Iran, terremoto diplomatico prima del vertice con gli USA: arriva un nuovo negoziatore
- Postato il 18 aprile 2025
- Di Panorama
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A poche ore dall’apertura del vertice tra Iran e Stati Uniti a Roma, il presidente iraniano Masoud Pazeshkian ha accettato le dimissioni di Mohammad Javad Zarif, ex ministro degli Esteri e figura chiave nei negoziati che portarono all’accordo sul nucleare del 2015. «A causa di alcuni problemi, l’amministrazione non è più in grado di beneficiare delle preziose conoscenze ed esperienze di Zarif», si legge in una nota diffusa martedì sera dalla presidenza iraniana. Al suo posto è stato nominato Mohsen Esmaeili, 59 anni, politico moderato e giurista di lungo corso, che assumerà il ruolo di vicepresidente per gli affari strategici. Il nuovo incarico affidato a Esmaeili, esperto di diritto costituzionale e già membro del Consiglio dei Guardiani, viene interpretato come un tentativo di rafforzare la posizione negoziale dell’Iran puntando su una figura tecnicamente competente ma molto meno polarizzante sul piano politico. Il cambio arriva in un momento altamente delicato per la diplomazia iraniana e lo stesso vale per l’economia del Paese che è allo stremo.
L’allarme dell’AIEA
Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) che si trova attualmente a Teheran nel tentativo di sostenere il processo negoziale, ha affermato: «Siamo in una fase cruciale di queste importanti trattative e il tempo a disposizione è limitato. Per questo sono qui: per contribuire a facilitare il processo». In un’intervista rilasciata al quotidiano francese Le Monde e pubblicata mercoledì, Grossi ha lanciato un ulteriore segnale di allarme: «L’Iran non è lontano dal possedere la bomba atomica. C’è ancora molta strada da fare, ma dobbiamo riconoscere che la distanza si è accorciata».
La proposta iraniana
Durante i recenti colloqui diplomatici svoltisi in Oman, l’Iran avrebbe presentato agli Stati Uniti una proposta articolata per limitare il proprio programma nucleare in cambio di una graduale riduzione delle sanzioni internazionali. Lo riferisce Iran International, testata vicina all’opposizione iraniana e con legami con ambienti sauditi.Secondo quanto riportato, la proposta – consegnata per iscritto dal viceministro degli Esteri iraniano Abbas Araqchi all’inviato speciale della Casa Bianca Steve Witkoff – si svilupperebbe in tre fasi. L’obiettivo: congelare progressivamente l’arricchimento dell’uranio e ristabilire i controlli internazionali in cambio di benefici economici concreti.Nel dettaglio, fonti diplomatiche a Teheran spiegano che la prima fase prevede una riduzione temporanea dell’arricchimento dell’uranio al 3,67%. In cambio, Teheran chiede lo sblocco degli asset finanziari congelati dagli Stati Uniti e il via libera alla ripresa delle esportazioni petrolifere. La seconda fase includerebbe lo stop definitivo all’arricchimento ad alto grado e il pieno ripristino delle ispezioni da parte dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). Tuttavia, questi passi sarebbero subordinati non solo a nuove concessioni da parte di Washington, ma anche all’impegno degli alleati europei – Francia, Germania e Regno Unito – a non riattivare le sanzioni ONU tramite il meccanismo di «snapback». La terza e ultima fase implicherebbe la reintroduzione da parte di Teheran del Protocollo Aggiuntivo, che autorizza ispezioni a sorpresa sui siti nucleari iraniani. Tale misura era stata sospesa nel 2021, dopo il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare del 2015 sotto la presidenza Trump. Sempre in questa fase, Teheran chiede una formale approvazione del Congresso americano per un nuovo accordo. In cambio, l’Iran si impegnerebbe a trasferire all’estero le proprie scorte di uranio altamente arricchito.Secondo Iran International, i colloqui a Muscat ( Oman), durati circa tre ore, sono stati definiti «costruttivi» e Witkoff avrebbe mostrato apertura al piano iraniano. Alcune fonti diplomatiche restano scettiche: la Repubblica Islamica, secondo una di queste, potrebbe puntare a dilatare i tempi per scongiurare un’azione militare imminente, utilizzando i negoziati come strumento tattico.«Uno dei motivi per cui la Guida suprema dell’Iran ha accettato di consentire la ripresa dei negoziati è la necessità di guadagnare più tempo, perché sa che l’Iran al momento non è in grado di difendersi da un altro attacco aereo», ha affermato la fonte. La stessa persona ha inoltre affermato che l’Iran sta lavorando per ricostruire le sue difese aeree e ripristinare la sua capacità di produrre missili terra-terra, entrambi gravemente danneggiati negli attacchi israeliani dell’ottobre scorso.
La posizione degli Stati Uniti
Steve Witkoff ha dichiarato martedì scorso che qualsiasi futuro accordo con l’Iran dovrà includere lo smantellamento completo del suo programma nucleare: «Un accordo con l’Iran sarà concluso solo se sarà un accordo con Trump. Qualsiasi accordo finale deve stabilire un quadro per la pace, la stabilità e la prosperità in Medio Oriente, il che significa che l’Iran deve interrompere ed eliminare il suo programma di arricchimento nucleare e di armamento. È imperativo per il mondo creare un accordo equo e duraturo, ed è ciò che il Presidente Trump mi ha chiesto di fare». Durante l’incontro del 17 aprile 2025 alla Casa Bianca tra il presidente statunitense Donald Trump e il presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, i due leader hanno discusso di vari temi, tra cui la situazione in Iran. Trump ha espresso ottimismo riguardo alle trattative in corso con Teheran, affermando di non avere fretta di intraprendere un’azione militare contro l’Iran e sottolineando la possibilità per il paese di diventare «una grande nazione» se sceglierà la via diplomatica. Il presidente Usa ha pero’ ribadito la propria posizione: «L’Iran non può’ avere armi nucleari. Posso aspettare ma io non avrei mai accettato il precedente accordo e ho posto fine. Voglio che l’Iran si sviluppi in pace ma se non vorranno discutere allora per loro sarà’ terribile».
I silenzi di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e le riflessioni israeliane
Da non sottovalutare anche il silenzio strategico di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, che condividono pienamente la visione degli Stati Uniti e di Israele riguardo al programma nucleare iraniano. Per quanto riguarda Israele, è emerso che aveva già predisposto un piano dettagliato per colpire le strutture nucleari iraniane nel mese di maggio, ma l’operazione è stata poi congelata. Il motivo? Un’inversione di marcia voluta da Trump, che ha preferito puntare sulla via diplomatica nei confronti di Teheran. A rivelarlo è stato il New York Times, mercoledì scorso, citando fonti autorevoli all’interno dell’amministrazione americana. La scelta è arrivata dopo un lungo e acceso confronto all’interno della Casa Bianca, in cui sono state ponderate con attenzione le conseguenze di un eventuale intervento militare rispetto a un approccio negoziale. Alla fine, Trump ha deciso di non sostenere l’iniziativa militare israeliana e ha dato mandato ai suoi collaboratori di riprendere i contatti con l’Iran, nel tentativo di arginare il suo programma nucleare. La decisione è stata comunicata direttamente al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante la sua visita a Washington a inizio mese, e pare che non l’abbia accolta favorevolmente. Tuttavia, Israele resta sulle sue posizioni, convinto che l’Iran stia solo guadagnando tempo. Un tempo che Trump non sembra intenzionato a concedere. Domani (forse) ne sapremo di piu’.