In America c'è chi mette in discussione la Mls e il modello americano del calcio
- Postato il 25 settembre 2025
- Di Il Foglio
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In America c'è chi mette in discussione la Mls e il modello americano del calcio
Per quasi trent’anni, la MajorLeague Soccer (Mls) ha governato il calcio professionistico negli Stati Uniti come un monopolio. Era l’unica lega maschile riconosciuta in Division I del sistema calcistico statunitense, con controllo centralizzato, espansione a prezzi astronomici e un modello chiuso che escludeva le ambizioni interne: se volevi giocare ai massimi livelli, dovevi entrare dalla porta che l’Mls apriva, e pagare per farlo.
Adesso la United Soccer League (Usl) ha annunciato che lancerà un proprio campionato di Division I maschile nel 2027-28, con l’obiettivo di affiancare l’Mls e portare con sé un sistema di promozione e retrocessione.
L'annuncio però ha un’altra chiave di lettura: dietro la mossa c’è un importante ingresso di capitale da parte di BellTower Partners, guidata da Kewsong Lee, ex ceo di Carlyle. Non è un’operazione di facciata: è un affondo con mezzi che l’Mls fino a oggi ha considerato quasi esclusivi.
Negli ultimi anni la Usl ha mostrato ambizioni strutturali: investimenti in infrastrutture – stadi, progetti immobiliari legati ai club – e un discorso di sostenibilità locale. Le sue basi sono meno “monolitiche” rispetto alla Mls: i club hanno più autonomia e c’è più varietà nel modello. Con l’annuncio della Division I e del sistema di promozione e retrocessione, la Usl cerca di completare il suo ecosistema: una piramide professionistica che parte dal basso e arriva in alto.
La Usl, oggi, non è “la lega minore che sogna in grande”. Da anni struttura campionati professionistici – Usl Championship, League One – e dilettanti – League Two – all’interno di un ecosistema con leghe giovanili, femminili e progetti infrastrutturali. E con questa mossa vuole salire ai massimi livelli, riscrivendo regole, rapporti di potere e le prospettive stesse del calcio americano.
L’ingresso di BellTower Partners dà un ingrediente che mancava: credibilità finanziaria istituzionale. Non un gruppo locale, non un “ricco appassionato”, ma un soggetto che conosce infrastrutture, sviluppo urbano e grandi operazioni di mercato. Quella credibilità spalanca porte su collegamenti politici, sponsor e investitori che prima guardavano solo alla Mls.
Sull’altro fronte, l’Mls ha dalla sua una storia, relazioni radicate con l’U.S. Soccer, sponsor consolidati e un brand nazionale e internazionale riconosciuto. Per mantenerlo, però, dovrà decidere se cambiare pelle o chiudersi ulteriormente.
La partita sta nel controllo delle regole: quanto peso avrà il diritto sportivo, quanta autonomia avranno i club, chi sceglie le città che accedono al vertice e chi decide chi resta fuori.
Nel frattempo, i club “di mezzo” guardano il mercato con occhi diversi. Se una squadra locale ha sempre sognato di crescere ma non poteva permettersi i prezzi d’ingresso dell’Mls, oggi può immaginare un percorso alternativo: investire in infrastrutture, crescere legittimamente, scalare la piramide.
Non stiamo parlando di una rivalità tra due leghe che si contendono audience: è una guerra per il modello del calcio negli Stati Uniti. L’Mls ha detenuto il controllo strutturale per quasi tre decenni. Ora quel controllo è forzato a confrontarsi con un concorrente che non arriva “dal basso” con sogni utopici, ma armato di capitali, infrastrutture e un progetto chiaro.
Il calcio statunitense sta per entrare non in una semplice disputa sportiva, ma in una battaglia istituzionale: tra chi vuole un sistema chiuso e protetto e chi vuole un sistema aperto, dinamico e scalabile. La posta in gioco non è soltanto quale lega guiderà il Paese, ma quale idea di calcio resisterà nel tempo.
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