Inter da impazzire: finale di Champions League!
- Postato il 6 maggio 2025
- Di Panorama
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Non è stata una partita ma un romanzo, scritto a più mani da due squadre meravigliose e imperfette, che hanno regalato una notte memorabile. Un altro 4-3 entra nella storia del calcio italiano e spinge l’Inter di Simone Inzaghi alla finale di Champions League a Monaco di Baviera. Non prendete appuntamenti per le ore 21 di sabato 31 maggio 2025: comunque vada a finire sarà il culmine di una stagione europea straordinaria di un gruppo in missione da settembre e che per spingersi a questo punto ha dovuto toccare tutte le corde tecniche, fisiche e morali che si chiedono per firmare un’impresa simile.
Epica, spaccacuori, lacerante nella sua selvaggia intensità. Questa è stata la sfida che a San Siro ha spedito l’Inter in paradiso e il Barcellona all’inferno. I nerazzurri l’hanno vinta, persa, rivinta e trattenuta con i denti più volte dentro 120 minuti indimenticabili. L’ha decisa un colpo da biliardo di Davide Frattesi, che a gennaio voleva andarsene perché giocava poco e che ha vissuto mezz’ora che vale una carriera: chissà se adesso ci avrà ripensato… Sua la firma che ha chiuso il tabellino, ma dentro la confezione della partita è difficile trovare il momento in cui la bilancia si è spostata dai nerazzurri ai catalani. Prima di Frattesi l’ha ripresa Francesco Acerbi, brutto e sgraziato ma straordinario nel gettare il cuore oltre l’ostacolo a tempo quasi scaduto per ribellarsi alla beffa della doppia rimonta. L’ha vinta Yann Sommer, il nuovo Acchiappasogni come lo fu Julio Cesar nella notte del Camp Nou dell’aprile 2010: irreale la parata su Eric Garcìa e fondamentale il tocco su Lamine Yamal nei supplementari.
E poi il sacrificio di Lautaro Martinez, capitano dimezzato che ha dato l’esempio lasciando anche il segno sulla sfida nel momento in cui tutto sembrava bello. I crampi di Niccolò Barella, sfatto dalla fatica, gli scatti di Marcus Thuram e Denzel Dumfries, che hanno corso fin quando ne hanno avuto e poi si sono rimessi a correre. E’ stata la notte dei riservisti: Taremi vivo come mai in stagione, Zielinski buttato nella mischia quando il centrocampo stava collassando, soldatino Darmian multiuso come un coltellino svizzero. Il già citato Frattesi. La notte di tutti, insomma. La notte di Simone Inzaghi che porta l’Inter a giocarsi una finale di Champions League per la seconda volta in tre anni e non è detto gli basti per mettere a tacere i critici a prescindere.
Il Barcellona può rimpiangere di non essere stato capaci cogliere l’attimo e di aver abbassato la guardia a un passo dal traguardo. Il futuro è dalla sua parte, il presente di Pedri e Yamine Lamal è già qualcosa di sensazionale ma non è bastato per prendersi il pass per la finale. I catalani hanno incassato sette gol tra andata e ritorno, troppi per sopravvivere, anche aggrappandosi a un talento e a una sfrontatezza senza eguali. Sono stati un avversario degnissimo, mai domo: si sono arresi a una notte di magia di quelle che solo pochi stadi – tra questi il vecchio San Siro – sanno regalare. Ecco, è possibile e auspicabile che tra qualche anno il Meazza rappresenti il passato, ma nel chiudere la sua storia sarà bene che si abbia il senso del rispetto per quello che rappresenta: un monumento che trasuda calcio, sa attraversare serate come questa, accompagnarle e quando possibile indirizzarle.
Inter-Barcellona è stato un romanzo, appassionante e a lieto fine. L’Inter va a Monaco di Baviera dove ha già firmato un’impresa enorme battendo il Bayern Monaco. Ci va con la consapevolezza che per il gruppo di Inzaghi è forse un ultimo giro, ma l’avvicinamento non sarà quello di Istanbul. Là i nerazzurri partivano sfavoriti, ora non più. La sensazione è che si trovino esattamente dove avevano pensato di poter essere.