Intelligenza artificiale: un’opportunità o una minaccia per il lavoro?
- Postato il 13 settembre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Intelligenza artificiale: un’opportunità o una minaccia per il lavoro?
Giovanni Barretta, economista e membro del comitato scientifico di JPE ((Journal of Pluralism in Economics), durante un’intervista analizza le opportunità e i rischi dell’Intelligenza Artificiale sul mercato del lavoro e sul futuro della società.
Il 24 giugno scorso si è tenuto il I° Simposio Pontifico di Roma sull’intelligenza artificiale. La sensazione personale è che la maggior parte delle persone pensa all’intelligenza artificiale in termini di preoccupazione per i pericoli piuttosto che di entusiasmo per le opportunità che essa introdurrà nel sistema sociale ed economico. Una delle più forti preoccupazioni riguarda certamente il modo in cui l’intelligenza artificiale cambierà il mercato del lavoro e se essa metterà a rischio o meno l’occupazione. Le chiedo quindi di dirci onestamente come l’Intelligenza artificiale impatterà, secondo Lei, sul mondo del lavoro.
Nel I° Simposio Pontificio di Roma e nel primo numero della rivista scientifica JPE abbiamo avuto modo di approfondire gli impatti e le conseguenze concrete che l’intelligenza artificiale e le sue molteplici applicazioni avranno sul mercato del lavoro e sul rapporto tra lavoro e reddito, che si svilupperà secondo logiche e direttrici del tutto diverse, rispetto a quelle che finora abbiamo conosciuto. Con l’intelligenza artificiale, infatti, cambia profondamente il concetto di lavoro, il modo stesso di organizzarlo, prestarlo e remunerarlo. L’introduzione dell’intelligenza artificiale, infatti, sta già avendo e avrà ancor di più un impatto rilevante nel mondo del lavoro: dalla trasformazione dei ruoli lavorativi, alla riqualificazione della forza lavoro, fino alla creazione di nuovi profili e competenze.
Sul fronte dell’automazione, le potenzialità dell’IA stanno già conducendo alla progressiva eliminazione di compiti ripetitivi e monotoni, con la conseguente riduzione della manodopera, alla sostituzione del lavoro manuale in settori come la produzione, la logistica e l’agricoltura, che vedono il crescente impiego di robot e sistemi automatizzati. A soffrirne di più saranno soprattutto i lavoratori che possiedono competenze di tipo verticale, facilmente replicabili dai sistemi automatizzati; mentre coloro che hanno competenze di tipo orizzontale, si troveranno in una situazione migliore e potranno partecipare più attivamente al processo di trasformazione in atto. Al contempo, emergeranno sempre più nuovi ruoli e competenze con una domanda crescente per professionisti specializzati in queste tecnologie, come l’apprendimento automatico, il “data science” e lo sviluppo di sistemi intelligenti.
NUOVE PROFESSIONI E SCELTE DI GOVERNO
Si imporrà, necessariamente e ove possibile, anche la riqualificazione della forza lavoro esistente, con l’acquisizione di competenze digitali, per adattarsi ai cambiamenti tecnologici in atto. Per far questo le aziende e le istituzioni dovranno investire sempre più in formazione e sviluppo delle competenze. L’impatto dell’IA sul lavoro si svilupperà, sostanzialmente, su tre diverse direttrici: 1) la nascita di nuove professioni; 2) l’eliminazione di alcune delle professioni esistenti; 3) l’integrazione e la riconversione di alcune altre tra le attuali professioni. Secondo i principali istituti ed osservatori di ricerca che studiano il fenomeno, l’IA distruggerà più posti di lavoro, rispetto a quanti ne riuscirà a creare. Rispetto a queste nuove sfide, i Governi dovranno compiere, inevitabilmente, delle scelte di campo, che incideranno profondamente sul modo stesso di organizzare la convivenza sociale, garantendo pace e benessere.
Se quindi con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, per produrre, sarà richiesto sempre meno l’intervento umano, appare legittimo chiedersi: dove andrà a finire la remunerazione finora spettata ai lavoratori? Come si potrà evitare il collasso di benessere di alcune fasce di lavoratori?
Le possibilità che si intravedono, con effetti radicalmente diversi sul rapporto di convivenza tra comunità e individui, sono sostanzialmente due: uno scenario di crescente iniquità sociale e distributiva, in cui il profitto aggiuntivo generato dall’IA andrebbe retrocesso tutto all’imprenditore; un secondo scenario, di eguaglianza sociale, in cui tale profitto aggiuntivo verrebbe distribuito in modo da contribuire al finanziamento di un “reddito base universale”. Le scelte, quindi, si polarizzano, sostanzialmente, tra un modello idoneo a generare progressiva iniquità o uno che tende a maggiore equità sociale. Possono, naturalmente, esservi soluzioni intermedie che si muovono in questo intervallo e ciò dipenderà dal peso di tanti fattori – di natura, non solo economica, ma anche politica, etica e di ogni altro tipo che involve il più generale sistema valoriale su cui costruire ed organizzare la vita sociale – di cui si vorrà tener conto per garantire una convivenza prospera e pacifica.
INTELLIGENZA ARTIFICIALE: DUE SCENARI ECONOMICI E IL REDDITO BASE UNIVERSALE
Siamo dunque al cospetto di un importante bivio tra due scenari socio-economici completamente opposti che si profilano all’orizzonte: l’uno che ci porterebbe a subìre le innovazioni introdotte dall’intelligenza artificiale; l’altra che ci indurrebbe a cambiare il sistema di tutele sociali per non soccombere. Quale scenario, a suo avviso, è più probabile e come, eventualmente, sarebbe finanziato il reddito base universale?
La possibilità maggiormente auspicabile, è quella che si potrebbe definire di coesione e di eguaglianza sociale, in cui il profitto aggiuntivo generato dall’IA venga distribuito in modo da contribuire, ove necessario, al finanziamento di un reddito base universale. Il reddito base universale potrebbe, quindi, costituire la risposta alla probabile riduzione dei posti di lavoro, determinata dall’avvento dell’IA, assicurando una rete di protezione sociale adeguata per tutti i cittadini, anche non lavoratori. Tale prospettiva non si porrebbe, peraltro, neppure in contrapposizione al sistema capitalistico dominante, nella misura in cui si continuerebbe a premiare e retribuire, giustamente, il merito e le capacità di coloro che, intraprendendo e sviluppando le proprie competenze e professionalità, vorranno, comunque, aggiungere un ulteriore reddito a quello base universale, di cui risulterebbero già destinatari.
COME FINANZIARE IL REDDITO BASE UNIVERSALE
Lo sviluppo dell’IA sarà uno dei fattori determinanti per l’implementazione di un reddito base universale, ovvero una misura di welfare per cui tutti i cittadini di uno Stato saranno destinatari di un reddito regolare da distribuire loro, senza condizioni, né requisiti da rispettare. Su come finanziare il reddito base universale le proposte in campo prospettate da esperti ed economisti sono molteplici. Il dibattito si incentra su diverse soluzioni che prevedono di far ricorso alla leva fiscale, con l’istituzione di una tassa sui robot e una tassazione sulla digitalizzazione e sulle c.d.
Big Tech, e/o indirizzarsi progressivamente verso la tassazione del capitale, piuttosto che del lavoro. Quest’ultima soluzione viene, peraltro, suggerita da Sam Altman (CEO e cofondatore con Elon Musk di OpenAI), il quale descrive la possibilità di un futuro possibile (lo scenario è quello degli Stati Uniti d’America) in cui il capitalismo non genererebbe troppa disuguaglianza, se non in misura minima, e tutti avrebbero accesso a ciò di cui hanno bisogno.
Altman parte dalla premessa che nel capitalismo il prezzo del progresso è rappresentato dalla disuguaglianza, tema che, finora, secondo i paradigmi tradizionali, è stato affrontato tassando progressivamente il reddito. Questo modello non ha funzionato molto bene e in futuro funzionerà ancora meno. La soluzione, prospettata dal CEO di OpenAI per distribuire direttamente proprietà e maggiore ricchezza ai cittadini, è allora quella di indirizzarsi verso la tassazione del capitale, piuttosto che del lavoro, permettendo così di ridistribuire a tutti queste risorse, prospettiva realizzabile proprio in virtù dello sviluppo dell’intelligenza artificiale, in quanto questa genererebbe molta più ricchezza da distribuire.
L’IA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: SFIDE E OPPORTUNITÀ
Mi sembra di capire insomma che le sfide in questione siano maggiori di quelle immaginate e che esse coinvolgeranno necessariamente tutta l’organizzazione dello Stato, a cominciare dagli enti locali territoriali, che sono preposti a svolgere la maggior parte delle funzioni amministrative. E’ lodevole che ne abbiate voluto discutere pubblicamente invitando esperti da ogni luogo. Le chiedo pertanto di sintetizzarci quanto venuto fuori dal Simposio di Roma, comprese le prospettive delineate per la pubblica amministrazione e per gli enti locali in particolare.
Dal Simposio Pontificio di Roma sono giunti contributi importanti al dibattito pubblico, tenendo conto di tutti gli interessi in gioco, raccogliendo la sfida che l’IA ci lancia, guidando il processo con equilibrio e lungimiranza, preservando etica, sicurezza, trasparenza, equità, responsabilità e, soprattutto, l’Uomo. Si tratta di sfide nuove e rilevanti che, se non ben governate con idonee politiche di riqualificazione, riconversione ed integrazione rispetto alle macchine e ai sistemi automatizzati, potranno – anziché ridurre – moltiplicare ed aggravare i divari economici già presenti (individuali, di ambito collettivo ed anche di natura territoriale) e condurre a tensioni sociali sempre più forti.
La Pubblica amministrazione e gli enti locali devono partecipare a questa sfida, che è anche culturale, anzi esserne protagonisti, utilizzando tutte le opportunità per innovare la propria azione amministrativa e offrire sul territorio servizi sempre migliori e più efficienti ai cittadini; si pensi, ad esempio, alle importanti provvidenze offerte dalla Missione 1 del PNRR con gli investimenti finanziabili per la digitalizzazione, l’innovazione e sicurezza nella PA. La rivoluzione digitale in atto è in grado anche di annullare le distanze fisiche tra i territori, potendo contribuire a mitigare i preesistenti divari e le diseguaglianze economiche e sociali, come quelli tra Nord e Sud del Paese, tra Centro e Periferia, tra Aree della “Polpa” e quelle dell’”Osso”.
L’IA PER COMBATTERE DIVARI E DISEGUAGLIANZE
Queste ultime, accanto a quelle periferiche, grazie alla digitalizzazione, potrebbero uscire dalla marginalità economica in cui si ritrovano, contrastando i gravi fenomeni di cui soffrono, come il progressivo depauperamento materiale e lo spopolamento, tristissimo fenomeno che colpisce soprattutto le più giovani generazioni e tra questi coloro con un più alto grado di istruzione. Solo raccogliendo la sfida in modo corretto, contemperando con il giusto equilibrio gli opposti interessi ed esigenze, l’intelligenza artificiale potrà diventare per noi una reale opportunità, un enorme potenziale per stimolare ancor di più l’innovazione, migliorare l’efficienza, correggere i divari (anche territoriali) e le diseguaglianze e creare una società più equa e inclusiva.
Il Quotidiano del Sud.
Intelligenza artificiale: un’opportunità o una minaccia per il lavoro?