In Alaska con la felpa dell’Urss: la provocazione di Lavrov e quell’avvertimento sulla Guerra fredda
- Postato il 15 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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E’ un uomo che arriva da quel passato. Nato nel 1950 sotto la dittatura di Iosif Stalin, ha mosso i primi passi nella diplomazia all’inizio degli anni ’70 come consigliere dell’ambasciata sovietica in Sri Lanka. Da lì ha percorso tutto il cursus honorum, attraversando indenne la caduta del comunismo e risalendo le gerarchie durante la transizione verso la democratura di Vladimir Putin, fino ad arrivare nel 2004 a guidare il ministero degli Esteri di Mosca. Dotato di gusto della provocazione, arrivando oggi al vertice organizzato per decidere delle sorti del conflitto in Ucraina Sergei Lavrov si è mostrato alle telecamere indossando una felpa con la scritta “Cccp“, in cirillico “Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche“. La cui contrapposizione con gli Stati Uniti nella seconda metà del ‘900 aveva portato il mondo sull’orlo della guerra nucleare.
Alla guida della diplomazia di un regime che ha fatto della nostalgia verso l’Unione sovietica uno strumento per consolidare il consenso e giustificare i suoi obiettivi politici, di riferimenti alla Guerra fredda Lavrov ne ha fatti parecchi negli ultimi anni. Solo dall’inizio dell'”operazione militare speciale” in Ucraina l’ha evocata almeno tre volte in dichiarazioni ufficiali e in un crescendo di drammaticità studiata per mettere in guardia l’Occidente. “Ancora una volta, come durante la Guerra Fredda, siamo giunti a una linea pericolosa, e forse ancora più pericolosa”, ha detto il 23 aprile 2023 presiedendo la riunione del Consiglio di Sicurezza Onu. “Gli Usa e i suoi alleati abbandonano la diplomazia e premono per la soluzione delle controversie sul campo di battaglia”, aveva aggiunto da ministro del paese che poco più di un anno prima aveva mandato i carri armati a invadere il territorio di Kiev.
La Nato è tornata agli “schemi della Guerra Fredda”, aveva bissato il 12 luglio 2023 dopo che i paesi dell’Alleanza in un vertice a Vilnius avevano garantito a Kiev la “fornitura continua” di armamenti con “priorità alla difesa aerea, all’artiglieria e al fuoco a lungo raggio” e discusso di una sua futura adesione al Patto. L’apice è arrivato nella riunione dei ministri Osce a Malta del 5 dicembre 2024: gli Usa, aveva detto il ministro, hanno stracciato tutti gli accordi nel campo del controllo delle armi firmati negli anni ’80 con lo scopo di “fare tornare la Nato sulla scena politica”. “Dopo la vergogna dell’Afghanistan – ha aggiunto – c’era bisogno di un nuovo nemico unificante e i il risultato è la reincarnazione della Guerra Fredda, soltanto con un rischio molto più alto che passi ad una fase calda“.
In quasi ogni occasione di confronto Lavrov ha rievocato i tempi della contrapposizione tra i blocchi. E il modo in cui negli anni lo ha fatto ha conosciuto fasi alterne. Se il 23 aprile del 2009, durante la crisi dell’Ossezia del Sud, accusava la Nato di usare una ”logica di confronto da Guerra Fredda”, il 21 gennaio 2015 dopo l’intervento in favore dei separatisti nel Donbass dell’anno precedente giurava che Mosca “non vuole e non consentirà una nuova Guerra fredda” invitando gli Usa a tornare ad una “cooperazione costruttiva“. Ma la sua visione della questione l’aveva messa in chiaro molti anni prima.
Il 6 marzo 2006, da capo della diplomazia in carica, Lavrov aveva firmato un lungo editoriale sulla Rossiskaia Gazieta in cui rievocava il discorso con cui il 5 marzo di 60 anni prima Winston Churchill all’università americana di Fulton additava nell’Urss il nuovo mortale nemico e denunciava la “cortina di ferro” scesa a dividere in due l’Europa. Con quelle parole, scrisse Lavrov, ‘il premier britannico “prolungò la vita del regime staliniano” e creò una miriade di conflitti locali costati “milioni di vite umane”. Negli stessi giorni, in un rapporto del Council on Foreign Relations, gli Stati Uniti avevano criticato la deriva autoritaria interna avviata da Putin e l’uso spregiudicato dell’arma energetica nella crisi appena aperta sul costo del gas naturale con l’Ucraina.
Così la citazione di questa mattina assume un duplice significato. Arrivando con una felpa della Cccp al vertice che dovrebbe decidere le sorti della guerra con Kiev, Lavrov ha parlato agli avversari occidentali, mettendoli in guardia sul prosieguo del conflitto, e all’opinione pubblica russa: noi siamo quelli di un tempo, è il messaggio, l’Ucraina ci appartiene. L’eterno ritorno della Storia.
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