Kristian Ghedina lancia l'allarme dopo la morte di Franzoso: "Serve un cambio in nome della sicurezza"

  • Postato il 15 settembre 2025
  • Di Virgilio.it
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Ogni volta che se ne va qualcuno, immancabile ricomincia la litania legata alla sicurezza. Che nonostante gli sforzi profusi negli anni dalla FIS rimane un tallone d’Achille non di poco conto: i decessi per incidenti sulle piste da sci restano all’ordine del giorno, e lo sfortunato Matteo Franzoso è soltanto l’ultimo di una lunga scia che parte da lontano. E che ricorda a tutti quanto lo sci alpino resti uno sport pericoloso, dove al netto dei progressi fatti in materia di sicurezza è pressoché impossibile riuscire a raggiungere una bassa percentuale di rischio.

L’accusa di Ghedina: “Gli sci attuali vanno troppo veloci”

Kristian Ghedina in vita sua ne ha viste tante, vivendo in prima persona uno dei momenti più drammatici della storia del circo bianco, coinciso con quel maledetto 29 gennaio 1994 quando a Garmisch a perdere la vita fu la campionessa tedesca Ulrike Maier (cadendo a oltre 100 km/h andò a colpire una fotocellula: la rottura dell’osso del collo provocò il decesso all’istante).

Da anni l’ex discesista azzurro ha puntato forte sul tema della sicurezza, ritenendo fondamentale modificare l’approccio soprattutto a livello di materiali. “Ogni anno che passa le case che realizzano gli sci da gara si presentano con delle novità rilevanti, tali da aumentarne sensibilmente la velocità. Per chi, come me, ama il gusto della sfida e l’adrenalina della discesa non c’è di meglio che uno sci che corre più veloce, ma la verità è che siamo arrivati a un punto di non ritorno, e se non si ritorna indietro il rischio è di ritrovarsi a piangere ancora tanti altri atleti. Tutto questo perché gli sci di oggi, specie quelli da discesa, vanno troppo veloci, specialmente in curva”.

Possibili soluzioni? Vie di fuga maggiori e curve “meno” veloci

Ghedina sa perfettamente che raggiungere un livello di sicurezza pari al 100% è impossibile. “Impattare contro un muro o un albero può essere mortale già se si viaggia a 50 km/h, e in allenamento a volte si raggiungono i 120 km/h. Quello che si può fare è aumentare gli spazi di fuga, perché ciò contribuirebbe ad avere più possibilità di decelerare prima di andare a sbattere contro qualcosa (Franzoso ha colpito una staccionata dopo aver saltato di fatto due reti protettive).

Però bisogna tenere conto di un fattore: con i ghiacciai europei sempre meno adatti agli allenamenti estivi, trasferirsi in Sudamerica per la preparazione estiva è fondamentale, ma le piste lì non hanno gli stessi standard di sicurezza di quelle europee. L’altra cosa da fare è avere la possibilità di correre con degli sci un po’ più controllati, specialmente quando c’è da fare velocità in curva. Oggi un atleta che fa la forza sterzante e che è in grado di sopportare la forza centrifuga guadagna talmente tanta velocità che diventa una fionda, col rischio che poi se qualcosa va storto non c’è modo di controllare gli sci.

Se fossi ancora un atleta mai mi sognerei di chiedere di tornare a gareggiare con materiali “vecchi”, ma è chiaro che oggi i rischi sono maggiori rispetto ai miei tempi e non a caso la FIS sta parlando con le aziende per cercare quantomeno di ridurre la velocità in curva. Cosa che magari diminuirebbe i rischi, ma che aprirebbe comunque lo spazio ad altre riflessioni. Insomma, è un argomento complesso, ma qualcosa va fatto e possibilmente in fretta”.

Quanti morti prima di Franzoso nell’Italia dello sci alpino

Matteo Franzoso avrebbe compiuto 26 anni domani ed era desideroso di affrontare la sua quarta stagione in Coppa del Mondo, dove aveva debuttato il 17 dicembre 2021 sulla Saslong di Selva di Val Gardena, in supergigante. In carriera ha collezionato 17 gare di Coppa del Mondo (11 discese e 6 supergiganti), conquistando i suoi unici punti nel supergigante di Cortina d’Ampezzo del 28 gennaio 2023, quando giunse 28esimo (poche settimane dopo si sarebbe laureato campione italiano di Combinata). L’ultima gara disputata resterà quella di Kvitfjell dello scorso marzo, conclusa fuori dalla zona punti.

La sua morte lascia un vuoto enorme e segue di pochi mesi quella della giovane Matilde Lorenzi. Per l’Italia dello sci è un lutto pesante che rimanda con la memoria ad altre tragedie: quella di Giacinto Sartorelli del 1938 (morì a Garmisch: ai suoi funerali si presentò anche Umberto II di Savoia), oppure di Ilio Colli a Madesimo nel 1953, e ancora quella tremenda di Leonardo David, grande talento dello sci azzurro, che cadde in allenamento a Cortina nel febbraio del 1979 e poi di nuovo in gara poche settimane dopo a Lake Placid, svenendo tra le braccia di Piero Gros. Da allora, 6 anni di coma, prima del decesso avvenuto nel 1985.

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