Jean Carroll accusò Trump di stupro: ora deve pagarle 83 milioni di dollari per averla diffamata
- Postato il 8 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Lei, la scrittrice E. Jean Carroll, già editorialista di Vogue, lo aveva accusato nel 2019 di averla molestata intorno al 1996 nel camerino di un grande magazzino di New York. Un’aggressione per la quale, in un altro processo, era stato dichiarato responsabile di abusi sessuali. Lui, Donald Trump, non solo aveva respinto le accuse, ma l’aveva anche diffamata, dichiarando che si era inventata tutto. Ma una Corte d’Appello federale dà ragione a Carroll e conferma all’unanimità il risarcimento di 83,3 milioni di dollari imposto al capo della Casa Bianca, a favore della scrittrice. “Sono io che dovrei denunciare lei”, aveva detto dopo l’udienza nel 2019 l’ex presidente della scrittrice e giornalista che lo ha accusato di violenza sessuale e diffamazione. “Non si ricorda neanche quando è avvenuto l’episodio. Si è inventata tutto dopo aver visto una puntata di Law and Order“, aveva continuato.
La Corte, che ha deciso all’unanimità, ha anche respinto la tesi di Trump secondo cui la decisione della Corte Suprema dello scorso anno, che garantiva l’immunità presidenziale per atti ufficiali, impediva di accertare le responsabilità nella causa intentata da Carroll. Gli avvocati del presidente avevano anche sostenuto che il giudice di primo grado aveva commesso un errore nel concedere a Carroll una sentenza prima del processo. La corte d’appello ha respinto anche queste argomentazioni. Una sentenza pesante che rievoca i fantasmi della condanna per abusi sessuali sulla scrittrice e giornalista, proprio nel giorno in cui Trump ha lanciato un’iniziativa per promuovere la preghiera e le radici giudaico-cristiane degli Stati Uniti. “L’America è fondata sulla fede, se si indebolisce, si indebolisce anche il Paese”, ha detto il presidente al museo della Bibbia di Washington invitando gli americani a dedicare tempo ogni settimana a “pregare per l’America” in occasione del 250esimo anniversario della nazione assieme ad “almeno altre 10 persone”.
Il tycoon si descrive come un “cristiano senza affiliazione” ma molto vicino agli evangelici se pur non praticante, è solito trascorrere il weekend nei suo golf club e non a messa come era solito fare il suo predecessore Joe Biden. In passato, ha anche fatto delle battute ironiche al limite della blasfemia, come quando ha postato un suo meme vestito da Papa. Ma già in campagna elettorale aveva cercato di attirare l’elettorato più religioso degli Stati Uniti vendendo online la sua “bibbia patriottica” al presso di 59, 99 dollari l’una. Una volta tornato alla Casa Bianca ha iniziato a vare una serie di misure di stampo conservatore come il divieto per le atlete transgender di competere negli sport femminili. “La cultura ‘woke’ è finita, i generi sono due: maschile e femminile”, ha dichiarato il presidente facendo salire sul palco un bambino delle elementari che ha letto una dichiarazione a favore delle sue politiche. The Donald, che ha donato all’istituzione la bibbia su cui ha giurato nel 2020 e nel 2024, ha anche anticipato che il dipartimento dell’Istruzione emanerà nuove linee guida “per proteggere il diritto alla preghiera nelle nostre scuole pubbliche”, sulla scia di quanto accaduto in Texas.
Ma nel giorno del risarcimento multimilionario, Trump incassa anche due vittorie provvisorie dalla Corte Suprema. La prima è il via libera al siluramento di Rebecca Slaughter, commissaria della Federal Trade Commission nominata da Biden. La decisione è stata presa dal presidente del massimo tribunale, John Roberts, che tuttavia ha concesso ai legali della funzionaria fino al 15 settembre per rispondere alle argomentazioni del dipartimento di Giustizia che ne chiede il licenziamento definitivo. Nella seconda sentenza, la Corte ha revocato le restrizioni imposte agli agenti federali nei fermi di migranti nell’area di Los Angeles. La decisione non è firmata e non è accompagnata da nessuna spiegazione ma ribalta le sentenze di due tribunali inferiori, secondo i quali le pratiche adottate dagli agenti per l’immigrazione violavano il Quarto Emendamento poiché prendevano di mira i sospettati sulla base della razza e dell’etnia.
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