In Spagna il 40% dei roghi Ue, ma non c’è solo il clima: politica nel mirino tra pompieri in sciopero e proteste di piazza
- Postato il 24 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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L’estate 2025 verrà ricordata in Spagna soprattutto per gli incendi che hanno devastato vaste aree del Paese. Secondo i dati del Sistema Europeo di Informazione sugli Incendi (EFFIS), il 40% di tutta la superficie bruciata nell’Unione Europea quest’anno si trova in Spagna: tra il terzo e il quarto trimestre, sono andati distrutti 391.581 ettari in 230 incendi, e il bilancio è ancora provvisorio. L’area più colpita è la Galizia occidentale, dove oltre nove focolai, solo nella provincia di Ourense, hanno carbonizzato più di 72.000 ettari. Situazione simile in Castilla y León, con oltre 150.000 ettari colpiti da roghi rimasti attivi per giorni. Dietro queste cifre c’è un insieme di fattori strutturali: clima mediterraneo sempre più estremo, siccità prolungate, aumento della vegetazione non gestita e spopolamento delle aree rurali. “Serve raddoppiare gli investimenti nella prevenzione, fino a superare il miliardo annuo”, avverte Rubén Laina, ingegnere esperto in incendi e professore alla Universidad Politécnica di Madrid. Ma la realtà è che i fondi restano scarsi, e il divario tra ciò che si spende per spegnere e ciò che si investe per prevenire continua ad allargarsi.
Pompieri in prima linea con stipendi fermi a 17 anni fa – La crisi non è solo ambientale. È anche una frattura politica e sociale. I vigili del fuoco forestali denunciano condizioni di lavoro inaccettabili: contratti precari, carenza di dotazioni, e una normativa nazionale mai decollata per coordinare le competenze regionali. Alcune élite, come i BRIF (Brigadas de Refuerzo en Incendios Forestales), hanno ottenuto contratti statali stabili, ma per molti la situazione resta insostenibile. Emblematico il caso di Madrid, dove i salari sono fermi a un contratto collettivo che avrebbe dovuto essere aggiornato 17 anni fa. È uno dei motivi che ha spinto i pompieri a proclamare uno sciopero di un mese, in piena stagione estiva, poi sospeso per non lasciare sguarnite le squadre durante l’emergenza. “Dopo anni di promesse non mantenute, la pazienza è finita”, ha dichiarato il portavoce nell’Assemblea di Madrid, accusando la società pubblica Tragsa di rifiutare il negoziato e il governo di Isabel Díaz Ayuso di sottrarsi alle proprie responsabilità. La denuncia è durissima: “Mentre gli incendi aumentano in frequenza e pericolosità, continuiamo a svolgere un lavoro ad altissimo rischio con stipendi che non permettono nemmeno di coprire i costi di vita di base”, spiega Jesús Molina Pino, presidente del comitato aziendale, che rappresenta CGT, UGT e il sindacato indipendente Firet. Si parla di 1.200 euro al mese per un lavoro che mette a rischio la vita.
Piazze piene: “Un bosco va curato 12 mesi all’anno” – Alle fiamme si somma la rabbia sociale. A Valladolid, migliaia di persone hanno attraversato il centro storico chiedendo le dimissioni del presidente della Junta di Castilla y León, Alfonso Fernández Mañueco (Partido Popular), e del suo assessore all’Ambiente, Juan Carlos Suárez-Quiñones. Sotto lo slogan “Contro il fuoco dell’inazione, vogliamo prevenzione”, i manifestanti hanno ricordato Nacho, Abel e Jaime – il pompiere e i due volontari morti nei roghi di León. “Prima spopolato, poi incendiato” e “Un bosco va curato 12 mesi all’anno” sono i motti che sintetizzano la protesta: rabbia contro chi ha tagliato fondi per la prevenzione e lasciato crescere l’abbandono delle campagne. In Galizia la mobilitazione è ancora più diffusa: 26 municipi hanno ospitato presidi contro la gestione forestale della Xunta, guidata da Alfonso Rueda, anch’egli del Partido Popular. La piattaforma “per una montagna galiziana con futuro” denuncia una “politica forestale assente” e accusa la regione di aver sprecato risorse preziose. Dal 2018, infatti, la Xunta ha speso 5,2 milioni di euro in campagne pubblicitarie anti-incendi, affidate a media vicini al PP, senza trasparenza. Una strategia avviata da Alberto Núñez Feijóo – oggi leader nazionale del partito – e proseguita da Rueda. Paradossalmente, quasi la stessa cifra (5,4 milioni di euro) è stata stanziata per misure di prevenzione, ma finora non è stato speso un solo euro. Questo squilibrio – comunicazione invece di prevenzione – alimenta la sfiducia verso la politica locale.
Danni economici e richieste di stato di emergenza – L’incendio non si spegne con le fiamme. Le conseguenze pesano sull’economia, sul turismo e sui trasporti. L’UGT chiede per le zone colpite la dichiarazione di “area di emergenza” per attivare aiuti e proteggere l’occupazione. In Galizia, dopo sette giorni di sospensione, è stato ripristinato il collegamento ferroviario Madrid-Galizia: 101 treni cancellati e oltre 50.000 passeggeri coinvolti. Renfe, l’impresa pubblica del trasporto ferroviario, ha predisposto servizi straordinari per ridurre i disagi. Numeri drammatici, vuoti normativi, proteste sociali e accuse di mala gestione. Questa estate di fuoco ha messo in evidenza una verità: la Spagna non è solo vittima del cambiamento climatico, ma anche di decenni di scelte politiche miopi. La richiesta che sale dalle piazze è chiara: più prevenzione, trasparenza nell’uso dei fondi, stabilizzazione dei lavoratori e investimenti reali. Solo così il Paese potrà spegnere non solo le fiamme di oggi, ma anche il rischio di incendi politici e sociali domani.
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