Inchiesta urbanistica, Sala non pensi che Palazzopoli sia finita: le ombre su Milano restano

  • Postato il 27 agosto 2025
  • Di Panorama
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Ma Beppe Sala è tornato dalle vacanze? Le ultime notizie che abbiamo di lui ce lo davano arrabbiato per non essere stato avvertito dello sgombero del Leoncavallo. Prima di allora si era fatto ritrarre sulle sponde del lago Maggiore, mentre con il bicchiere in mano si rilassava dopo le fatiche dei mesi scorsi. Un cocktail in faccia alle migliaia di famiglie rimaste senza casa e senza soldi grazie all’«interpretazione autentica della legge urbanistica» da lui voluta, che ha portato al blocco da parte della Procura di Milano di 150 cantieri e all’iscrizione nel registro degli indagati di 75 persone, tra cui lo stesso Sala. La fine del mese si avvicina e a settembre il primo cittadino del capoluogo lombardo dovrà risolvere la grana dello stadio di San Siro, ossia trovare una maggioranza che sostenga il suo progetto di far demolire il vecchio impianto sportivo e consentire alle società di calcio di costruirne uno nuovo di zecca, con più appartamenti, più negozi, più tutto, ma probabilmente meno incassi per il Comune.

Vista la situazione, immagino che Sala non smani dalla voglia di ritornare a Palazzo Marino, sede del municipio, e preferisca restare dov’è. Anche se alcuni giornali si danno da fare per spiegare come la Palazzopoli che ha sconvolto il Comune sia in realtà una tempesta in un bicchier d’acqua.

Da quando il Tribunale del riesame ha scarcerato imprenditori, architetti ed ex assessore, la stampa tende ad accreditare l’idea che il castello di carte della Procura sia crollato. Per quanto ci riguarda, fin dall’inizio avevamo scritto che le esigenze di custodia cautelare non ci sembravano necessarie, dato che non c’era pericolo di fuga, di reiterazione del reato o di inquinamento delle prove. Questo vuol dire che l’inchiesta sui grattacieli costruiti con una semplice Scia, ignorando la legge urbanistica, non poggi su solide basi accusatorie? Tutt’altro, e credo che nelle prossime settimane vedremo gli sviluppi delle indagini. Soprattutto cercheremo di capire quel che il primo cittadino della prima città per reddito e ambizioni vorrà fare per risolvere i problemi che ha davanti a sé da circa un anno. Davvero pensa di tirare avanti fino alla scadenza del proprio mandato come se nulla fosse accaduto, senza un assessore all’Urbanistica e senza una soluzione al problema delle famiglie rimaste incastrate nel rito immobiliare ambrosiano?

Prima della pausa estiva, Sala aveva parlato di una sorta di tavolo negoziale per aprire una trattativa con la Procura. Ma da quel che risulta, a Palazzo di Giustizia sono caduti dalle nuvole, non soltanto perché non esisterebbe nessuna trattativa fra Comune, imprenditori e pm, ma neppure potrebbe esistere, in quanto non contemplata dal codice penale. A che titolo dei pubblici ministeri potrebbero sedersi per discutere di come risolvere il problema di edifici realizzati in spregio alle norme urbanistiche? Se l’abuso c’è stato – e a quanto pare sia i pronunciamenti della Cassazione sia quelli del Riesame (che, pur revocando gli arresti, confermano l’interdizione per professionisti e costruttori) paiono confermare la tesi dei magistrati – l’unica soluzione possibile è quella di un accordo tra il Comune e le imprese coinvolte, per ottenere una regolare concessione edilizia e il pagamento degli oneri di urbanizzazione. Oppure la demolizione. Altre vie, con condoni tipo quello ipotizzato dallo stesso Sala con il cosiddetto Salva Milano, non esistono.

Può darsi che il sindaco stia meditando il da farsi. Ma forse, più che grandi pensamenti, dovrebbe prendere atto che la sua immagine di primo cittadino efficiente, moderno e rispettoso dell’ambiente e del tessuto urbano si è consumata per sempre. Le intercettazioni che escono a spizzichi e bocconi, le chat fra lui, i suoi collaboratori, gli architetti e i costruttori danno la sensazione di uno sviluppo della città che non è stato affatto ordinato, come si vorrebbe far credere, ma gestito con canali non ufficiali. Tra compiti fatti a casa dagli imprenditori e poi recapitati agli uffici comunali perché ne prendessero atto, cene in famiglia fra sindaco e «sviluppatore immobiliare» con relative consorti, riunioni tra professionisti che promettono di approvare tutto dopo abbondanti libagioni, la reazione più scontata è la voglia di voltare pagina, a cui solo il calcolo personale, di una carriera politica compromessa, può opporsi.

In discussione in questa inchiesta non c’è il modello Milano, come alcuni giornali ancora insistono a far credere all’opinione pubblica: c’è solo il rispetto delle regole. Nessuno, non qui fra noi per lo meno, è contrario alla crescita della città, alla ristrutturazione di edifici industriali abbandonati e alla loro trasformazione in insediamenti residenziali o commerciali. Tanto meno c’è qualcuno che si oppone ai grattacieli, come a un certo punto ha voluto lasciar intendere il sindaco. La sola obiezione avanzata è il rispetto della legge urbanistica, che significa due cose: un piano di governo del territorio e il pagamento degli oneri di urbanizzazione. Non si può accusare l’esecutivo di tagliare i fondi per i servizi e costringere i Comuni ad aumentare le tasse mentre si regalano centinaia di milioni ai costruttori. Fate pagare gli «sviluppatori» immobiliari e vedrete che non ci sarà ragione di rincarare la Tari e altre simpatiche gabelle.

Autore
Panorama

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