.

Il motivo per cui si tenta di andare via è quasi banale: il Prodotto Interno Lordo del Mezzogiorno d’Italia nel 2022 ammontava a circa 430 miliardi di euro rispetto ai 1.946 miliardi di euro del Pil nazionale dello stesso anno, che per abitante pro capite fa una media di 40 mila euro al Nord e 22 mila euro al Sud. La metà quasi esatta. Il che porta a chiederci quale sia invece la molla che spinge a restare.

LE BATTAGLIE CONTRO LO SPOPOLAMENTO (E L’AUTONOMIA)

Come quel gruppo di trentenni di Castiglione d’Otranto (Lecce), che ha deciso di non emigrare, legando la propria vita al lavoro agricolo e puntando sulla condivisione. Hanno trasformato il loro paese nel luogo della “restanza”, coltivando semi antichi, curando la biodiversità e sviluppando un’economia su piccola scala. La loro esperienza è adesso raccontata nel film “La Restanza” di Alessandra Coppola.

O come M.A., 25 anni, laureata in Scienze Pedagogiche, che in un’intervista a un giornale locale ha parlato del suo attaccamento a Corigliano-Rossano, nel cosentino, spiegando come ogni volta che un giovane del suo paese si prepara a partire, nella comunità si apre una ferita. Chi rimane, osserva, assiste impotente a un esodo silenzioso ma devastante: quello dei ragazzi che cercano altrove le opportunità che sembrano mancare nel loro territorio. Per questo lei ha deciso di restare.
Irene e Tommaso, una coppia conosciuta durante un convegno sull’autonomia differenziata, mi raccontano che tutti i loro genitori e i nonni e una schiera infinita di zii e cugini, proviene da un piccolo paese del Molise, Colletorto, al confine con la Puglia. Dopo essere emigrati chi nel Nord d’Italia e chi in Svizzera negli anni ’70 per trovare lavoro, della loro famiglia e con il loro cognome non esiste più nessuno in quel paese. Il che fa un certo effetto, pensando alle decine di migliaia di famiglie rurali in Italia che hanno subito la stessa depredazione socio-culturale dalle loro radici.

Il “Manifesto del diritto a restare”

Il Centro Studi Giuseppe Gatì, che attraverso studi e report mira a sensibilizzare e sollecitare interventi per creare opportunità che incentivino i giovani a rimanere in Sicilia, ha organizzato la scorsa estate un Festival dal titolo significativo: “Questa è la mia terra e io la difendo”. Coinvolgendo 250 persone e circa 40 associazioni, con oltre mille questionari diffusi tra gli studenti delle scuole siciliane sui motivi per restare, il Centro ha stilato un vero e proprio “Manifesto per il diritto di restare”. Il 79% degli intervistati vede la Sicilia come una regione con meno possibilità di studio e lavoro rispetto al resto d’Italia, con un divario di genere enorme.
Oltre l’81% delle donne intervistate percepisce una carenza di opportunità rispetto ad altre aree, una percentuale che supera di 6 punti quella degli uomini. Il 26% degli intervistati vorrebbe trasferirsi in un’altra città siciliana, mentre solo l’8% preferirebbe rimanere dove si trova. Al contrario, il 32% non ha ancora deciso. Il 34% degli studenti, invece, è determinato ad andarsene: il 10% vorrebbe andare all’estero, mentre il 24% sceglie un’altra regione d’Italia.

LE MOTIVAZIONI DELL’EMIGRAZIONE

La caratteristica interessante delle risposte di ragazze e ragazzi riguarda le motivazioni. “Perché devo andare via dal Sud, quando la povertà l’hanno portata altri, la mafia e il malaffare?”, si chiedono molti degli intervistati. Nonostante la ricerca riguardi il territorio della Sicilia, l’analisi del Centro può essere estesa a tutto il Sud d’Italia, quando afferma la nascita del “diritto a restare” per i meridionali.
L’antropologo calabrese Vito Teti infatti definisce la “restanza” come “il sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente”. Identifica in tre fattori chiave lo spopolamento della Calabria e del meridione e il contrasto a questa tendenza: mancanza di opportunità; percezione culturale che fuggire è meglio; la responsabilizzazione verso la propria comunità e il proprio territorio. Il terzo punto è fondamentale, perché registra, come abbiamo visto, il crescente radicamento di gruppi sociali che intendono partecipare attivamente alla vita locale non come semplici fruitori di servizi, ma come parte attiva nella ricostruzione della comunità.

GLI EFFETTI DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA: SI TEME LO SPOPOLAMENTO E L’IMPOVERIMENTO

Naturalmente la politica soffia sul fuoco di questa voglia di riscatto. Il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervenendo a fine marzo 2023 al Senato, dopo la tragedia di Cutro, dichiarò che “prima di ogni ipotetico diritto a emigrare, ogni essere umano ha il diritto a non essere costretto a migrare in cerca di una vita migliore”. In pratica, concependo il diritto a restare come contrapposto alla libertà di migrare, avendo come obiettivo quello di bloccare i flussi migratori. E, per restare alla stretta attualità politica, non va meglio con la legge sull’Autonomia differenziata, con i suoi sette articoli appena bocciati dalla Corte Costituzionale dopo i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania.

Le regioni del Sud Italia temono che l’autonomia differenziata possa tradursi in una riduzione delle risorse destinate alle aree più deboli del Paese, con le regioni più ricche che grazie alla loro maggiore autonomia potranno trattenere una parte più consistente delle risorse fiscali, lasciando le regioni più povere con meno fondi per finanziare i servizi essenziali, come la sanità e l’istruzione. Le regioni più povere si troverebbero così a dover gestire risorse limitate, con conseguenti tagli ai servizi e peggioramento delle condizioni di vita per i cittadini. Un circolo vizioso che rischia di alimentare ulteriormente lo spopolamento e la desertificazione sociale ed economica del Meridione. Anche a questo si oppone la “restanza”. Perché se è vero, come dice il proverbio, che “partire è un po’ morire, allora è vero, per proprietà logica, anche il suo contrario: “restare è un po’ vivere”.

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