Iva su auto importata: quando si paga, quanto e con quali regole

  • Postato il 24 ottobre 2025
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Comprare un’auto all’estero è oggi un’abitudine consolidata, favorita da prezzi competitivi, ampia disponibilità di modelli e servizi di importazione sempre più rapidi. Dietro la promessa di un buon affare si cela la variabile che decide tempi, costi e la possibilità di targare il veicolo in Italia: l’IVA. Non si tratta di un dettaglio burocratico, ma di una condizione imprescindibile di legge. In assenza di prova di assolvimento dell’imposta o di esenzione motivata, la Motorizzazione Civile non rilascia la targa italiana. L’Agenzia delle Entrate e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno infatti intrecciato negli ultimi anni un sistema di controlli digitali che blocca qualunque pratica non accompagnata dal versamento o dalla documentazione fiscale.

A complicare il quadro fiscale e regolatorio c’è la molteplicità delle casistiche che coinvolge l’automobilista: le regole cambiano se il veicolo proviene da un Paese dell’Unione Europea oppure da un Paese extra-UE e cambiano ancora se l’auto è considerata nuova ai fini Iva o usata. La differenza produce effetti fiscali opposti. Infine, conta anche chi compra: un privato segue procedure diverse rispetto a un operatore con partita Iva o un rivenditore professionale.

Che cos’è nuovo ai fini Iva

Nel linguaggio comune, un’auto nuova è quella mai immatricolata. Ai fini dell’Iva, la definizione è più complessa e molto più ampia. L’articolo 38 del decreto legge 331 del 1993, che recepisce la direttiva 2006/112/CE, considera nuovo mezzo di trasporto non solo il veicolo immatricolato per la prima volta, ma anche quello che, al momento della vendita, ha meno di sei mesi dalla data della prima immatricolazione oppure ha percorso meno di 6.000 chilometri. È sufficiente che anche uno solo dei due requisiti sia rispettato per far scattare la novità fiscale del bene.

Significa che un’auto immatricolata cinque mesi prima e con 10.000 km è comunque nuova per l’Iva, così come lo è una con 8 mesi di vita ma appena 5.000 km. La soglia è cumulativa e alternativa: basta un parametro per ribaltare il regime fiscale. Di conseguenza, la qualificazione del veicolo non dipende dalla percezione commerciale, ma da criteri giuridici precisi che determinano dove e quando si paga l’Iva.

Auto intra-UE fiscalmente nuove

Quando l’auto proviene da un Paese dell’Unione Europea e rientra nella categoria di nuovo mezzo di trasporto, l’Iva deve essere versata in Italia. Vale sia se il venditore è un privato sia se è un commerciante. Il meccanismo è lineare: il venditore estero emette una fattura senza Iva locale, indicando la dicitura “esente ai sensi dell’art. 138 della Direttiva 2006/112/CE”, e l’acquirente italiano versa il 22% sul prezzo d’acquisto tramite il modello F24 Elide (F24 con elementi identificativi), riportando nel campo apposito il numero di telaio del veicolo.

Questo sistema è stato introdotto per impedire frodi carosello e triangolazioni fittizie, fenomeni che nel passato generavano immatricolazioni di auto mai fiscalmente dichiarate. Oggi la Motorizzazione civile e l’Agenzia delle entrate dialogano in tempo reale: se il versamento F24 non è stato registrato, la pratica di immatricolazione resta sospesa. Il controllo è automatico, e nessun funzionario può aggirarlo. In questo modo l’auto non può entrare nel sistema nazionale se non risulta fiscalmente regolare.

Auto intra-UE fiscalmente usate

Il discorso cambia se l’auto è fiscalmente usata cioè ha più di sei mesi e oltre 6.000 chilometri. In questo caso, l’Iva non si paga in Italia perché si considera già assolto il tributo nel Paese del venditore. Se l’acquisto avviene da un privato cittadino straniero, l’operazione non è soggetta a Iva intracomunitaria. Se invece si acquista da un rivenditore estero, l’Iva può essere già compresa nel prezzo in virtù del cosiddetto regime del margine che si applica a molti concessionari europei di auto usate.

Ai fini dell’immatricolazione italiana, basta presentare la fattura o il contratto di compravendita estero e la documentazione tecnica. La Motorizzazione civile verifica che il veicolo superi le soglie di 6 mesi e 6.000 chilometri e rilascia la targa senza richiedere versamenti aggiuntivi. Il principio di non doppia imposizione protegge il cittadino da un pagamento duplicato: una volta versata l’Iva in uno Stato dell’Unione Europea, non si riliquida in un altro.

Imprese e professionisti, il caso degli acquisti intracomunitari

Per un’impresa o un professionista con partita Iva, l’acquisto di un veicolo nuovo ai fini Iva da un altro Stato dell’Unione Europea è considerato un acquisto intracomunitario. In questo caso l’imposta deve essere autoliquidata in Italia, con registrazione nel registro Iva e contestuale versamento. Per la prima immatricolazione è comunque obbligatorio compilare e trasmettere il modello F24 Elide con il numero di telaio, a prescindere dal fatto che l’operazione sia già contabilizzata. Questo doppio livello – contabile e telematico – serve a garantire che il pagamento sia tracciabile e collegato al veicolo.

Per le aziende la disciplina si interseca anche con le regole sulla detraibilità dell’Iva: per le autovetture destinate a uso promiscuo, la detrazione è limitata al 40%, salvo casi di utilizzo esclusivo aziendale.

Il modello F24 Elide (F24 con elementi identificativi) è la spina dorsale del sistema di controllo fiscale. Ogni versamento è legato a un numero di telaio univoco, e l’informazione confluisce nei registri informatici dell’Agenzia delle entrate. In pratica, se l’F24 non è stato pagato o contiene errori di compilazione, la pratica di immatricolazione resta bloccata.

Il modello si compila con codice tributo 6099 e richiede targa provvisoria (se esiste), numero di telaio, importo Iva, dati del contribuente e del veicolo. L’obbligo di pagamento telematico impedisce qualunque manipolazione e garantisce che il versamento sia tracciato. L’uso di contanti o di versamenti non identificabili è escluso.

Auto importata da Paese extra-UE

Quando il veicolo arriva da un Paese extra-UE, cambia la logica fiscale. L’Iva non si versa con F24, ma in dogana al momento dello sdoganamento. L’imposta si calcola sulla base imponibile doganale, che comprende il valore del bene più dazi, spese di trasporto, assicurazione e oneri accessori fino al luogo di destinazione. In sostanza, è un’Iva sull’importazione vera e propria, equiparata a quella dovuta per qualunque bene proveniente da fuori Unione.

La bolletta doganale (modello IM7 o DAU) è la prova di pagamento e costituisce il documento indispensabile per completare la pratica in Motorizzazione. Senza di essa non si può procedere alla nazionalizzazione del veicolo. Il sistema doganale è completamente informatizzato e collegato al database AIDA dell’Agenzia delle dogane che certifica il versamento dell’imposta in tempo reale.

Le esenzioni per chi rientra in Italia dall’estero

Un caso particolare riguarda chi si trasferisce in Italia dopo un periodo di residenza all’estero. In base alle norme doganali europee, chi dimostra di aver posseduto e utilizzato un’auto per almeno 6 mesi prima del rimpatrio può ottenere la franchigia dai dazi e dall’Iva all’importazione. Si tratta di una misura pensata per agevolare chi rientra definitivamente nel Paese e non per chi trasferisce temporaneamente un’auto. In questi casi il mezzo deve essere di proprietà personale, deve aver circolato nel Paese di provenienza e non può essere ceduto a terzi nei 12 mesi successivi all’importazione.

Chi tenta di rivendere il veicolo prima di tale termine decade dal beneficio e deve versare le imposte evase, oltre alle sanzioni.

I casi speciali: San Marino, Svizzera e territori con accordi doganali

Non tutte le frontiere sono uguali. Alcuni territori, come San Marino, Andorra o la Svizzera, pur confinando con l’Italia, non fanno parte dell’Unione doganale europea e applicano altre regole. Nel caso di San Marino, ad esempio, l’importazione di veicoli è disciplinata da accordi bilaterali che prevedono un doppio controllo fiscale: l’Iva sammarinese versata al momento della cessione e la verifica italiana prima della targa.

La procedura è più lenta ma anche più trasparente. Le Dogane italiane e l’Ufficio Tributario di San Marino si scambiano i dati in modo elettronico, e il cittadino riceve una ricevuta con codice identificativo che certifica l’avvenuto pagamento o la corretta esenzione. Senza questa comunicazione, la Motorizzazione non può procedere.

Per un’auto importata da Paese dell’Unione Europea, fiscalmente nuova, l’imposta si calcola sul prezzo di acquisto effettivo, espresso nella fattura estera. Per un’auto extra-UE, la base imponibile è più ampia e include valore in dogana, dazi e spese accessorie. Il tutto è poi soggetto all’aliquota italiana ordinaria del 22%.

Un esempio pratico aiuta a rendere più chiare le idee sul funzionamento. Un’auto acquistata in Germania per 30.000 euro, nuova ai fini Iva, comporterà un versamento di 6.600 euro di IVA in Italia. Se arriva dagli Stati Uniti con valore in dogana di 28.000 euro, dazio al 10% (2.800 euro) e spese di trasporto per 1.000 euro, la base imponibile sarà di 31.800 euro e l’Iva dovuta ammonterà a 6.996 euro.

Perché il controllo avviene prima della targa

Dal 2010 in poi, l’Italia ha introdotto una rete digitale che collega Agenzia delle entrate, Dogane e Motorizzazione civile per migliorare la qualità e innalzare la quantità dei controlli incrociati. Ogni targa emessa passa attraverso un controllo incrociato che verifica se l’auto ha assolto gli obblighi fiscali. È un sistema che nasce per contrastare i caroselli Iva e la rivendita di veicoli importati fittiziamente come usati ma in realtà nuovi ai fini fiscali.

La procedura messa in piedi è di fatto automatica in quanto il sistema informatico della Motorizzazione civile interroga i registri fiscali e sblocca la pratica solo quando il modello F24 risulta pagato o la bolletta doganale è stata validata.

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Virgilio.it

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