Infermieri aggrediti, il presidente dell’Ordine di Genova: “No all’esercito, serve la polizia h24”

  • Postato il 16 settembre 2024
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Psichiatria d’urgenza e

Genova. Gli ultimi due episodi, a distanza ravvicinata, agli ospedali Galliera e al Villa Scassi: in entrambi i casi a essere presi di mira sono stati infermieri, uno colpito con un pugno in faccia da un clochard, un’altra spinta e minacciata con un coltellino da un uomo infastidito perché la fidanzata non veniva visitata. Il tema della violenza sugli operatori sanitari è sempre più d’attualità, anche a Genova, pur trattandosi di una piaga con cui si fa i conti ormai da anni.

Il Governo proprio in questi giorni ha annunciato di essere al lavoro su una serie di provvedimenti ad hoc, tra cui l’arresto in flagranza differita, già attivato nell’ambito del contrasto alla violenza di genere con le modifiche al cosiddetto “Codice Rosso”. Da parte dei sindacati è invece arrivata la richiesta di aumentare i posti di polizia all’interno degli ospedali, mentre il ministro Schillaci ha ipotizzato di impiegare addirittura l’esercito per presidiare le strutture. Ne abbiamo parlato con Carmelo Gagliano, presidente dell’ordine delle professioni infermieristiche di Genova.

Gagliano, qual è la situazione negli ospedali genovesi? Si può parlare di emergenza?

Il fenomeno delle aggressioni ai sanitari, in particolare modo agli infermieri, è indubbiamente in preoccupante e costante crescita e  la professione infermieristica sempre più coinvolta. Soprattutto le colleghe, che sono l’80% dei professionisti italiani. Bisogna ricordare inoltre che i dati ufficiali che vengono pubblicati dagli enti preposti  rappresentano il 20% di quelli reali. C’è un enorme sommerso dato dal fatto che noi infermieri mettiamo già in conto che in particolari situazioni, giustificate dal punto di vista clinico, il paziente possa avere reazioni aggressive, e in quel caso derubrichiamo e non sporgiamo denuncia. È indubbio però che la situazione sia grave, ed è anche per questo che stiamo invitando i colleghi a denunciare a prescindere, anche in casi che solitamente non vengono riportati dalle cronache. 

A che tipo di casi fa riferimento?

Alle aggressioni verbali, che si verificano sempre più spesso nei reparti di degenza e negli ambulatori. E poi ai danni contro la proprietà. Ci sono casi in cui al personale sanitario vengono danneggiate auto, telefoni o altri oggetti. Il ministero sta chiedendo ai sanitari di denunciare proprio per avere la reale portata del fenomeno, e anche noi ci uniamo a questa richiesta. Il ministero sta facendo importante lavoro attraverso l’osservatorio nazionale per prevenire la violenza, e a ottobre partirà una survey nazionale con tutte le professionalità coinvolte. Anche per questo siamo molto d’accordo con alcuni nuovi strumenti cui si sta pensando.

Sta parlando dell’arresto in flagranza differita. Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Lavoro e Sanità, ha proposto di introdurre anche una sorta di “daspo sanitario”, ovvero l’estromissione dalla gratuità delle cure per un determinato periodo di tempo per chi aggredisce il personale sanitario.

Siamo estremamente d’accordo con l’arresto in flagranza differita (che prevede che si possa procedere con l’arresto, appunto, anche non in flagranza di reato, entro le 48 ore successive, a patto che l’aggressione sia opportunamente documentata, ndr).  Si deve dare un segnale alla popolazione, bisogna sapere a cosa si va incontro che si usa violenza sul personale sanitario. Siamo invece molto meno convinti del daspo sanitario e in generale su interventi che possono arrivare a impedire le cure. È un campo veramente delicato, ma è evidente che è necessario adottare misure immediate di intervento per sanzionare chi commette questo genere di reati. E di dare ampia diffusione ed eco mediatica a questi provvedimenti. Anche perché il rischio è che, dando notizia soltanto degli episodi di violenza, nei cittadini si sviluppi una sorta di “legittimazione” di questi comportamento.

Il ministro Schillaci ha avanzato anche l’ipotesi di coinvolgere l’esercito, un po’ come accaduto per l’operazione “Strade Sicure”. C’è il rischio che si “militarizzino” gli ospedali, strutture in cui di norma arrivano persone fragili e in difficoltà?

Prima di arrivare a questa misura estrema penso si debba lavorare perché siano le forze dei polizie a stabilirsi 24 ore su 24 all’interno dei presidi di pronto soccorso. Ne abbiano bisogno per due motivi: il primo perché il posto di polizia fisso funge da deterrente verso la violenza e consente un intervento immediato, il secondo è che in pronto soccorso si verificano tante situazioni di incidenti per cui si deve procedere con una denuncia, ed è una funzione che deve essere garantita. A Genova da un anno e mezzo sono stati reintrodotti quelli precedentemente chiusi, ma hanno un orario variabile. Noi chiediamo che siano garantiti 24 ore su 24.

Le notizie di cronaca riportano sempre più spesso che la violenza non arriva dai pazienti, ma dai parenti e dagli accompagnatori. Anche questo è un “nuovo” trend?

È vero che le aggressioni da parte di accompagnatori e familiari sono in preoccupante ascesa. Stiamo assistendo a un’escalation, cosa che appunto preoccupa perché nei pazienti mettiamo in conto possano esserci momenti di perdita di controllo dovuti alla situazione, al dolore, alla paura, a fragilità psichiche. Va detto che soprattutto dopo il Covid si è ingenerata una sorta di “iper reattività sociale“, di insofferenza all’attesa delle prestazioni e alla relazione sociale tra le persone. Gli episodi di violenza d’altronde aumentano a livello generale, c’è un problema sociale che va analizzato e studiato a tutto tondo, non solo per quanto riguarda le aggressioni nell’ambito della sanità.

 

Autore
Genova24

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