Impauriti, minacciati e aggrediti. La solitudine dei veterinari della sanità pubblica: 108 casi denunciati

  • Postato il 16 marzo 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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C’è un piccolo mondo “violento” contro chi si occupa di sanità pubblica che è perlopiù sconosciuto ai cittadini e probabilmente ignorato dalle istituzioni. Sono i medici veterinari che ogni giorno per le Asl di competenza infilano gli stivali e controllano, ispezionano e magari sanzionano allevamenti, macelli oppure si occupano di animali maltrattati. Ebbene quello che la cronaca ormai ci abituato a conoscere con le aggressioni a medici e infermieri di ospedali e ambulatori si riflette in egual o forse maggior misura sui camici bianchi specializzati negli animali. Perché questa categoria spesso impegnata in luoghi lontani dalle città “soffre” di una sorta di solitudine. “Un isolamento fisico e mediatico” racconta un veterinario lombardo a cui fu teso un agguato fuori da un macello di bovini: gli fu rotto il naso (30 giorni di prognosi) e decise di iscriversi a lezioni di Kung fu. Possiamo scrivere solo questo senza aggiungere altro, né la provincia né il periodo, perché questi professionisti sono continuamente minacciati e hanno paura di esporsi. Come è capitato a una veterinaria che lavora in centro Italia per cui è stata predisposta una radio sorveglianza dopo essere stata aggredita verbalmente “Cagna in calore l’epiteto meno volgare”, stalkerizzata, seguita e spiata. Il FattoQuotidiano ha deciso di occuparsi del fenomeno dopo il caso di un veterinario inseguito con un coltello e poi quasi strozzato in un macello in provincia di Lecco. È stato cercando di capirne di più che è emersa la cortina di paura che avvolge questi medici.

Oltre 100 aggressioni – La spiegazione, forse, è nei numeri forniti dal sindacato dal Sindacato Italiano Veterinari Medicina Pubblica: in un dossier sono registrati 108 casi di aggressioni tra i loro iscritti negli ultimi 10 anni. Senza contare che dei quasi 5mila veterinari di sanità pubblica non tutti fanno riferimento al sindacato. E l’elenco è davvero lungo: minacce verbali, danneggiamenti, attentati incendiari a auto personali (come avvenuto nel Foggiano nel 2021) e di servizio o a uffici, minacce di morte o segnali di morte (cadaveri di animali o teste mozzate sulla porta di casa), attentati incendiari e dinamitardi a abitazioni private (come avvenuto nel Casertano sempre nel 2021), aggressioni fisiche (come nell’Avellinese nel 2022), aggressioni a mano armata, proiettili o esplosivo spediti a domicilio, tentato omicidio (come nel caso di Lecco), scritte minacciose e offensive, discredito sui social e fenomeni di stalking, minacce nei confronti dei familiari, apprezzamenti personali offensivi. Alcuni episodi sono finiti nelle pagine di cronaca, altri magari non sono arrivati neanche alle forse dell’ordine. Non mancano i confronti, a volte molto tesi, con gli animalisti come avvenuto in Lucchesia alla fine del 2022 per l’abbattimento di un cinghiale o nel settembre del 2023 nel Pavese per i maiali dela santuario Cuori liberi. Difficile quindi dare un volto e un nome a questa paura; perché questi medici si sentono costantemente nel mirino neanche fossero collaboratori di giustizia e occupandosi esclusivamente della salute degli animali e anche della nostra.

“Non è mafia” ma – “Io dopo l’aggressione sono tornato nello stesso impianto – racconta il medico a cui hanno rotto il naso – non è stato facile. Certo è che tutte le volte che prendevo una decisione, mi dovevo fermare e riflettere. L’aggressione e la relativa denuncia non si è trasformata in un’indagine perché non è stato possibile individuare i due energumeni, scesi da una Bmw, forse dell’est, che prima gli hanno detto che dovevano parlargli, poi gli hanno spruzzato dello spray al peperoncino negli occhi, quindi hanno cominciato a colpirlo e hanno continuato anche quando era a terra: “Mi è spiaciuto non aver aver considerato la targa, non averla memorizzata”. Dopo l’aggressione si è scritto ad arti marziali per non aver più paura. Del resto la questione può essere molto delicata: sospendere le attività di un impianto, ordinare l’abbattimento di capi, proporre il sequestro può avere su titolari e gestori conseguenze economiche enormi: “Noi muoviamo grossi interessi economici, controlliamo grossi interessi economici. Ma non stiamo parlando di mafia. Ci sono tantissimi che lavorano correttamente e fanno girare un’economia”. Il sistema agroalimentare italiano, dall’agricoltura alla ristorazione, vale oltre 522 miliardi di euro e rappresenta il 15% del Pil nazionale, da qui i conti sono presto fatti. Eppure “la gente non sa che che noi esistiamo e che lavoro facciamo. Chiunque sa chi è il NAS e cosa fa, più o meno. Io ho degli amici a cui ogni tanto devo spiegare cosa faccio” cioè garantire che la bistecca o la coscetta di pollo nel piatto ci sia arrivata in sicurezza e che gli animali siano stati trattati secondo protocolli e procedure.

“Sicurezza a rischio” – Ma c’è solo l’aspetto economico da considerare. Ci sono veterinari che si occupano di randagismo, per esempio o di maltrattamenti di animali. Ed è stato proprio durante un intervento in una casa per “salvare” due cani che sono iniziati i guai per una veterinaria del Centro Italia. “Quando sono arrivata i poliziotti mi hanno fatto vedere il video del maltrattamento in cui c’era questo proprietario che, ripetutamente, con un asse di quelle da cantiere picchiava un cane. Quando siamo entrati in casa i cani erano nascosti sotto i letti. Quando si sono tranquillizzati e sono usciti, si sono praticamente attaccati alle nostre gambe, non non si schiodavano più. Come dei bambini. Siamo stati tutti aggrediti, compresi i poliziotti”. Quei cani, sequestrati, il giorno dopo sono stati portati via dal canile.

“Oltre alla necessità di procedure con la procura e a volte non è semplice – spiega la dottoressa – noi non lavoriamo in strutture protette. Negli ospedali invece è un ambiente diverso: ci sono colleghi, c’è il presidio della Polizia. Noi lavoriamo nei canili, nei mattatoi, andiamo negli allevamenti, spesso siamo soli. Quindi diciamo che la nostra sicurezza è sempre più a rischio. Oltretutto noi facciamo un tipo di attività che è la prevenzione, non curiamo. La nostra attività a volte è scomoda: facciamo sanzioni, sottoponiamo gli animali a sequestro, il nostro controllo non è sempre gradito all’utente. Mentre il malato, il paziente che va a farsi curare teoricamente si rapporta con la speranza di ricevere una cura”. Senza contare che le veterinarie sembrano essere anche più a rischio: “È intuitivo, ma naturalmente il genere femminile è quello più più esposto”.

Le denunce – Il salvataggio dei due animali per la dottoressa ha comportato minacce di ogni tipo sul telefono personale e quello del lavoro perché la denuncia con i suoi dati era stata acquisita dall’avvocato dei proprietari: “Una valanga insulti irripetibili. Una violenza verbale pari a quella fisica che avevo visto nei confronti del cane. Ho avuto paura a sporgere denuncia perché già mi sembrava sufficientemente pericolosa la situazione in cui mi trovavo, ho segnalato all’azienda che non subito è intervenuta. In prima battuta non hanno ritenuto di dover fare denuncia. Nel mio interesse, per le indagini e per la mia protezione sono stata interrogata più volte del delinquente”. Quindi è stata assegnata una videosorveglianza: “Trovo spesso e volentieri la pattuglia dei Carabinieri fuori casa. Un po’ meno in canile, dove occorrerebbero dei dispositivi di protezione: qui non c’è il citofono, non ci sono le telecamere”. Così quando qualche mese dopo il denunciato si è presentato fuori dal cancello del canile non è stato ripreso: “Io fortunatamente non ero ancora arrivata, lui sbraitava che mi cercava e ai colleghi ha detto ditele comunque che tanto la trovo”. Tutto questo colpendo a calci e pugni il cancello. Quando i carabinieri sono arrivati, era sparito. Ma a questo punto è partita anche la denuncia dell’Asl: “Ho guadagnato altri interrogatori”.

Il sindacato – In un contesto così difficile il sindacato cerca di fare la sua parte ricordando che c’è “un enorme carico di lavoro per assolvere i controlli previsti per legge, per garantire ai cittadini la salubrità degli alimenti, prevenire malattie infettive zoonotiche (ricordiamo che circa il 75% delle malattie che hanno colpito l’uomo negli ultimi 10 anni è stato trasmesso da animali o da prodotti di origine animale) e tutelare l’intera filiera economica”. Senza contare “le emergenze sanitarie che vanno affrontate in modo concreto e tempestivo come ad esempio la Peste Suina Africana che mette a rischio una filiera di straordinaria importanza per l’economia italiana e il prestigio agroalimentare delle nostre imprese; l’influenza aviaria che a sua volta rischia di mettere in ginocchio l’intera filiera avicola e la minaccia della afta epizootica è ormai alle nostre porte. Tutto questo viene gestito quotidianamente con professionalità dai servizi veterinari delle Asl nei quali operano i medici veterinari”. Che si sentono soli, isolati e ignorati e dei sui problemi forse se ne è parlato troppo poco.

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