In Myanmar oltre 2mila morti per il terremoto. Tre persone estratte vive dalle macerie 60 ore dopo
- Postato il 31 marzo 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Si continua a scavare sotto le macerie in Myanmar, dopo che un terremoto di magnitudo 7.7 vicino a Mandalay, la seconda città più grande del Paese, ha distrutto vite e case. Secondo quanto riferito dalla giunta militare, al momento le vittime sono 2.056. Oltre 3.400 i feriti e migliaia i dispersi. Le analisi più aggiornate condotte dal servizio geologico degli Stati Uniti, l’Usgs, indicano che il sisma è stato generato dalla rottura di una faglia, avvenuta lungo una porzione di almeno 450 chilometri, più che doppia rispetto a quella stimata inizialmente. “Il dato è suscettibile di ulteriori aggiornamenti – osserva la sismologa Concetta Nostro dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – perché in Myanmar non è disponibile una rete sismologia e tutte le analisi vengono condotti da stazioni distanti dalla zona dell’epicentro”.
Intanto prosegue il lavoro di ricerca: a quasi 60 ore dal disastro, sono state estratte vive tre persone: si tratta di un bambino di cinque anni, una donna incinta e una 29enne. Tutti e tre erano rimasti intrappolati tra le macerie di un palazzo crollato a Mandalay: all’operazione di salvataggio, durata cinque ore, hanno preso parte i soccorritori cinesi, russi e locali. Strage anche tra i fedeli musulmani: oltre 700 sono rimasti uccisi, nelle 60 moschee danneggiate o distrutte dal terremoto. Tun Kyi, membro del comitato direttivo dell’organizzazione Spring revolution Myanmar muslim network, ha aggiunto che la maggior parte delle moschee danneggiate erano edifici vecchi e quindi più vulnerabili ai terremoti. Le vittime del crollo del grattacielo a Bangkok sono 12: si tratta di otto uomini e quattro donne, che si aggiungono ad altre sette persone morte nella capitale thailandese. Si ritiene che ci siano ancora 75 lavoratori dispersi intrappolati nell’enorme cumulo di macerie e i soccorritori continuano la ricerca di sopravvissuti.
Violenze della giunta militare e popolazione piegata da terremoto e povertà: la testimonianza – Nonostante la catastrofe umana del sisma la giunta militare, però, continua a bombardare i villaggi, ha spiegato Khiang Thinzar Aye, alias Boke Boke, media coordinator Myanmar (Ctum), detenuta e torturata in carcere per tre anni per le sue idee non conformi al regime, intervenendo in video collegamento alla tappa conclusiva della campagna itinerante ‘Come un’onda, contro la violenza sulle donne’, promossa da Rai Radio1 e Giornale Radio Rai, in corso all’Università Statale di Milano. “Il terremoto ha devastato le regioni di Mandalay e Sakai, uccidendo e lasciando una marea di persone al limite della sopravvivenza. Prima del terremoto, però, già 3 milioni e 600 mila persone erano sfollate all’interno del Paese in condizioni di estrema povertà e difficoltà; ora, a questi, si devono aggiungere altri 12 milioni di persone con enormi problemi di accesso all’area perché questa è una delle regioni più complicate per l’assistenza umanitaria a causa del conflitto in corso”, ha detto. Nonostante la popolazione sia stata ulteriormente piegata dal terremoto, ha spiegato l’attivista, “i militari stanno attaccando i lavoratori del sistema umanitario; subito dopo il terremoto hanno continuato a bombardare i nostri villaggi. Nessuno ne parla, ma questo è un dato gravissimo. Le Nazioni Unite hanno dichiarato che questi bombardamenti sono oltraggiosi e inaccettabili. Il rappresentante speciale Tom Andrews dei diritti umani, rappresentante speciale dell’Onu, ha dichiarato alla Bbc che si tratta di una situazione assolutamente incredibile che i militari stiano continuando a buttare bombe invece di cercare di salvare il proprio popolo dal terremoto. Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a tutto questo”.
Khiang Thinzar Aye aggiunge che “gli effetti delle devastazioni sono immensi, ma il tentativo di commettere i crimini di guerra, contro l’umanità e contro i civili in tutto il Paese sta continuando. Il colpo di Stato del 2021, messo in atto dalle forze armate birmane per rovesciare il governo di Aung San Suu Kyi, è servito per utilizzare gli aiuti umanitari come armi per uccidere. Il terremoto, poi, ha esacerbato le violenze e gli abusi, le ingiustizie pregresse come la violenza sessuale e il lavoro forzato. Le condizioni nelle carceri, specie per le donne e le persone Lgbt, stanno peggiorando, le carceri sono sovraffollate, non c’è assistenza sanitaria, c’è il lavoro forzato e queste persone vengono picchiate e abusate”. Come risposta al disastro, “gli aiuti umanitari sono cruciali, ma dovrebbero essere dati senza vincoli, in collaborazione con le organizzazioni indipendenti. Gli aiuti dovrebbero dare priorità alla tutela delle donne, fornendo case sicure, medicinali e supporto legale. E anche gli sforzi di ricostruzione dovrebbero concentrarsi non soltanto nella ricostruzione delle infrastrutture, ma anche nel garantire il sostegno alle donne e alle persone detenute, oltre che a medici, infermieri e volontari che stanno lavorando in modo clandestino per portare aiuti alle popolazioni che stanno soffrendo. Chiediamo quindi a tutti di darci una mano e di lavorare al nostro fianco”.
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