Invaso del Camastra, non è solo colpa della siccità

  • Postato il 12 novembre 2024
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Invaso del Camastra, non è solo colpa della siccità

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Al netto del problema della siccità, il ministero nel 2019 ha ridotto di 5 metri la capacità di accumulo dell’acqua del Camastra

POTENZA – Cosa succede se si riduce per decreto di circa i due terzi il quantitativo di acqua raccolta in un invaso pensato per servire un numero costante di  utenze? Quello che sta accadendo in questi giorni a Potenza e in altri 28 comuni dell’alto e del medio Basento. Dopo un paio di stagioni poco piovose.
E’ una lezione impossibile da ignorare quella che emerge, in maniera sempre più nitida, dalla più grande crisi idrica degli ultimi tempi in Basilicata. Una crisi esplosa  nelle scorse settimane, ma che si sarebbe potuta verificare almeno da 5 anni a questa parte. Persino dei terribili mesi della pandemia da covid 19.
A svelare le probabili ragioni del disastro sono documenti e testimonianze raccolte dal Quotidiano. A partire da una nota di marzo del 2019 dell’ufficio Dighe della sede di Napoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit, ndr), che ha  ordinato di ridurre di 4 metri il livello dell’acqua invasata nella diga della Camastra. Aprendo le paratie e lasciando scorrere a valle il sovrappiù, ogni qual volta venisse superata questa quota.
Alla base della decisione dei responsabili dell’Ufficio dighe vi sarebbe stato l’esito di una verifica sulla gestione dell’impianto e la sua conformità alle ultime evoluzioni normative. Specie in materia di vulnerabilità sismica.  
Il risultato, però, sembrerebbe essere andato ben oltre le intenzioni, dal momento che i quantitativi di acqua trattenuta, rispettando la nuova altezza massima, sono dimezzati. Scendendo a 9 milioni di metri cubi dai 17-20 milioni di metri cubi registrati negli anni precedenti. Rispetto a una capacità massima di quasi 24milioni di metri cubi già ridotta, in via prudenziale, fin dall’entrata in esercizio «sperimentale» dell’invaso, nel 1964. In assenza di  un collaudo in piena regola anche per le difficoltà di inseguire leggi e regolamenti più recenti.
  Contattata dal Quotidiano del Sud, la segretaria generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Meridionale, Vera Corbelli, ha spiegato che dal 2018 agisce anche come commissario straordinario del governo per  l’efficientamento del sistema dighe ed adduttori che un tempo erano gestiti dall’Ente irrigazioni Puglia Lucania e Irpinia (Eipli) tra i quali ricade anche la diga del Camastra.
Quindi ha spiegato che  la limitazione della quota massima di invaso decisa dall’Ufficio dighe è stata  individuata  da tempo come una criticità.

«Già nel 2023, mediante una nota congiunta Autorità di Bacino-Eipli, veniva richiesto il recupero di almeno 2 metri di livello di invaso rispetto alla limitazione di 4 metri imposta dalla direzione Dighe del Mit». Così al Quotidiano la segretaria generale dell’Autorità, per cui in seguito a una serie di verifiche «era stato dimostrato che le opere accessorie e lo sbarramento del Camastra fornivano margini di sicurezza rispetto alle valutazioni di vulnerabilità sismica».
Da allora a oggi, però, nulla è cambiato, a parte la soppressione di Eipli, dopo oltre trent’anni di commissariamento, e il subentro nella gestione dei “suoi” invasi di una società controllata dal Ministero dell’economia, Acque del Sud spa (AdS, ndr)  
«Tale incremento di quota non è stato ancora autorizzato – ha aggiunto Corbelli – in quanto é necessario, da parte del concessionario AdS, eseguire alcune attività manutentive alle paratoie degli organi di presa».
In estrema sintesi: «l’Autorità di bacino non solo non ha imposto 4 metri di limitazione della quota autorizzata, bensì ha lavorato per il recupero della stessa limitazione fornendo le valutazioni di vulnerabilità sismica ed eseguendo le progettazioni e gli interventi di manutenzione straordinaria delle opere a servizio della diga».
Quanto ai lavori  per soddisfare le richieste dell’ufficio Dighe, e recuperare la metà della capacità d’invaso tagliata nel 2019, molto parrebbe già fatto.
E’ dello scorso mese di giugno, in particolare, il certificato di regolare esecuzione del ripristino di una paratoia di «mezzofondo», fondamentale per operare su una diga con un’altezza massima di esercizio 6 metri e mezzo più in basso della quota degli scarichi di superficie.
Qualche lavoretto più piccolo resterebbe ancora da ultimare. Quindi la speranza è che dall’ufficio Dighe del Ministero possa arrivare il via libera  all’incremento dell’altezza massima dell’acqua invasata in tempo per raccogliere le ultime piogge della primavera.  

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