In Italia è l’ora dell’atomo. I piani del governo e il fattore consenso
- Postato il 26 novembre 2024
- Economia
- Di Formiche
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Ai tempi dei grandi interrogativi sul Green new deal, le cui scadenze hanno colto di sorpresa e impreparata l’industria dell’auto e della scommessa, tutta da decifrare, dell’auto elettrica, il nucleare torna al centro del dibattito. E, attenzione, non è solo una questione di palazzo, di strategia politica. Sono gli stessi italiani a crederci sempre di più, come dimostra uno sondaggio di Swg presentato in occasione della sesta edizione dell’Intelligence week – di cui Formiche è media partner -, joint venture di Vento & Associati e Dune Tech Companies, a Palazzo Altieri, sotto lo slogan Dalla formazione all’industria, la ripartenza del nucleare in Italia. A dibattere sul futuro dell’atomo in Italia, sono stati manager, esperti, economisti e rappresentati delle istituzioni, unitamente ai ministri del Made in Italy, Adolfo Urso e dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin. Mentre tra le imprese che hanno sostenuto l’iniziativa figurano Edison, Enel, newcleo, Sogin, Alpha Ring, Protection Solutions e Transmutex.
Ebbene, partendo proprio dal senso degli italiani per l’atomo, un cittadino su due voterebbe per un ritorno al nucleare secondo Swg. Addirittura il 79% considera la newco lanciata da Enel, Ansaldo e Leonardo e di cui si sta parlando in queste settimane con l’obiettivo di portare in Italia il nucleare di ultima generazione, “un’adeguata risposta al crescente bisogno di elettricità nel Paese”. Solo un cittadino su dieci, tuttavia, conosce le tecnologie più evolute attualmente allo studio, a partire dagli Small modular reactors, considerati tra i più promettenti per le potenziali efficienze sui costi e l’elevata sicurezza. Strumenti però di cui solo una minoranza sa che possono riutilizzare le scorie come combustibile. Insomma, oltre il 51% degli italiani sarebbero pronti a votare a favore della costruzione di centrali nucleare di nuova generazione nel caso di fosse un referendum consultivo.
Fermo restando che la sicurezza resta una prerogativa essenziale e imprescindibile. Tanto che meno di un italiano su tre sa come vengono gestiti oggi i rifiuti radioattivi in Italia. In generale prevale un senso di inadeguatezza. Riguardo la collocazione di nuove centrali, sempre secondo Swg, il 30% preferirebbe che fossero costruite nei siti che ospitavano le vecchie centrali, mentre il 43% vorrebbe che fossero edificate in nuovi siti definiti idonei dalle autorità. Inoltre, il 71% degli italiani ritiene che la realizzazione di un’opera autorizzata secondo tutti i criteri di sicurezza definiti dallo Stato, sia essa una nuova centrale nucleare o un deposito di stoccaggio di prodotti radioattivi, non può essere fermata da movimenti di protesta minoritari.
Poi tocca alla politica trovare i giusti raccordi con i cittadini e, soprattutto, le imprese. E qui la parola è passata al governo. Per il ministro Pichetto Fratin, per esempio, occorre “riaprire una strada troppo a lungo rimasta chiusa verso un nuovo nucleare, che è una esigenza per il nostro Paese che vuole mantenere gli impegni ambientali firmati a livello internazionale. La strada del nucleare sarà non in antitesi con la promozione della crescita delle rinnovabili: occorre portare entro fine anno la prima bozza di legge delega in Parlamento”.
Ancora più specifico il titolare del Mimit, Urso. “Per riaprire la possibilità dello sviluppo di questa tecnologia, il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, in sintonia con il nostro dicastero, sta preparando un collegato alla legge di bilancio al fine di creare un quadro legislativo e finanziario stabile e sostenibile in grado di promuovere investimenti finali nel settore. Il governo, nel frattempo, in piena coesione di intenti, sta lavorando a una società dedicata alla costruzione di reattori nucleari di terza generazione avanzata e di quarta generazione con in prospettiva obiettivi nella fusione nucleare”.
Non è finita. Di mezzo c’è il veicolo sopra menzionato, nella cui partita potrebbe entrare anche Newcleo, la startup fondata da Stefano Buono che ha già raccolto oltre mezzo miliardo da circa 700 azionisti. E qui Urso ha dato la rotta. “Puntiamo a definire tutto entro la fine della legislatura, prevedendo anche una significativa partnership tecnologica straniera. Tutto questo sarà possibile solo se lavoreremo insieme per accogliere il largo consenso degli italiani, a partire dalle generazioni più giovani e consapevoli. Entro la fine dell’anno l’Italia punta a dotarsi della prima newco a trazione pubblica con i big di Stato per aprire la strada al ritorno del nucleare. I lavori sono in corso e i vari pesi sarebbero già stati definiti, con Enel che avrebbe la quota di maggioranza con il 51%, seguita da Ansaldo Nucleare col 39% e da Leonardo col restante 10%”.
Dal punto di vista delle imprese, infine, Aurelio Regina, delegato di Confindustria per il nucleare, ha chiarito come “noi come industria possiamo fare il nostro pezzo e inserire questi micro reattori all’interno delle nostre industrie, facendo poi una comunità energetica. Le nuove tecnologie elettronucleari sicure e di taglia ridotta potranno giocare un ruolo importante per il sistema industriale, in quanto potranno essere installate nei siti produttivi gas ed energy-intensive (hard-to-abate) fornendo l’energia elettrica e il calore di processo di cui hanno bisogno”.