Jannik Sinner e l’ispirazione di Valentino Rossi: “Ho letto una sua intervista, il mio cappellino come il suo casco da moto”

  • Postato il 8 novembre 2024
  • Tennis
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Per Jannik Sinner, giocare con il cappellino ha un valore speciale, quasi rituale. “Giocare con il cappellino per me è molto importante, quasi come il casco per i piloti di MotoGP”, ha rivelato il numero uno del tennis mondiale parlando a Torino in vista dell’inizio delle Nitto Atp Finals 2024. Un accessorio che per lui rappresenta non solo uno strumento tecnico, ma una vera e propria barriera mentale, capace di isolare il campo e di lasciarlo solo con il suo tennis. “In una intervista Valentino Rossi ha detto che quando abbassa la visiera per lui esiste solo la gara. Per me è quando inizia a esserci solo il tennis”. Un modo, quello di Sinner, per rimarcare quanto anche lui, come il nove volte campione del mondo delle due ruote, necessiti di uno spazio mentale unico e inviolabile per esprimere il proprio talento.

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Seppure abbiano due caratteri molto diversi, Sinner sta diventando un’icona per i bambini italiani come lo era stato Valentino Rossi quando dominava in moto. Durante un evento al Nike Store di Torino, centinaia di bambini lo hanno seguito per ricevere un cappellino autografato. Più tardi, nel Teatro Carignano, ha raccontato momenti di vita e di carriera, di fronte all’entusiasmo soprattutto dei giovani tifosi. Durante le sue interviste, uno dei temi ricorrenti è stato quello della pressione: come affrontarla, come farla diventare energia positiva. E anche in questo Sinner ricorda Rossi: entrambi amano la pressione, si nutrono dei momenti di tensione per sprigionare il loro talento e trovare il loro apice, mentre gli avversari soccombono.

“Quando entri sul Centrale degli US Open c’è scritto ‘La pressione è un privilegio’. È davvero così, perché tanti atleti non sentiranno mai ciò che provo io quando gioco match così importanti”, ha spiegato Sinner. Per il numero 1 al mondo del tennis, sentirsi sotto pressione è una parte fondamentale del gioco, un aspetto che ha imparato a trasformare in forza, ricordandosi che “alla fine non sono un dottore: se sbaglio, non faccio del male a nessuno”. Non sono mancati i momenti di leggerezza, tra routine e curiosità personali. E Sinner ha svelato anche il suo rituale in campo: è scandito dal passaggio del piede destro sopra la riga e dai rimbalzi della palla, sette per servire la prima di servizio e cinque per la seconda. Liturgie da campioni.

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Il Fatto Quotidiano

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