In Coppa Davis i “tennisti operai” portano l’Italia in trionfo mentre a Ginevra si tratta e a Napoli si spera
- Postato il 24 novembre 2025
- Sport
- Di Blitz
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La meravigliosa vittoria degli azzurri in Coppa Davis ha concluso una domenica dominata, sul fronte internazionale, dalle trattative per l’Ucraina e in Italia dal silenzio elettorale per il voto in tre importanti regioni.
I tennisti azzurri meritano una citazione a parte. Prive dei due assi, Sinner e Musetti, le riserve hanno dato spettacolo. Per Roma, quella di ieri, è stata una giornata da non dimenticare.
Dal circolo romano alla Coppa Davis

– Blitzquotidiano.it (foto Ansa)
Matteo Berrettini e Flavio Cobolli sono nati e cresciuti nella Capitale, addirittura nello stesso circolo.
Per giunta nella classifica della serie A del calcio la squadra giallorossa, guidata da Gian Piero Gasperini è prima in graduatoria, senza altre compagini con gli stessi punti.
Anche di fronte a risultati così rilevanti, c’è chi la butta in politica e titola che hanno vinto i “tennisti operai”. Ovverosia: quando l’ideologia non ha confini.
Pace vicina fra Russia e Ucraina?
E passiamo al palcoscenico internazionale. Quante volte in questi ultimi mesi abbiamo sentito dire che “la pace è vicina” tra Ucraina e Russia?
Quante volte abbiamo gioito perché si era ad una passo dalla tregua, dalla fine dei bombardamenti, dalla distruzione di un Paese, dalle migliaia di morti che questo conflitto stava provocando?
Anche oggi, dilaga l’ottimismo: ne è quasi sicuro Marco Rubio, il segretario di Stato americano; ne è in un certo qual modo convinta pure Giorgia Meloni, la quale afferma che per arrivare a firmare il trattato basta migliorare il piano di Donald Trump.
L’Europa ne suggerisce uno nuovo in 28 punti, gli stessi del presidente americano. Si può davvero sperare? È bene rimanere con i piedi in terra e non correre troppo avanti. Certo, qualcosa di concreto si è mosso nella riunione di Ginevra, dove si sono incontrati i portavoce dei big del mondo: ma bisogna stare attenti alle marce indietro a cui la Casa Bianca ci ha abituati. Un giorno si, e un altro no. Così è stato per i dazi; così pure quando si è trattato di maltrattare Zelensky per poi lodarlo.
A tutto questo si aggiunge quella retorica ideologica che avvolge l’Europa un po’ dappertutto. L’Italia è maestra a proposito. Quando Giorgia Meloni si è mossa approfittando della sua amicizia con Trump, subito l’opposizione si è schierata dicendo che la premier continuava a essere assoggettata a Donald e quindi non bisognava fidarsi delle sue iniziative.
Aiutare il vecchio continente a trovare una difficile quadra vuol dire essere asserviti ad un alleato? Oppure significa che, in questo modo, si possono finalmente far tacere le armi?
Comunque sia, la prudenza non è mai troppa: non solo per i continui cambi di umore del tycoon, ma soprattutto perché il Cremlino non si è ancora pronunciato. È favorevole o contrario all’iniziativa di Trump? Risposte vaghe per non dire silenzio. Sorrisi e magari telefonate amichevoli, nulla più.
Giorgia Meloni ritiene che il presidente russo non è favorevole alla pace, meglio ad una pace che non lo riconosca vincitore assoluto del conflitto. L’Ucraina deve perdere gran parte dei suoi territori, l’esercito deve essere ridimensionato e non avere più peso, Zelensky deve lasciare la presidenza per un nuovo governo che sia completamente al servizio della Russia.
Se questi sono i presupposti, si capisce bene che la pace è ancora di là da venire, Però, con i dittatori non si sa mai. Un mattino la pensano in un modo, ventiquattr’ore dopo in maniera completamente diversa. Stando così le cose, è necessario aspettare e incrociare le dita anche se non si è superstiziosi.
Per giovedì, come vorrebbe la Casa Bianca, non si arriverà ad una conclusione, cioè alla fine della guerra, ma si possono davvero gettare le basi per un futuro più tranquillo e meno violento.
Per quanto riguarda casa nostra, si è in attesa dei risultati delle regionali che dovrebbero dare una risposta definitiva entro la serata di oggi. Si spera in un’affluenza maggiore, anche se i primi dati non sono confortanti. Colpa di chi non va a votare o di una politica che sa soltanto litigare e non risolvere così i tanti problemi del Paese?
Pronostici non se ne fanno,essere troppo favorevoli ad una vittoria o a una sconfitta vorrebbe dire essere coinvolti domani in una polemica senza fine, C’è chi sostiene però che due sono le persone che debbono essere maggiormente preoccupate per il responso: Elly Schlein che vedrebbe fallire ancora una volta il suo progetto del campo largo e Giorgia Meloni perché perdere clamorosamente potrebbe rinvigorire l’opposizione che pensa in tal modo di dare una spallata all’esecutivo. Solo chiacchiere per il momento, la realtà potrebbe riservarci sorprese che nessuno ritiene al momento possibili.
La lettura dei giornali offre poche novità, se si eccettuano le notizie che riguardano lo scacchiere internazionale. Ancora una manifestazione di protesta a Genova, dopo quella di Bologna (“I danni li pagherà chi li ha causati”, risponde piccato il ministro Piantedosi alla proposta del sindaco Lepore), le minacce al giudice in gonnella che ha tolto i pargoli alla famiglia che vive in un bosco non lontano da Chieti (siamo contrari, bisogna discutere, le sfide non servono a nessuno), una intervista in esclusiva del Foglio a Sigfrido Ranucci, il quale rivela di essere un catto comunista (“Non avevamo dubbi”, replicano alcuni esponenti della maggioranza)
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