Italia e Gaza, la linea dei fatti: il governo Meloni risponde alle critiche con aiuti, missioni e diplomazia attiva

  • Postato il 16 ottobre 2025
  • Di Panorama
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Mentre nelle piazze italiane si moltiplicano le proteste dei movimenti pro-palestinesi, e la Global Sumud Flotilla tenta di riaccendere il simbolismo dei convogli marittimi per “rompere l’assedio”, il governo di Giorgia Meloni ha deciso di rispondere non con slogan o prese di posizione ideologiche, ma con azioni concrete. Una linea pragmatica e operativa, che ha trasformato l’Italia in uno dei principali attori europei nel soccorso alla popolazione civile di Gaza, pur mantenendo ferme le proprie alleanze internazionali e il sostegno al processo di pace promosso da Stati Uniti, Egitto e Unione Europea.

Sin dall’inizio della crisi, Roma ha scelto di muoversi su un doppio binario: da un lato la condanna delle violenze e il richiamo costante al rilascio degli ostaggi israeliani; dall’altro l’impegno umanitario e logistico per alleviare la drammatica emergenza nella Striscia. Nonostante le accuse di “filo-israelismo” provenienti dai manifestanti propalestinesi e da parte delle opposizioni parlamentari, il governo italiano ha messo in campo risorse, uomini e strutture con una continuità che ha sorpreso anche diversi osservatori internazionali.

Il programma «Food for Gaza», lanciato dalla Farnesina e dal Ministero della Difesa, è diventato il simbolo di questa politica dei fatti. In pochi mesi, l’Italia ha inviato oltre 2.400 tonnellate di aiuti: farina, medicinali, tende e materiali igienici, distribuiti tramite il Programma Alimentare Mondiale e la Mezzaluna Rossa egiziana. L’Aeronautica Militare ha condotto più di trenta missioni di aviolancio e ponte aereo, trasportando anche decine di feriti palestinesi negli ospedali italiani. La Protezione Civile ha predisposto moduli abitativi in grado di ospitare fino a 100.000 sfollati, che saranno installati non appena le condizioni di sicurezza lo permetteranno.

Sul piano politico-diplomatico, Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, ha scelto una strategia di presenza costante. In più occasioni ha ribadito che «l’Italia non si limita alle parole» e che «la priorità è garantire aiuti e prospettive di vita ai civili di Gaza, senza legittimare Hamas». Una linea condivisa con Palazzo Chigi, dove Meloni ha insistito sulla necessità di un equilibrio: «difendere Israele dal terrorismo» e allo stesso tempo «difendere i palestinesi innocenti dal disastro umanitario».

Il governo ha inoltre riattivato i finanziamenti all’UNRWA, sospesi nel 2024 per verifiche sulla gestione dei fondi, stanziando 5 milioni di euro con procedure di tracciabilità rafforzata. Nel frattempo, è stato nominato Bruno Archi come inviato speciale per la ricostruzione di Gaza, figura incaricata di coordinare la partecipazione italiana ai programmi europei e ONU per la ricostruzione civile della Striscia. Le opposizioni – in particolare Partito Democratico e Movimento 5 Stelle – hanno criticato l’esecutivo per non aver assunto una posizione più esplicitamente filo-palestinese, accusando Meloni di “seguire la linea di Washington e Gerusalemme”. Ma a differenza di altri governi europei, l’Italia ha preferito evitare la diplomazia dichiarativa, concentrandosi su interventi tangibili: convogli, ospedali da campo, missioni di cooperazione e sostegno alla sanità locale. «I proclami non nutrono nessuno», ha sintetizzato un funzionario della Farnesina. «Noi lavoriamo per salvare vite, non per sventolare bandiere».

Le tensioni con i gruppi propalestinesi si sono fatte particolarmente accese dopo l’annuncio della presenza di Carabinieri italiani alla riapertura del valico di Rafah, nell’ambito della missione europea EUBAM. Per la Global Sumud Flotilla e per parte della sinistra radicale, la partecipazione italiana sarebbe “una forma di legittimazione dell’assedio israeliano”.
In realtà, i militari italiani avranno un ruolo tecnico di supervisione e sicurezza nei passaggi di convogli umanitari, in coordinamento con le autorità egiziane e le agenzie ONU. Una missione civile, ma fondamentale per rendere operativo il corridoio umanitario previsto dall’accordo di Sharm el-Sheikh.

Meloni, consapevole della delicatezza del dossier, ha scelto di non rispondere direttamente alle accuse dei movimenti di piazza. Ha invece puntato sulla continuità dei gesti concreti: una presenza costante della cooperazione italiana, il coinvolgimento della Croce Rossa, e il sostegno a un piano di ricostruzione post-bellica che, nelle intenzioni di Palazzo Chigi, dovrà essere «privo di ingerenze di Hamas» e basato su una «governance palestinese rinnovata e legittimata».
L’Italia, secondo le parole del ministro Tajani, «non si presta a operazioni simboliche, ma lavora per una pace reale». Anche sul fronte della sicurezza, il governo ha lasciato intendere che, qualora le Nazioni Unite decidessero di creare una forza multinazionale di stabilizzazione, Roma è pronta a partecipare con contingenti addestrati per missioni di peacekeeping, come già avvenuto in Libano con UNIFIL anche se qui le ombre non sono mancate. Una prospettiva che renderebbe l’Italia non solo donatore, ma anche garante di sicurezza in una futura Gaza smilitarizzata. La differenza di approccio rispetto ad altri Paesi europei è evidente: mentre molte cancellerie oscillano tra proteste interne e prudenza diplomatica, Roma ha scelto la via della responsabilità operativa.

Una scelta che non elimina le contestazioni – le piazze continueranno a chiedere la “fine del sostegno a Israele” – ma che restituisce all’Italia un ruolo di primo piano nel Mediterraneo, tra realismo politico e solidarietà umanitaria. In un contesto polarizzato, dove ogni gesto viene letto come schieramento, la strategia del governo Meloni si distingue per una logica di continuità: fare, più che dire. Per i critici resta un approccio “ambivalente”, ma per gli alleati internazionali è il segno di una maturità geopolitica che unisce pragmatismo e responsabilità. E in una Gaza ancora ferita, gli aiuti che portano la bandiera italiana valgono più di qualsiasi slogan.

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Panorama

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