Kiev mai nella Nato, a Mosca i territori contesi, caccia europei in Polonia: cosa prevede il “piano di pace” per l’Ucraina

  • Postato il 21 novembre 2025
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Agli americani Volodymyr Zelensky aveva chiesto una “pace dignitosa“. Il Segretario all’Esercito Daniel Driscoll gli ha consegnato un piano che fotografa una pace possibile ma tra la neutralità e la smilitarizzazione di Kiev, il riconoscimento delle conquiste territoriali, la fine delle sanzioni, il reintegro nel consesso politico internazionale e l’amnistia accordate a Mosca soddisfa molte delle richieste avanzate negli anni da Vladimir Putin. Il documento, che circola ancora in forma di bozza, delinea un accordo che ridisegnerebbe profondamente gli equilibri militari e politici dell’Europa orientale.

“La sovranità dell’Ucraina sarà confermata”, recita il primo dei 28 punti del piano, riguardo al quale l’Ue ha chiesto che Kiev sia coinvolta. Quello su cui poggia il programma elaborato da Usa e Russia per il raggiungimento del cessate il fuoco è il 21, riguarda i “territori” e prevede il riconoscimento de-facto della Crimea come territorio russo anche da parte degli Stati Uniti e la legittimazione dell’attuale controllo che Mosca esercita su ampie porzioni del Donbass, con la creazione di una “zona cuscinetto neutrale e demilitarizzata” nelle aree dell’oblast di Donetsk in cui ora sono presenti truppe ucraine, e il congelamento della linea di contatto tra i due eserciti nella parte occupata di Kherson e Zaporizhzhia. Una scelta che assegna alla Russia una vittoria politica e territoriale significativa e che per l’Ucraina rappresenta una perdita strategica e simbolica.

Il documento prevede inoltre che l’Ucraina rinunci formalmente ad aderire alla Nato, accettando uno status di neutralità che verrà sancito in Costituzione. L’Alleanza, da parte sua, non dislocherà e truppe sul territorio ucraino, dovrà inserire nel proprio statuto che Kiev non sarà ammessa in futuro e stanzierà i caccia europei a debita distanza, in Polonia.

Anche questa clausola coincide con una delle richieste più volte avanzate del Cremlino. Per l’Ucraina significherebbe abbandonare la strada dell’integrazione euro-atlantica, considerata dal 2014 una delle condizioni per garantirsi la sicurezza nel lungo periodo. Accanto alla neutralità verrebbero introdotti limiti stringenti alle capacità delle forze armate ucraine – che avrebbero non più di 600mila effettivi – e all’uso di sistemi d’arma a lungo raggio. Se per Mosca questo ridurrebbe il rischio di una futura minaccia ai propri confini, per Kiev si tradurrebbe in un indebolimento della deterrenza in previsione di possibili nuovi attacchi.

In cambio “l’Ucraina riceverà garanzie di sicurezza affidabili” modellate sull’articolo 5 del Patto atlantico, delineate nei loro contenuti principali in un’altra bozza di accordo consegnata ad Washington a Kiev. Nel testo, riferisce Axios, si stabilisce che qualsiasi futuro “attacco armato significativo, deliberato e sostenuto” della Russia contro l’Ucraina “sarà considerato un attacco che minaccia la pace e la sicurezza della comunità transatlantica” e che Usa e alleati risponderanno di conseguenza, incluso con la forza militare. Tali garanzie avrebbero una durata di 10 anni rinnovabile alla scadenza del periodo, ma la proposta dovrà essere discussa con i partner europei e potrebbe subire modifiche.

Il piano di Washington prevede, inoltre, un patto di non aggressione tra Russia, Ucraina ed Europa e sottolinea che “tutte le ambiguità degli ultimi 30 anni saranno considerate risolte”. Non solo, Mosca dovrà sancire per legge la sua politica di non aggressione nei confronti dell’Europa e dell’Ucraina. Si afferma anche che “ci si aspetta” che la Russia “non invaderà i paesi vicini” e che “la Nato non si espanderà ulteriormente”. A garanzia di tutto questo si terrà un dialogo tra Mosca e l’Alleanza Atlantica con la mediazione degli Stati Uniti.

Una parte centrale del piano riguarda poi le sanzioni. La proposta prevede un alleggerimento graduale delle misure economiche contro la Russia e un percorso che, se attuato, potrebbe portare Mosca a rientrare in alcuni forum internazionali: il punto 13 prevede che Mosca “sarà nuovamente invitata al G8“. Un beneficio enorme per il Cremlino dopo anni di isolamento, mentre per l’Ucraina rappresenterebbe la perdita di una delle principali forme di pressione diplomatica e finanziaria sull’aggressore.

Il testo contempla anche un’amnistia generale per tutte le parti coinvolte e l’abbandono, totale o parziale, delle richieste di danni di guerra. Un punto che eliminerebbe per la Russia il rischio di responsabilità giudiziarie e finanziarie, ma che per Kiev significherebbe rinunciare a ottenere giustizia e risorse considerate vitali per la futura ricostruzione.

Il piano prevede meccanismi di controllo e la possibilità di reintrodurre sanzioni in caso di violazioni, ma tutto dipenderebbe da come tali clausole verrebbero applicate nella pratica. Kyiv teme che la Russia possa accettare i benefici immediati, per poi aggirare progressivamente le restrizioni; Mosca, dal canto suo, teme di vedere le sanzioni sospese solo temporaneamente o condizionate a passaggi politici futuri. Entro 100 giorni dall’accordo, infine, l’Ucraina dovrà tenere nuove elezioni, una condizione che Zelensky aveva accettato a patto di un cessate il fuoco totale.

Nel complesso, la proposta assegna alla Russia vantaggi concreti e immediati: riconoscimento territoriale, neutralità ucraina, limitazioni militari e un percorso di reintegrazione economica. L’Ucraina riceverebbe in cambio garanzie internazionali e fondi per la ricostruzione, anche grazie agli asset russi congelati, insieme a un più stretto legame con l’Unione Europea, alla quale sarebbe libera di aderire. Ma a un prezzo molto alto: sovranità ridotta, perdita di territori e capacità difensive limitate. È un compromesso che a Kyiv molti definiscono “una pace ingiusta”, mentre a Mosca potrebbe essere interpretato come una vittoria politica costruita sul campo di battaglia e consolidata al tavolo negoziale.

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