Inchiesta click day, il merito è di Meloni, è stata lei a presentare l'esposto da cui tutto è partito

  • Postato il 5 febbraio 2025
  • Di Libero Quotidiano
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Inchiesta click day, il merito è di Meloni, è stata lei a presentare l'esposto da cui tutto è partito

Il protocollo Italia-Albania, il caso Almasri e ora la deflagrazione dell'inchiesta sugli ingressi degli extracomunitari tramite il “click day”: il vero scontro tra governo e sinistra è sull'immigrazione. E l'arresto di Nicola Salvati, tesoriere del Pd campano, è un colpo pesante messo a segno da Giorgia Meloni, che la premier e i suoi rivendicano e il partito di Elly Schlein fa di tutto per nascondere, provando a spostare l'attenzione sul caso dell'ufficiale libico scarcerato e fatto tornare in patria. È una storia che inizia il 4 giugno. Quel giorno il capo del governo entrò nell'ufficio di Giovanni Melillo, procuratore nazionale Antimafia, per consegnargli un dettagliatissimo esposto sulle «sistematiche anomalie» registrate dall'esecutivo negli ingressi di lavoratori stranieri, provenienti soprattutto del Bangladesh. In quelle otto pagine, Meloni avvertiva della «esistenza di un collegamento tra organizzazioni presenti nel Paese asiatico e organizzazioni criminali presenti sul territorio italiano», in particolare in Campania.

La sinistra rispose ridendo. L'ex guardasigilli piddino Andrea Orlando bollò l'iniziativa come «molto stravagante», il governatore Vincenzo De Luca disse che la premier non era «stata informata che la competenza in questa materia è totalmente del governo» e il responsabile immigrazione dell'Arci parlò di «un'altra dimostrazione della mancanza di vergogna di questo governo».

 

Adesso l'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Salerno fa giustizia di tutto questo. Così, al ritorno dal vertice dei leader europei a Bruxelles, la prima cosa fatta dalla presidente del consiglio è stata riaffermare la giustezza di quella sua iniziativa, che ha consentito la scoperta di un «sistema criminale». Senza citare l'esponente del Pd coinvolto, che non è cosa da capo di governo (a quello provvedono i parlamentari della maggioranza). «L'inchiesta della Dda di Salerno, che ha portato a 36 indagati e svelato oltre duemila richieste false di permessi di soggiorno», si legge nella dichiarazione che Meloni ha affidato ai social network, «conferma ancora una volta quanto denunciato dal governo: per anni, la gestione dei flussi migratori è stata terreno fertile per criminali senza scrupoli».

Quel sistema, prosegue, «speculava sull'immigrazione, sfruttando cittadini stranieri disposti a pagare pur di ottenere un permesso di soggiorno e alimentando un giro d'affari illecito da milioni di euro». È per questo motivo, ricorda, che il governo ha «deciso di rafforzare i controlli per impedire che le quote di ingresso regolare finiscano nelle mani di chi sfrutta l'immigrazione per fare affari». Ed è per questo che lei stessa, a giugno, ha «presentato un esposto all'Antimafia per fare luce sulle troppe anomalie di questo sistema». Inevitabile impegno finale: «Continueremo a lavorare per ristabilire regole serie e legalità». In quel documento lasciato sulla scrivania di Melillo, infatti, il capo del governo illustrava due fenomeni spiegabili solo con l'intervento di una o più organizzazioni malavitose ben strutturate. Il primo dato portato all'attenzione del magistrato era «che le richieste di far affluire in Italia lavoratori stranieri da parte di imprese localizzate su alcuni territori (in particolare, la Campania) sono manifestamente eccedenti rispetto alla capacità del tessuto imprenditoriale dei territori stessi». Il secondo, «che gli stranieri affluiti in quei territori per finalità di lavoro non stipulano poi alcun regolare contratto di lavoro».

La tesi, insomma, era che ci fossero troppi extracomunitari “chiamati” a lavorare in certe zone d'Italia, pochissimi dei quali poi sottoscrivevano un contratto col datore che li aveva richiesti (in Campania, addirittura, meno del 3%). Il quadro che emerge dall'inchiesta salernitana certifica che la tesi era corretta e che la Procura nazionale antimafia era il posto giusto cui rivolgersi. Al resto, appunto, pensano gli eletti del centrodestra. «Ora è tutto più chiaro. C'è chi contrasta l'immigrazione illegale di massa e chi ha interesse a favorirla», è la linea del partito della premier. «Sarebbe interessante ascoltare cosa ne pensa il Pd, quello stesso partito che aveva ridicolizzato la denuncia di Meloni all'Antimafia e che non perde occasione per mostrarsi più dalla parte dei trafficanti che da quella dei migranti», attacca Raffaele Speranzon, vicepresidente dei senatori di Fdi. Per la Lega parla Matteo Salvini: «Siamo sconcertati da queste notizie che coinvolgono i “buoni e generosi” del Pd. Se le accuse fossero confermate sarebbe gravissimo».

Il forzista Maurizio Gasparri ricorda che «sul Pd campano grava anche la sconcertante vicenda del presidente della Provincia, Alfieri, legatissimo a De Luca, che stando agli arresti domiciliari non si dimette da presidente della provincia di Salerno. Una vergogna assoluta». Franco Alfieri è stato arrestato nell'ambito di un'inchiesta per presunti appalti truccati e ieri si è svolta la prima udienza del suo processo. Per i democratici campani è un brutto momento sotto l'aspetto giudiziario, e il centrodestra ha tutta l'intenzione d'infierire.

 

 

 

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Libero Quotidiano

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