Incatenati, appesi a testa in giù, scordano come si cammina: l'orrore di Hamas contro gli ostaggi
- Postato il 11 febbraio 2025
- Di Libero Quotidiano
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Incatenati, appesi a testa in giù, scordano come si cammina: l'orrore di Hamas contro gli ostaggi
Trattare i prigionieri di guerra con umanità. In Occidente se ne parla – e si codifica in materia – dai tempi della Prima guerra mondiale mentre una sistemazione della materia è arrivata dalla Terza Convenzione di Ginevra nel 1949. Ma chi sono i prigionieri di guerra? In senso stretto i militari del Paese nemico, in senso lato tutti i miliziani, combattenti e partigiani purché armati. Se è necessario trattare tutte queste persone con umanità figurarsi allora come si dovrebbero trattare dei civili disarmati, fra i quali tanto inermi come anziani e bambini. La questione non è poi solo occidentale e neppure tanto moderna. Già nell'Antico Testamento si legge: «Quando uscirai e ti accamperai contro i tuoi nemici, guardati da ogni cosa cattiva».
(Deuteronomio 23:10). Sempre in Deuteronomio è fatto divieto di «accostarsi» a una donna strappata al nemico se non le si permetterà di «piangere sua madre e sua padre per un mese». Passato il mese di lutto il “conquistatore” potrà prenderla in sposa. «Se in seguito non ti sentissi più di amarla, la lascerai andare a suo piacere, ma non potrai assolutamente venderla per denaro né trattarla come una schiava, per il fatto che tu l'hai disonorata». Queste le regole di un mondo che già all'alba dei tempi cercava di definirsi civile.
Qualche millennio dopo la stessa regione dove l'Antico Testamento ha visto la luce deve soffrire gli orrori di Hamas. All'aumentare del numero degli ostaggi israeliani rilasciati (con il contagocce e fra mille umiliazioni) dai jihadisti palestinesi aumenta anche il numero dei resoconti sulla disumanità dei secondini gazawi, sulle violenze fisiche e psicologiche inflitte a centinaia di civili, strappati alle loro case il 7 ottobre del 2023. E non stiamo parlando delle operazioni chirurgiche senza anestesia per amputare un arto o ricucire una ferita causata dagli stessi aggressori che quel giorno massacrarono più di 1.200 persone nel giro poche ore.
Gli ostaggi a Gaza, e i corpi emaciati degli ultimi tre liberati lo testimoniano, sono stati intenzionalmente affamati. Per 15 mesi. E se essere sequestrati durante un pogrom in cui la tua comunità d'origine viene messa a ferro e fuoco e i tuoi parenti e conoscenti uccisi con sadismo, alla fame i carcerieri di Hamas hanno aggiunto altre violenze fisiche e psicologiche. Al 65enne Kieth Siegel, per esempio, non solo era fatto divieto di parlare ma anche di tenere gli occhi aperti. Per mesi. Sigi Cohen ha riferito quanto le hanno riportato gli ostaggi appena liberati: suo figlio Eliyah, 26 anni al momento del rapimento, viene tenuto in un tunnel, è stato incatenato per tutta la durata della sua prigionia, riceve poco cibo o luce del giorno e soffre per una ferita non curata: il 7 ottobre 2023 i sequestratori gli hanno sparato a una gamba. «Hanno detto di essere stati abusati di recente: è spaventoso», ha aggiunto la signora Cohen, ricordando che a Gaza ci sono 22 giovani il cui rilascio non è neppure previsto in questa fase «e dei quali non si parla».
Quando è stato rapito, il pianista Alon Ohel aveva 22 anni. Ieri ha compiuti 24 anni in un tunnel di Gaza. Sua madre, Idit Ohel, ha parlato con l'israeliano Canale 12: «Ha schegge in un occhio, schegge nella spalla, schegge nel braccio. Lo tengono sempre in catene e non gli danno quasi da mangiare: al massimo un panino al giorno; e questo da molto più di un anno: il primo ministro non può dire di non sapere o di non essere stato informato sullo stato degli ostaggi. Ogni giorno è l'inferno».
Uno dei tre uomini liberati sabato scorso, il 34enne Or Levy, ha parlato anche del trattamento che lui stesso ha subito: «Ero legato in un tunnel al buio, senza aria, senza luce. Non potevo stare in piedi. Solo verso il momento del rilascio i terroristi mi hanno tolto le catene così che potessi re -imparare camminare». Neanche espletare i propri bisogni fisiologici era possibile: «Abbiamo dovuto convincere i rapitori» che una volta sola al giorno non era possibile. Romi Gonen è stata liberata tre settimane fa ma adesso ha bisogno di un'operazione chirurgica da dieci ore per riparare ai danni della denutrizione. Ma c'è chi sta peggio di lei: chi è stato marchiato a fuoco, chi è stato appeso a testa in giù e chi imbavagliato con tessuto spesso da non riuscire quasi a respirare. A Gaza restano ancora 73 ostaggi: 34 di loro sono già morti.
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