Ilva, si ferma anche l’ultimo altoforno per controlli: produzione azzerata per 96 ore
- Postato il 4 luglio 2025
- Lavoro
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
Nei giorni in cui il governo prova a stringere per salvare l’Ilva, l’acciaieria si ferma. Da lunedì 7 a giovedì 10 luglio, Taranto non avrà neanche un altoforno in marcia. Novantasei ore a produzione zero: un inedito. Nessuno, nemmeno in ambito sindacale, ricorda un giorno in cui l’ormai ex stabilimento più grande d’Europa non abbia prodotto acciaio. Neanche ai tempi di ArcelorMittal, quando l’allora amministratrice Lucia Morselli annunciò lo spegnimento degli altoforni ma non arrivò mai a fermare totalmente la produzione.
L’unico altoforno ora attivo, l’Afo4, verrà infatti fermato – come aveva anticipato Ilfattoquotidiano.it il 25 giugno – per poter procedere con alcune ispezioni ai refrattari (i mattoni che rivestono la parte interna dell’impianto). Come aveva spiegato il direttore generale Maurizio Saitta ai sindacati, l’impianto ha avuto alcuni problemi legati all’invecchiamento dei componenti e quindi si è deciso di avviare le attività di verifica delle condizioni interne. Con Afo2 che avrebbe dovuto ripartire in inverno e invece lo farà con dodici mesi di ritardo e Afo1 sotto sequestro senza facoltà d’uso dopo l’incidente del 7 maggio, i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia, gestore dell’Ilva e in amministrazione straordinaria, non possono permettersi un collasso anche dell’ultimo altoforno attivo.
Così si è preferito fermarlo per 96 ore e ispezionarlo internamente. Grazie a questa attività preventiva, ad avviso dei manager del siderurgico, si arriverà al fermo per manutenzione già previsto a gennaio con un quadro più chiaro degli interventi da fare. Un modo, insomma, per non ritrovarsi in una situazione simile a quella di Afo2, le cui manutenzioni si sono allungate di dodici mesi a causa delle condizioni del crogiolo che erano assai peggiori di quanto si pensasse a causa della precedente gestione, quella di ArcelorMittal.
L’Ilva insomma entra in una settimana calda in stallo produttivo, seppur programmato. Il 7 luglio i ministri Adolfo Urso e Marina Calderone incontreranno i sindacati metalmeccanici alla vigilia del faccia a faccia “a oltranza” con Regione Puglia, Provincia e Comuni di Taranto e Statte per arrivare alla firma dell’accordo di programma.
Il passaggio – complicato dal “no” degli enti locali alla nave rigassificatrice in porto – è ritenuto decisivo dal governo per poi procedere con l’Aia e tentare così di neutralizzare l’attesa sentenza del Tribunale di Milano sulla chiusura dell’area a caldo (che non sarà comunque esecutiva) ed entrare nel vivo di un negoziato con Baku Steel lontano dal chiudersi. Basti pensare che Urso aveva dato mandato di trattare in esclusiva con gli azeri lo scorso 27 marzo e invece ora, come confermato ufficialmente da Acciaieria d’Italia, sono tornati in gioco anche Jindal e Bedrock.
Nei giorni scorsi era perfino circolata l’ipotesi che i forni elettrici potessero essere costruiti a Genova, aggirando il niet di Taranto al rigassificatore in mare. Un’ipotesi che non sta in piedi e viene respinta anche dai sindacati: “Non ci sia una battaglia e una rivalità. Nel 2005 a Genova fu proposto il forno elettrico ma giustamente decise che in quel momento specifico non era la soluzione. Adesso, a fronte di discussioni che si stanno realizzando a Taranto, giustamente, sulla riconversione, fare operazioni di persuasioni o pressione nei confronti della comunità per dire che se i forni non li vogliono a Taranto li portiamo a Genova penso sia una cosa sbagliata”, ha detto il segretario generale della Uilm Rocco Palombella chiedendo anche di accorciare i tempi per la sostituzione degli altoforni con forni elettrici. “Tredici anni – ha avvisato – sono un’eternità”.
L'articolo Ilva, si ferma anche l’ultimo altoforno per controlli: produzione azzerata per 96 ore proviene da Il Fatto Quotidiano.