L’1% si è preso tutto. Gli esperti indipendenti del G20 guidati da Stiglitz: “È tempo di riconoscere l’emergenza disuguaglianza”

  • Postato il 4 novembre 2025
  • Economia
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 2 Visualizzazioni

“Il mondo ha capito che ci troviamo di fronte a un’emergenza climatica. Ora deve riconoscere di vivere anche un’emergenza di disuguaglianza“. È la conclusione del primo rapporto ad hoc commissionato dalla presidenza sudafricana del G20 a un gruppo di esperti presieduto dal premio Nobel Joseph Stiglitz e composto dall’economista Jayati Ghosh, che come Stiglitz siede nella Commissione indipendente per la riforma del sistema di tassazione riforma della tassazione internazionale delle imprese (Icrict), dalla direttrice esecutiva di Unaids Winnie Byanyima e da Adriana Abdenur, Imraan Valodia e Wanga Zembe-Mkabile. Dopo mesi di consultazioni, il comitato istituito a fine 2024 consegna al forum dei Paesi più industrializzati la descrizione di un’emergenza sistemica. Che andrebbe affrontata con azioni concrete, a partire dalla creazione di un organismo permanente di monitoraggio e indirizzo in grado di misurare i divari, valutarne le cause e orientare le politiche.

All’1% il 41% della nuova ricchezza prodotta

Tra il 2000 e il 2024, scrivono gli autori citando dati del World Inequality Lab, l’1% più ricco della popolazione mondiale ha catturato il 41% della nuova ricchezza prodotta, mentre al 50% più povero è andato appena l’1%. In pratica un individuo che sta in cima alla piramide ha visto crescere il proprio patrimonio di 1,3 milioni di dollari, contro i 585 dollari guadagnati in media da chi si colloca nella metà inferiore della distribuzione. Oggi 3.000 miliardari detengono un patrimonio pari al 16% del Pil mondiale. Il primo trilionario, cioè una persona con ricchezza persona oltre i mille miliardi di dollari, è previsto entro il 2035. Intanto 2,3 miliardi di persone, una su quattro, vivono in condizioni di insicurezza alimentare e 335 milioni in più rispetto al 2019 sono costretti a saltare i pasti. Da cosa è dipesa l’inversione di tendenza dopo i progressi degli anni Duemila? Una “tempesta perfetta” di crisi – pandemia, guerre, inflazione, debiti e dazi – che hanno “aumentato la povertà e amplificato la frattura tra ricchi e poveri”.

Capitale favorito rispetto al lavoro

Problemi contingenti che si sono sommati alle cause strutturali del fenomeno, a partire dalla crescente sproporzione tra redditi da capitale e redditi da lavoro. Tra il 1990 e il 2024, la quota del reddito nazionale che finisce al capitale – sotto forma di profitti, rendite e interessi – è aumentata in oltre la metà dei Paesi, che rappresentano il 74% della popolazione mondiale. All’interno dei redditi da capitale, la concentrazione è ulteriormente cresciuta: le grandi imprese e gli individui più ricchi catturano quote sempre più ampie dei profitti globali. I dati raccolti su oltre 70mila aziende in 134 Paesi mostrano che i margini medi di profitto sono passati da un livello del 15% sopra i costi nel 1980 al 60% nel 2016, trainati da un numero ristretto di imprese dominanti. Le multinazionali, da sole, oggi concentrano il 18% dei profitti mondiali, contro il 4% di mezzo secolo fa. E secondo le stime dell’economista Branko Milanović citate nel rapporto, l’85% della popolazione globale non riceve alcun reddito da capitale: il controllo della ricchezza produttiva e finanziaria è nelle mani del restante 15%.
Il risultato è che l’83% dei Paesi del mondo – che rappresentano il 90% della popolazione – oggi ha un livello di disuguaglianza dei redditi alto, con un coefficiente di Gini superiore a 0,4. E se è vero che la disuguaglianza tra individui a livello globale negli ultimi decenni è diminuita grazie al forte sviluppo della Cina. Ma la distanza tra i redditi del Nord e del Sud globale resta enorme.

Il legame tra disuguaglianza e declino democratico

Dati che hanno un legame diretto, spiegano gli esperti guidati da Stiglitz, con la crisi delle istituzioni: i Paesi più diseguali hanno sette volte più probabilità di subire un declino democratico. “La concentrazione estrema della ricchezza si traduce in concentrazione del potere politico“, è la diagnosi. Le disuguaglianze economiche infatti tendono a riprodursi attraverso disuguaglianze politiche, perché i più ricchi e le grandi corporation riescono a influenzare a proprio vantaggio leggi, regolamentazioni e politiche fiscali e monetarie. Il circolo vizioso è alimentato dal fatto che la proprietà dei media digitali e tradizionali è divenuta “sempre più concentrata, consentendo a un numero ristretto di attori di esercitare un’influenza sproporzionata sul discorso pubblico e sui processi politici”. Il risultato è che la diseguaglianza mina la coesione, riduce la fiducia, erode “le basi stesse della democrazia”. Insomma: “È una crisi sistemica”.

Un International Panel on Inequality per raccogliere dati e valutare le risposte

Per questo il Comitato ritiene indispensabile la creazione di un International panel on inequality modellato sull’Intergovernmental panel on climate change. Un organismo tecnico permanente incaricato di monitorare le tendenze, analizzare le cause e valutare le politiche più efficaci per ridurre la disuguaglianza a livello globale. Sarebbe sostenuto da governi “volenterosi” e da agenzie multilaterali, con una rete di esperti indipendenti distribuiti per aree geografiche. È questa la prima raccomandazione che gli esperti consegnano al G20. Ma il quinto capitolo del report ne contiene molte altre. È un vero e proprio manifesto politico che mette in fila tutte le riforme strutturali necessarie per riequilibrare il potere economico.

Le altre proposte: riforma del fisco e del Wto

Al primo posto c’è una riscrittura delle regole fiscali internazionali con al centro un registro globale della ricchezza, una minimum tax realmente efficace e una tassazione unitaria dei profitti delle multinazionali per impedire il trasferimento dei guadagni verso i paradisi fiscali. Altra priorità è la riforma della governance finanziaria mondiale: Fmi e Banca Mondiale dovrebbero diventare più rappresentativi e autorizzati a emettere regolarmente Diritti speciali di prelievo in base ai bisogni dei Paesi e non al peso economico. Il rapporto chiede inoltre una moratoria sui debiti insostenibili dei Paesi più poveri, una revisione delle regole sulla proprietà intellettuale (soprattutto per vaccini e tecnologie verdi), nuove norme antimonopolistiche per limitare la concentrazione di potere nel tech e nel digitale e un radicale ripensamento dei meccanismi del commercio internazionale. Perché, spiegano gli autori, gli attuali regimi commerciali e d’investimento tendono a rafforzare la concentrazione aziendale e ampliare i divari tra Paesi e all’interno dei Paesi. Per invertire la rotta, propongono di riformare l’Organizzazione mondiale del commercio in modo che gli accordi non promuovano solo la liberalizzazione dei mercati ma anche obiettivi sociali, ambientali e redistributivi, eliminare le clausole che consentono alle multinazionali di citare in giudizio i governi per misure di interesse pubblico e introdurre meccanismi di responsabilità vincolante lungo le catene globali del valore. A livello nazionale, il rapporto invita i governi ad adottare politiche fiscali e di spesa più progressive, rafforzare i sistemi di protezione sociale e investire in sanità, istruzione e abitazione e ad assicurare salari minimi che garantiscano un tenore di vita dignitoso, sostenuti da diritti del lavoro più forti e dalla contrattazione collettiva.

Un ordine globale per gli oligarchi o per tutti gli altri?

Per Mikhail Maslennikov, policy advisor sulla giustizia economica di Oxfam Italia, il rapporto “rappresenta una pietra miliare nel riconoscimento internazionale della crisi delle disuguaglianze che danneggiano le nostre economie, corrodono le nostre società e minacciano le nostre democrazie. Il ‘Panel Internazionale sulla Disuguaglianza’ prospettato nel rapporto è una proposta eccellente e attesa da tempo che, ci auguriamo, i governi del G20, tra cui quello italiano, vogliano sostenere”. Il contesto non è propizio: “I lavori del G20 si stanno svolgendo sullo sfondo di tensioni geopolitiche senza precedenti e con gli Stati Uniti che continuano ad alimentare le disuguaglianze sia in patria che nel resto del mondo attraverso sgravi fiscali per i più ricchi, tagli draconiani a programmi di welfare e dazi sconsiderati. È evidente che i governi si trovano a dover compiere una scelta di fondamentale importanza: tra un ordine internazionale concepito per servire le persone comuni di ogni Paese o uno controllato dagli oligarchi“.

L'articolo L’1% si è preso tutto. Gli esperti indipendenti del G20 guidati da Stiglitz: “È tempo di riconoscere l’emergenza disuguaglianza” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti