Israele teme gli arresti dei suoi militari all’estero: pronto lo scudo legale pagato da Tel Aviv (anche per i crimini a Gaza)

  • Postato il 25 agosto 2025
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Mentre l’Idf espande la sua offensiva nella Striscia di Gaza e l’opinione pubblica internazionale si fa sempre più critica nei confronti di Israele, Tel Aviv pensa a difendere i propri soldati anche all’estero. L’Ufficio del Procuratore Difensore Militare ha istituito un sistema di assistenza legale per i soldati che potrebbero essere esposti ad arresti in paesi stranieri per il servizio da loro prestato nell’Idf. Sempre più organizzazioni internazionali si stanno infatti muovendo per raccogliere materiale che possa incriminare i militari israeliani per le azioni commesse durante la guerra a Gaza. A riportare la notizia il sito israeliano Walla. Secondo l’Idf, “la minaccia si è intensificata in modo significativo, ci sono organizzazioni che si sono prefissate l’obiettivo di creare fascicoli sui soldati e sporgere denuncia contro di loro”. La preoccupazione deriva dal fatto che i reati universali, come i crimini di guerra o quelli contro l’umanità, sono perseguibili da uno Stato indipendentemente dal fatto che il crimine sia stato commesso al di fuori del proprio territorio nazionale e da cittadini stranieri. Il sistema ideato prevede una rete di legali specializzati nelle corti straniere pronta a intervenire a tutela dei militari per evitare che siano arrestati o processati all’estero. Un vero e proprio scudo legale globale finanziato dallo Stato di Israele.

Secondo quanto riportato da Walla, il sistema monitorerà se un soldato, regolare o di riserva, si trova in un determinato Paese e, se necessario, gli organismi governativi interverranno “per convincerlo ad andarsene il più rapidamente possibile e gli forniscono anche gli strumenti in base alle necessità e alle richieste”. “Lo Stato di Israele fornisce a quel soldato un avvocato e lo finanzia”, ha fatto sapere l’Ufficio Difensore Militare. Il colonnello Ofira Elkabetz, il capo avvocato difensore dell’Idf, ha spiegato che “di fronte a questa nuova realtà, è necessario un apparato aggiuntivo e ampliare quello personale per i militari”. “Oltre all’avvocato difensore locale finanziato dallo Stato, ci sarà anche un avvocato militare che colmerà il divario culturale. È necessario qualcuno che si occupi degli interessi specifici di quel soldato”, ha detto ancora il colonnello. “A tal fine, abbiamo individuato i migliori avvocati in Israele con esperienza in tribunali stranieri, che fanno parte della riserva delle IDF. Abbiamo fornito loro una formazione professionale mirata e stiamo lavorando affinché, un giorno, quando, Dio non voglia, si verificherà una situazione estrema, sapremo come gestirla rapidamente”, ha concluso Elkabetz.

La decisone di Tel Aviv arriva dopo che a fine luglio due soldati israeliani, presumibilmente membri della Brigata Givati, sono stati fermati e interrogati dalle autorità locali in Belgio. I due erano stati visti mentre sventolavano la bandiera della loro unità militare durante il festival musicale Tomorrowland e la denuncia era stata presentata dalle organizzazioni Hind Rajab Foundation e dal Global Legal Action Network (Glan). Secondo le due ong, che da mesi raccolgono le prove delle atrocità dell’Idf a danno dei civili palestinesi, i soldati si sono macchiati di diversi crimini di guerra. I due sono stati rilasciati dopo poco e la procura belga ha deferito il caso alla Corte penale internazionale.

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