Inter, niente Fabregas. La sconfitta di Marotta

  • Postato il 5 giugno 2025
  • Di Panorama
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Cesc Fabregas non sarà l’allenatore dell’Inter nella prossima stagione. I tentativi del club nerazzurro di strappare il tecnico catalano al Como si sono arenati al termine di due giorni frenetici nei quali l’unica certezza è stato il muro – invalicabile – che la società lariana ha alzato a difesa del contratto con l’allenatore fino al 2028. Non c’è stato verso per Beppe Marotta e Piero Ausilio di riuscire a cambiare il finale della storia, anche se i messaggi provenienti da Fabregas indicavano disponibilità e non chiusura.

Fabregas resta al Como e l’Inter rimane con il cerino in mano, in una sorta di stallo progettuale che era impossibile anche solo da immaginare avvicinandosi al finale della stagione quando nella testa di tutti, dirigenti, allenatore e giocatori, c’era il sogno di raggiungere il Triplete come nel 2010 di Mourinho. Non solo l’Inter è rimasta con un pugno di mosche in mano, pur in fondo a un’annata di grandi contenuti tecnici ed emotivi: Marotta e i suoi si sono fatti trovare completamente spiazzati dalla scelta di Simone Inzaghi di accettare la ricchissima offerta dell’Al Hilal volando in Arabia Saudita.

La chiusura del Como dopo una notte di tensioni

Che la strada fosse in salita al limite del rischio di ribaltamento si era intuito sin dalla mattinata. E’ successo quando il presidente del Como, il miliardario Mirwan Suwarso, è uscito allo scoperto per la seconda volte nell’arco di poche ore per ribadire il suo diniego a qualsiasi tipo di apertura a una trattativa: “Abbiamo comunicato il nostro rifiuto direttamente al presidente dell’Inter, che lo ha riconosciuto con la cortesia e la chiarezza che ci si aspetta da due società che si rispettano a vicenda. Per questo motivo, trattiamo le voci insistenti per il nostro allenatore come fantasia: difficilmente qualcuno insisterebbe dopo una risposta così chiara. Soprattutto una società del calibro dell’Inter”.

Un pugno avvolto in un guanto, una sorta di avvertimento all’Inter perché il corteggiamento con viaggio a Londra del direttore sportivo Piero Ausilio non era per nulla passato inosservato. Anzi. E anche il gioco di Fabregas di tenere socchiusa una porta che nelle intenzioni del club lariano doveva essere serrata da tempo così come accaduto anche nei giorni dell’interessamento di Roma, Bayer Leverkusen e Lipsia.

Inter, quanto caos nel finale di stagione

La cosa sorprendente non è come il Como si sia opposto a qualsiasi ragionamento sul futuro di Fabregas, che dei lariani è l’architrave ben al di là del semplice ruolo di allenatore. Il presidente Suwarso ha solo esercitato una facoltà guadagnata sul campo arrivando per primo a comprendere le qualità del suo allenatore e dandogli carta bianca su tutto, ma pretendendone anche fedeltà assoluta al progetto.

A stupire è che l’Inter sia arrivata totalmente impreparata alla resa dei conti con Inzaghi. Da almeno un mese l’uomo della seconda stella e delle due finali di Champions League trattava con gli arabi e, considerata la rapidità con cui ha rifatto le valigie per volare a Parigi e poi a Riad, è chiaro che la decisione era stata presa ben prima della scioccante sconfitta con il Psg.

Un orientamento che Marotta e Ausilio non sono stati in grado di intercettare e comprendere: primo errore. Il secondo è stato non essersi mossi di conseguenza. Con una settimana a disposizione prima di imbarcarsi per Los Angeles e affrontare il Mondiale per Club, non c’era margine per l’improvvisazione. Invece è accaduto esattamente questo. Con un duplice effetto collaterale pericolosissimo: chiunque siederà sulla panchina avrà appiccicato il bollino della terza o quarta scelta, nella migliore delle ipotesi, e nel frattempo tutti gli allenatori di primo livello si sono accasati.

Ora è più chiaro perché il Milan si sia affrettato, ad esempio, a mettere sotto contratto Max Allegri. Evitare ogni pericolosa sovrapposizione agendo mentre testa e cuore del mondo Inter erano a Monaco di Baviera per inseguire il sogno della coppa. La verità, però, è che in questa storia tutti hanno fatto i propri interessi, a partire dai tempi e modi di Inzaghi, e solo uno è rimasto spiazzato: Beppe Marotta.

Il ravvedimento operoso non sarà semplice e il danno di immagine si somma a quello della notte da incubo con il Psg. Non era preventivabile che a farsi trovare in fuorigioco fosse il dirigente più esperto del calcio italiano e tanto meno che a rincorrere si trovasse la società che fino a metà maggio era indicata da tutti come il parametro di confronto su come si debba lavorare per coniugare programmazione, gestione, vittorie e risanamento dei conti. Sembra passato un secolo, è solo meno di un mese fa.

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Panorama

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