Israele parla di “tregua più vicina” con il Libano, ma espande l’invasione di terra. Hezbollah: “Nessuno ci ha contattato”

  • Postato il 11 novembre 2024
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Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca ha rasserenato non poco gli animi all’interno del governo israeliano. Dopo la resa dei conti interna che ha portato, tra le altre cose, al licenziamento del ministro della Difesa, Yoav Gallant, e che potrebbe non essersi ancora esaurita, date le dichiarazioni del figlio del premier Benjamin Netanyahu secondo cui lo Shin Bet aveva un piano per rovesciare il padre, adesso a Tel Aviv si torna a parlare di cessate il fuoco più vicino. Questo ottimismo è legato al fatto che Trump non ha mai nascosto il suo pieno sostegno alla causa israeliana, anche prendendo o appoggiando iniziative che avrebbero potuto scatenare la dura reazione della controparte palestinese: se pace sarà, sarà una pace accolta positivamente da Tel Aviv più che da Gaza, Ramallah o Beirut.

È così che si arriva alle parole del nuovo ministro degli Esteri israeliano, Gideon Saar, secondo cui è stato fatto “qualche progresso” per il cessate il fuoco in Libano, aggiungendo che “stiamo lavorando con gli americani su questo”. Affermazioni che, stando almeno alla replica di Hezbollah, sono solo il frutto di un sentiment interno all’asse Israele-Usa, dato che il Partito di Dio con un suo portavoce ha fatto sapere che “nessuna proposta ufficiale o specifica è arrivata al Libano o a noi. Non mi aspetto che ci sia qualcosa di specifico presto”. Anche il comportamento delle truppe israeliane sembra non considerare la tregua vicina: il capo di Stato maggiore dell’esercito, Herzi Halevi, ha infatti approvato l’espansione dell’invasione via terra nel sud del Libano meridionale, secondo quanto riferisce l’emittente statale israeliana Kan. È stato proprio Halevi, sostiene la tv, a voler imprimere maggior forza all’offensiva proprio in questo preciso momento: funzionari militari e di sicurezza dello Stato ebraico, dicono, hanno preso in considerazione l’idea di annunciare la fine delle operazioni di terra in Libano già la scorsa settimana, ma il capo di Stato maggiore ha ordinato di espandere l’assalto. Tutto questo dimostra che l’ottimismo di Saar non è dovuto a segnali positivi arrivati dalla controparte. Tanto che lui stesso pronuncia poi una frase che è uno dei simboli dell’incompatibilità di visione tra le parti: la creazione di uno Stato palestinese non è una “posizione realistica”, ha detto.

Anche sui cieli di Israele, intanto, la tensione rimane alta: nella notte l’Aeronautica militare ha intercettato quattro droni provenienti da est, due dei quali sono stati abbattuti prima di entrare nello spazio aereo del Paese. Da parte sua, una coalizione di gruppi armati filo-iraniani denominata ‘Resistenza islamica in Iraq’, ha rivendicato quattro attacchi con droni effettuati contro “obiettivi essenziali” nel nord e nel sud di Israele. Mentre gli Houthi dello Yemen rivendicano un attacco contro il centro di Israele, con il portavoce Yahya Saree che parla di “un’operazione con la base militare di Nahal Sorek (a sudest di Haifa) nel mirino”. Il portavoce ha parlato di “un lancio preciso e di un incendio nei pressi del sito preso di mira”.

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