Interrotta riabilitazione per una disabile, i genitori denunciano l’Asp di Vibo

  • Postato il 11 novembre 2024
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Interrotta riabilitazione per una disabile, i genitori denunciano l’Asp di Vibo

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La storia di una ragazza disabile cui sono stati interrotti il percorso riabilitativo e il “Progetto di vita” avviato col Comune di Vibo; i genitori hanno presentato denuncia contro l’Asp: «Nostra figlia ha diritto ad essere curata»


VIBO VALENTIA – «Nostra figlia, 33 anni, gravemente disabile, è ricoverata presso una struttura in Emilia Romagna in regime residenziale ex art. 26 della Legge 833/1978 dove riceve cure e terapie continue che rientrano nelle prestazioni indispensabili ed essenziali di assistenza, impossibili da  garantire in ambiente domestico; ma il suo percorso assistenziale che si è bruscamente interrotto quando I’Asp di Vibo Valentia ha deciso, in modo unilaterale, di chiuderlo e così abbiamo deciso di sporgere denuncia».

È l’amara denuncia dei genitori vibonesi di una ragazza, Francesco e Caterina, che chiamano in causa l’Azienda sanitaria vibonese contro la quale hanno anche avviato una battaglia legale con l’obiettivo di veder riconoscere alla propria figlia “quel diritto alla salute che non è una concessione né una cortesia”.

Una storia, questa, molto simile a quella di Francesco di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi.

I GENITORI DELLA RAGAZZA DISABILE DI VIBO RIPERCORRONO LA VICENDA

Padre e madre della 33enne ripercorrono la vicenda ricordando che la comunicazione di conclusione del percorso riabilitativo è arrivata come un fulmine a ciel sereno: “Una fredda nota formale indirizzata” tra l’altro soltanto alla struttura ospitante e all’Asp della Romagna, ma non alla famiglia, quindi completamente ignorata.  “Il 23 aprile 2024, nostra figlia è stata formalmente dimessa, nonostante il parere favorevole dell’Asp della Romagna sulla prosecuzione del percorso terapeutico”.

Le accuse all’Azienda vibonese trovano fondamento a seguito del fatto che la stessa avrebbe “preso questa decisione senza mai valutare le sue effettive condizioni cliniche, senza proporre alternative assistenziali adeguate, violando non solo l’art. 32 della Costituzione, che garantisce il diritto alla salute di ogni cittadino, ma anche l’art. 38, che sancisce il diritto all’assistenza sociale per i cittadini inabili al lavoro e sprovvisti dei mezzi necessari per vivere. Due pilastri costituzionali sistematicamente ignorati”, affermano ancora i genitori evidenziando che la conseguenza di questo provvedimento “è stata la sospensione anche del “Progetto di Vita” avviato con il Comune di  Vibo, lasciando la nostra famiglia in una situazione di estremo disagio”.

Fortunatamente per la ragazza, la struttura ospitante, “dimostrando straordinaria umanità, continua ad assistere nostra figlia e altri due ragazzi nelle stesse condizioni, facendosi carico gratuitamente delle spese da sei mesi”.

INFRUTTUOSE LE RICHIESTE ALL’ALLORA COMMISSARIO DELL’ASP

Infruttuosi, invece, secondo i denuncianti i loro tentativi di dialogo con I’Asp di Vibo: “Gli incontri con l’Uvm, gli assistenti sociali, il Direttore del Distretto sanitario, hanno evidenziato una sconcertante mancanza di professionalità e sensibilità, con l’apice raggiunto, nel mese di giugno, nell’incontro con l’allora Commissario straordinario che speravamo ci comprendesse e ci ascoltasse e che, invece, ha liquidato la questione con una frase che riassume perfettamente la disumanità dell’approccio: “Il caso di sua figlia non è altro che uno dei 146.000 casi degli abitanti della provincia di Vibo””.

LA DECISIONE DI SPORGERE DENUNCIA CONTRO L’ASP DI VIBO

Da qui la decisione dei genitori della ragazza disabile di di adire le vie legali “contro alcuni componenti dell’Asp di Vibo Valentia” e la segnalazione della vicenda al “Ministro della Disabilità, al Presidente della Regione Calabria e alla Prefettura, ma al momento, dalle istituzioni che dovrebbero tutelare i cittadini più fragili, non è arrivata alcuna risposta concreta. I diritti non sono concessioni, non sono atti di generosità elargiti dall’alto ma principi fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione. Se è vero che sono necessari criteri di accesso e revisione dei servizi sanitari, nel momento in cui ad applicarliè un’amministrazione incompetente e priva di empatia le conseguenze possono essere devastanti. Non si tratta solo di inefficienza amministrativa: è una questione di responsabilità morale”.

La battaglia di Francesco e Caterina continua, anche a livello legale, non solo per la figlia ma per “tutti coloro che si trovano a combattere contro un sistema che sembra aver dimenticato il significato della parola “cura” e il valore dei diritti fondamentali”.

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