Isola, presunti appoggi politici e massonici dell’imprenditore Cavarretta per «governare i binari»
- Postato il 4 maggio 2025
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Isola, presunti appoggi politici e massonici dell’imprenditore Cavarretta per «governare i binari»
L’imprenditore Cavarretta di Isola voleva rilevare la società dei Giardino e entrare nel business dei binari con appoggi politici e massonici
ISOLA CAPO RIZZUTO – L’ex re degli yacht sarebbe ora interessato alle ferrovie. Grazie a presunti appoggi politici e massonici, dal legno ai binari il passo non sarebbe lungo per l’imprenditore Anselmo Cavarretta, indagato per associazione mafiosa nell’ultima grossa inchiesta sulle cosche di Isola Capo Rizzuto, quella denominata Blizzard-Folgore, che nelle scorse settimane ha portato a una retata su scala nazionale. Anche se, è il caso di sottolinearlo, per lui la richiesta di misura cautelare avanzata dalla Dda di Catanzaro è stata respinta dalla gip distrettuale Arianna Roccia. “Anselmino Gruppo Legno”, come era chiamato nelle intercettazioni agli atti di vecchie indagini ormai crollate, avrebbe tentato di mettere le mani anche sulla società fallita “CF” della famiglia Giardino, coinvolta nell’inchiesta di Milano sui colossi del settore ferroviario. E per fare questo avrebbe messo a disposizione le proprie entrature politiche e società all’estero a lui riconducibili.
LA RIUNIONE DAL COMMERCIALISTA
Voleva tornare in campo alla grande, “Anselmino Gruppo Legno”. Almeno questo è quello che emerge da un colloquio intercettato nello studio di un commercialista di Isola Capo Rizzuto, dove si trattava delle problematiche finanziarie della società dichiarata fallita dal Tribunale di Lodi. Durante quella riunione, Antonio Giardino, tra gli indagati, avrebbe rappresentato che Cavarretta era interessato a rilevare la CF. E che Cavarretta gli aveva rivelato di poter disporre di ingenti capitali nonostante non avesse ancora ottenuto gli oltre 20 milioni di euro che avanza dallo Stato come riparazione per l’irragionevole durata di un procedimento penale conclusosi con l’archiviazione.
Il riferimento è all’inchiesta sulla filiera del legno. Cavarretta ha peraltro ottenuto la revoca definitiva di una confisca da 20 milioni. Ma sembrava non fare molto affidamento sulle risorse che doveva ancora elargirli lo Stato a titolo di risarcimento. Visto che dopo tanto tempo non aveva visto un euro. Questo, però, non era un problema.
APPOGGI POLITICI
In passato uscito quasi indenne da una serie di inchieste in cui gli si contestava la contiguità alla cosca Arena, per rassicurare il suo interlocutore Cavarretta avrebbe ribadito non solo la propria solidità economica ma anche i propri appoggi politici. «Per i prossimi 5 anni governiamo noi. Se maciniamo, con la CF entrano soldi a non finire». Le indicazioni emerse dal colloquio intercettato sono insufficienti per gli inquirenti perché si possa risalire all’identità del politico. «Quello che è nato in Svizzera». Dagli elementi di indagine emergono anche riferimenti a un politico di Lamezia e ad ambienti romani e calabresi. «Va alla Regione ed acchiappa la pila», dicono su di lui quanti, nel corso dell’inchiesta, tentano di spiegare l’origine della sua ascesa imprenditoriale.
Inoltre, secondo il racconto di Giardino, naturalmente tutto ancora da verificare nelle sedi processuali, Cavarretta avrebbe lasciato intendere di avere contatti con professionisti che lo avrebbero agevolato nell’ottenimento di appalti pubblici. E avrebbe citato i grossi gruppi coinvolti nell’inchiesta sul presunto monopolio delle costruzioni ferroviarie. La strategia sarebbe stata quella di gestire tramite prestanome e società estere, ma, lo ribadiamo, si tratta di ipotesi tutte da appurare. «Se vuoi governare tu sui binari i prossimi 5 anni ti faccio governare ma mi devi mettere nella società», avrebbe detto ancora Cavarretta a Giardino.
LA LOGGIA BRUCIATA
A quel punto interviene Luigi Masciari, che emerge come l’indagato chiave della nuova inchiesta, il nuovo volto imprenditoriale delle cosche isolitane. Uno che pensa più ai soldi che ai riti di affiliazione. Masciari tenta di screditare Cavarretta sostenendo che questi facesse parte di una loggia massonica crotonese che non riveste ormai alcun peso e che non sarebbe stata in grado di sostenerlo perché “bruciata”. «La loggia che abbiamo qua nel Crotonese è bruciata, nel Cosentino ancora si salva». La conversazione poneva poi in evidenza l’astio nutrito da Masciari per l’intromissione nella vicenda CF da parte di Cavarretta anche alla luce di vecchie acredini. Ma, al di là delle acredini, Cavarretta, quello che una volta i vertici della Dda definivano come la “punta di diamante” della cosca Arena, non contava più nulla secondo Masciari.
I PRECEDENTI
Le infiltrazioni nei cantieri di Rfi delle famiglie Giardino e Aloisio, ritenute vicine alle cosche di Isola, erano già emerse in altre inchieste della Dda di Milano che hanno portato già a condanne per il presunto regime di monopolio nei subappalti delle costruzioni ferroviarie. Ai Giardino è riconducibile anche il “locale” di ‘ndrangheta di Verona già acclarato in via definitiva con la sentenza “Isola scaligera”. Una serie di circostanze che hanno indotto i componenti della famiglia di ‘ndrangheta a ricorrere a prestanome a cui intestare quote di nuove società con cui operare sul mercato di cui comunque mantenevano il controllo amministrandole di fatto.
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Nei mesi scorsi un nuovo procedimento è scaturito proprio da accertamenti successivi al fallimento della CF, operante nella manutenzione ferroviaria, e e alle interdittive antimafia emesse dalle Prefetture di Lodi e Verona. Significative, dal punto di vista degli inquirenti, le ricorrenti modifiche della sede societaria, da Isola alla provincia lodigiana, e della compagine sociale, che vedevano reiteratamente coinvolto Domenico Giardino, capostipite della famiglia.
IL CAPITALISTA
Ma, a quanto pare, nella ricerca di intestatari fittizi al fine di dirottare il patrimonio tramite gestioni occulte sarebbe entrato in campo anche Cavarretta. Uno che godeva ancora di una certa fama “imprenditoriale”, negli ambienti criminali isolitani, nonostante il fallimento del suo ambizioso progetto di un polo per la lavorazione del legno che avrebbe dovuto dare lavoro a 286 addetti. E nonostante il sequestro, poi revocato, del cantiere navale che produceva imbarcazioni di lusso. Del resto, le inchieste su Cavarretta si sono risolte per lo più in una bolla di sapone, tra archiviazioni ed assoluzioni, e le condanne sono state soltanto per reati minori rispetto a quelli contestati. Giardino, però, sosteneva che a un “capitalista” come Cavarretta, che comunque definiva suo “amico”, avrebbe preferito lo stesso Masciari.
Proprio grazie a quest’ultimo – almeno questa è l’ipotesi di accusa – Giardino avrebbe tentato di recuperare la fallita CF ricorrendo a società estero-vestite i cui titolari avrebbero fatto da prestanome per confluire nella procedura concorsuale e acquisire l’azienda decotta e potersi così accaparrare appalti pubblici. Il doppio binario su cui continuano a viaggiare le cosche di Isola Capo Rizzuto.
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