Inter, Adriano: la parabola di un campione maledetto. L'ultimo sfogo dell'Imperatore

  • Postato il 7 settembre 2025
  • Di Virgilio.it
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Era il 14 agosto del 2001, più di 24 anni fa, quando il mondo intero scoprì il suo talento. Una punizione alla velocità di 178 km/h gelò il ‘Bernabeu’ e il Real Madrid facendo esclamare allo stadio e alla tv: “Chi è quello?”. Quello era Adriano Leite Ribeiro, 19enne talento brasiliano preso dall’Inter, e aveva appena segnato un eurogol davanti a 80.000 spettatori con i nerazzurri per il Trofeo Santiago Bernabeu pareggiando il gol di Seedorf. Sembrava l’inizio di una carriera da star e per qualche anno così fu, prima che il bomber annegasse il suo talento nell’alcol. Oggi Adriano è un uomo solo e un po’ disperato e non smette di ripeterlo come ha fatto anche ora intervenendo nel podcast “Boteco do Chula”, condotto dall’ex giocatore Aloisio Chulapa.

La telefonata che gli cambiò la vita

Cresciuto nella favela di Vila Cruzeiro di Rio de Janeiro (una delle più povere e malfamate) Adriano all’Inter era diventato l’Imperatore: quattro campionati italiani e diverse coppe, vinse anche con il Brasile la Copa América nel 2004 e la Confederations Cup nel 2005 ma una telefonata nel 2004 gli cambiò la vita.

Lo informarono della morte improvvisa del padre, figura cardine nella sua vita, e il suo delicato equilibrio psicologico cedette. Adriano entrò in vortice di depressione e abuso di alcol, tra frequenti cadute e sporadiche risalite. Lui stesso ha raccontato tutto a più riprese: “Tornavo a casa e trovavo qualsiasi motivo per bere. O perché c’erano i miei amici, o perché non volevo stare in silenzio.. Mi sdraiavo in un angolo senza nemmeno riuscire a sognare. Molte persone usano il calcio come valvola di sfogo, io invece avevo bisogno di una via di fuga da questo sport”.

La fuga nell’alcol e la depressione

“Mio padre era la mia via di uscita, ma quando è venuto a mancare l’alcol è diventato il mio più grande compagno. Bevevo e arrivavo tardi agli allenamenti. La società ha cercato di insabbiare tutto, tenendo la storia lontano dalla stampa. Ricevevo multe sullo stipendio ma non mi importava. Guadagnavo tanti soldi”.

Vicende raccontate anche nel libro autobiografico “La mia più grande paura”, scrittao in sinergia col giornalista Ulisses Neto: “Mi sono isolato, in Italia mi vedevo solo, triste e depresso e quindi ho cominciato a bere. Mi sentivo felice solo bevendo e non c’era notte che non lo facessi. Bevevo tutto: whisky, vino, vodka, birra. Tantissima birra. Non smettevo mai e alla fine ho dovuto lasciare l’Inter”. L’Inter ha provato ad aiutarlo: “Non sapevo come nascondere la cosa e arrivavo ubriaco all’allenamento. Mi presentavo sempe e lo staff mi portava in infermeria a dormire. Alla stampa l’Inter diceva che avevo problemi muscolari”.

“Ho capito dopo che il problema era la gente che avevo intorno – Amici che non facevano altro che portarmi alle feste con donne e alcool, senza pensare a nient’altro. Tornando in Brasile ho rinunciato ai milioni, ma ho ritrovato la felicità”. L’ultima stagione accettabile della sua carriera è stata al Flamengo, nel 2009 (32 presenze e 19 reti). Aveva 27 anni. Da allora, un “lungo addio” allo sport.

L’ultimo sfogo di Adriano

Oggi Adriano al podcast dell’amico ex calciatore ha ribadito che sono pochi i compagni con cui è ancora in contatto: “Non c’è prezzo per stare con le persone che ami. Non sono uno che rilascia interviste, ma oggi sono venuto con piacere. La verità è che a nessuno importa più di me. L’unico giocatore che mi chiama per sapere come sto è Aloisio Chulapa. Sono pochi quelli a cui importa degli altri. Sapete chi è stato l’unico giocatore che ha pianto per me, come essere umano? È stato Aloísio. È qualcosa che non si può spiegare. Male cose belle restano con noi”.

Autore
Virgilio.it

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