In Benin c’è una mostra itinerante in cui l’arte sfida le norme sociali e le strutture economiche  

  • Postato il 18 novembre 2024
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  • Di Artribune
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La mostra itinerante Dig Where You Stand, giunta alla quarta edizione è stata pensata dalla African Artists Foundation come un’indagine per capire come l’arte possa sfidare le norme sociali e le strutture economiche. Il progetto arriva adesso in Benin, presso la Fondation Zinsou Musée di Ouidah, e la Galerie Les Ateliers Coffi, di Cotonou, fino al 1° dicembre. Oltre 50 opere, tra dipinti, fotografie e installazioni, di 22 artisti, fra cui Zanele Muholi, Joana Choumali, Charbel Coffi, Roméo Mivekannin. La curatrice Delali Ayivi, Melissa Iiboudo Houadjeto, direttrice della Galerie les Ateliers Coffi e Halima Moumoni-Jeanjean, direttrice della Fondation Zinsou, ci raccontano la genesi e gli scopi del progetto. 

La genesi del progetto Dig Where You Stand in Benin 

Come è stato concepito Dig Where You Stand? 
Delali Ayivi: il progetto è stato concepito dal fondatore di African Artists Foundation, Azu Nwagbogu, come risposta alla necessità di un cambiamento radicale nel modo in cui ci relazioniamo con il capitale, l’arte e le più ampie realtà socio-politiche del continente africano.  

C’è qualche presupposto filosofico in questo? 
D. A.: Sì, l’iniziativa trae ispirazione dalla filosofia di Sven Lindqvist e incoraggia le comunità a rivendicare e ricercare la propria storia da una prospettiva decoloniale. L’idea è di usare l’arte come veicolo di restituzione e rigenerazione, allontanandosi dalle gerarchie tradizionali e offrendo un approccio orientato alla soluzione per questioni contemporanee come migrazione, trasferimento e circolazione delle risorse. È un invito a ripensare la proprietà e il patrimonio, collegando al contempo l’Africa con le sue diaspore attraverso interventi artistici. 

MAR+VIN, GuaranÖ. Courtesy of MAR+VIN and Galerie Gomis
MAR+VIN, GuaranÖ. Courtesy of MAR+VIN and Galerie Gomis

Gli artisti selezionati per il progetto Dig Where You Stand in Benin 

Come sono stati selezionati gli artisti? Cosa avete trovato di interessante nelle loro pratiche? 
D. A.: Il processo di selezione si è concentrato su artisti che si impegnano attivamente con le comunità in cui sono radicate le loro idee. Siamo stati particolarmente attratti da pratiche che non solo esplorano temi di decolonizzazione e restituzione, ma propongono anche nuovi modelli su come l’arte possa contribuire alle economie rigenerative e al cambiamento sociale.  

Ci fa un esempio? 
D.A.:Una di queste artiste è Silvia Rosi, la cui serie Teacher Don’t Teach Me Nonsense indaga le implicazioni del colonialismo su lingua e identità. Ogni opera accompagna lo spettatore nel suo viaggio per rivendicare la sua lingua madre, sottolineando la potente connessione tra lingua e identità. L’indagine di Silvia sulla storia dell’Africa occidentale sottolinea l’importanza della nostra storia orale e della sua conservazione. 

Cosa puoi dirci a proposito della presenza femminile nel progetto? 
D. A.: Le artiste in Dig Where You Stand apportano un livello essenziale di profondità all’esplorazione di identità, memoria e decolonizzazione. Il film Retiro di Natalia Lassalle-Morillo ne è un potente esempio. In questo lavoro, Natalia riflette su come le donne trasmettano i ricordi di generazione in generazione. Il suo film a tre canali esplora l’intersezione tra genere, aspettative familiari e invecchiamento a Porto Rico. Questo meta-approccio rivela le complessità del trauma materno e delle storie ereditate. 

L’impatto del progetto sul Benin e sui giovani artisti 

Esiste un programma di eventi per i giovani, all’interno del progetto?
D. A.: Sì, l’istruzione e il coinvolgimento della comunità sono elementi chiave di questo programma. Stiamo implementando workshop rivolti a studenti di età compresa tra 10 e 16 anni, simili al programma Youth Empowerment and Community Engagement (YECA) della African Artists Foundation. Questi gruppi di lavoro si concentrano sulla promozione della creatività e sulla fornitura di uno sbocco per la libera espressione. Cosa fondamentale, dato l’accesso limitato all’istruzione creativa in molte scuole africane. Introducendo la produzione artistica sia come forma di espressione che come percorso di carriera praticabile, l’African Artists Foundation mira a dare potere ai giovani e ad aiutarli a conoscere e usare il proprio potenziale creativo. 

Come descrivereste la scena artistica contemporanea del Benin? 
Melissa Iiboudo Houadjeto: È una scena dinamica che unisce tradizione e modernità. Gli artisti sono profondamente influenzati dalla loro cultura e dalle loro tradizioni; molti si percepiscono come ambasciatori e custodi del loro patrimonio. Le opere affrontano vari temi, dall’identità nazionale alla globalizzazione, e utilizzano una varietà di media, dalla pittura alla performance. In breve, l’arte contemporanea in Benin interroga la società mentre celebra la ricchezza culturale del paese.  

E ci sono realtà o istituzioni particolari che si stanno affermando? 
M. I. H.: Con le attuali dinamiche del governo beninese, le produzioni culturali e artistiche vengono sempre più evidenziate, sia a livello nazionale, sia internazionale. Stanno emergendo anche nuove gallerie. Insieme, questi elementi creano un ecosistema che favorisce lo sviluppo di opportunità per gli artisti nazionali. Come nuove gallerie, abbiamo osservato che c’è ancora molto da fare, poiché il Benin è ricco di talenti che richiedono supporto tecnico e materiale. 

Cosa significa questo progetto per il Benin? Può essere un’occasione per rafforzare i rapporti degli artisti locali con i colleghi stranieri? 
Halima Moumoni-Jeanjean: Questa esperienza ci ha permesso di confrontare il pubblico con le opere di nuovi artisti e argomenti insoliti. Ma ci ha anche permesso di stabilire legami tra strutture museali in diversi paesi africani, di scoprire i rispettivi modi di lavorare e, così facendo, di rafforzare i nostri team e di elaborare nuove idee. Ha anche permesso ad artisti di diversi Paesi di incontrarsi e, eventualmente, di sviluppare idee di lavoro. Queste collaborazioni internazionali sono una vera opportunità per condividere le visioni degli artisti sul continente e la comunità. C’è un forte desiderio comune di sviluppare la propria percezione e i propri standard in linea con le realtà locali, e allo stesso tempo forgiare un rapporto collaborativo con il mondo. Nel corso degli incontri a margine della mostra Dig Where You Stand in Benin, gli artisti hanno scoperto il lavoro di colleghi che non conoscevano, hanno potuto scambiare e condividere le loro esperienze. In questo modo si cerca di superare la mancanza di familiarità reciproca, riferimenti diversi, obiettivi diversi, difficoltà di comunicazione e risorse limitate. 

Niccolò Lucarelli 

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L’articolo "In Benin c’è una mostra itinerante in cui l’arte sfida le norme sociali e le strutture economiche  " è apparso per la prima volta su Artribune®.

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Artribune

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