Kiev, il discorso di Trump tra i soldati feriti: “Gli Usa non si sono sacrificati per noi. La guerra può continuare solo con garanzie reali”

  • Postato il 21 gennaio 2025
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L’assenza dell’Ucraina nel lungo discorso inaugurale di Trump non è sicuramente una svista, quanto invece potrebbe simbolizzare la volontà di distacco da questa. Gli ucraini si devono pertanto appigliare alle dichiarazioni del segretario di Stato Rubio e a quelle del comandante in capo delle forze armate ucraine. Oleksandr Syrs’kyj si è infatti espresso riguardo l’attuale situazione, rassicurando sulla difesa di Pokrovsk, “ci dicevano che sarebbe caduta a settembre e invece è ancora lì, i russi stanno sacrificando le loro migliori energie”. Il comandante ritiene inoltre che molti disertori avrebbero deciso di tornare ottenendo il perdono per la prima assenza. I numeri raccolti dalle associazioni pacifiste dei due Paesi in guerra parlano invece di un fenomeno in grande crescita che starebbe influenzando il fronte. Ha poi parlato del bisogno di una produzione interna di sistemi missilistici e poi ha elogiato l’operazione Kursk.

Sulla stessa linea si è espresso Zelensky a Davos, come prima affermazione del suo discorso al Foro Economico Mondiale ha parlato dell’entrata in guerra della Corea del Nord e dell’uccisione da parte delle truppe di Kiev di 4,000 suoi soldati in suolo russo. Secondo il presidente, la produzione di armi ucraina è cresciuta molto e anche l’Europa ha aumentato la propria grazie a questa guerra, “ma non abbastanza, l’Europa deve produrre più armi” ha poi commentato. Il segretario di stato Usa, invece, appena riconfermato, ha subito risposto alle domande della Cnn, dicendo che nel corso dell’anno si arriverà a un cessate il fuoco e che i due Paesi devono accettare di sacrificare qualcosa. Oltre al territorio e all’economia i due belligeranti hanno innanzitutto visto il sacrificio del proprio popolo, dei civili, molti dei quali con la guerra hanno perso tutto, e dei militari, in gran parte reclutati forzatamente.

A una domanda dei cronisti Trump ha fornito un numero riguardo i militari caduti al fronte. L’informazione, che per ora non è supportata da fonti pubbliche, parla complessivamente di 1,7 milioni di morti al fronte.

Siamo andati a visitare l’ospedale di Kiev dove molti feriti gravi sono attualmente sotto le cure, per provare a capire quale sia il loro punto di vista. Siamo scesi alla fermata metro Lukianivska, dove c’è ancora un’intensa attività di ricostruzione a seguito dell’attacco che l’ha colpita uccidendo quattro persone all’alba di sabato. Lì di fronte la fabbrica di missili Artem, già più volte bombardata da Mosca, e a fianco uno dei più grandi mercati di cibo della città. A poche centinaia di metri c’è la clinica. All’entrata i soldati fumano, chi in sedia a rotelle, chi con le stampelle, ma quasi tutti hanno perso un arto per via delle mine, “almeno a quelle si sopravvive, a differenza dei droni” ha detto uno di loro mentre, approfittando della nostra presenza, ognuno ha iniziato a raccontare la storia del proprio infortunio.

All’interno una folla di pazienti che si accalca per farsi un selfie con Slava Vakarchuk, deputato e frontman dei Okean El’zy, una delle band rock più famose del Paese, venuto in visita ai feriti. Tre ragazzi sono seduti in corridoio che guardano i social. Sono giovani e fisicamente prestanti e appartengono ai battaglioni meglio equipaggiati. Chiediamo loro se pensano si possa continuare a fare la guerra o se sia meglio arrivare al più presto a un accordo. Prima di rispondere i tre hanno parlato di Biden e del suo operato, mostrando una visione comune e molto critica. “Non abbastanza” hanno detto, “ci ha dato garanzie grazie e con quelle ci siamo messi in gioco, ma poi ci ha dato poche armi”.

Le informazioni circolano sui social, e gli ucraini sono tra i più capaci a districarsi, spesso al fronte si passano ore in attesa, e così i giovani hanno intavolato una discussione su quanto gli Usa abbiano arricchito le loro fabbriche di armi, che hanno raddoppiato i prezzi, dando in realtà all’Ucraina materiale non sufficiente, “spesso risalente alla guerra fredda”, ha detto uno di loro, “ma se parliamo di Pil, di certo gli Usa non sono quelli che più si sono sacrificati per noi, come per esempio la Svezia, la Norvegia o la Polonia”. Le critiche nei confronti degli Usa vengono da una loro esperienza diretta al fronte, e, come loro stessi ammettono, non possono sbilanciarsi da un punto di vista strategico, anche se hanno visto cadere fronti per via della disorganizzazione.

Uno dei punti che secondo loro sta influendo molto è l’arrivo di reclute sempre meno convinte, “dovrebbero provare a coinvolgerli di più, spiegare cosa stanno facendo e i risultati che si possono raggiungere, invece li spediscono in missioni di cui non sanno niente”, spiega uno dei tre, i quali si sono arruolati volontariamente. “La guerra può continuare ma solo con garanzie reali, che ci sia veramente la volontà di aiutare l’Ucraina” afferma uno di loro, venuto a combattere dall’estero, “ma a che prezzo?”, commenta il suo commilitone. Fuori un altro gruppo di soldati guarda il discorso di Trump da un cellulare. Sono più anziani dei tre appena lasciati e non sono volontari. Alla domanda se pensano sia meglio chiudere la guerra uno di loro fa una X con le braccia, nessuno ha da obiettare, in silenzio abbassano lo sguardo.

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Il Fatto Quotidiano

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