Ilva, l’Anm al governo: “Gravi le accuse di falsità alla procura di Taranto. Serve rispetto dei ruoli”

  • Postato il 16 maggio 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Le accuse di aver detto il “falso” sulle autorizzazioni per mettere in sicurezza l’altoforno 1 dell’Ilva di Taranto dopo l’incidente del 7 maggio alzano lo scontro tra governo e magistratura. L’ennesima uscita del ministro delle Imprese Adolfo Urso ha portato la giunta esecutiva distrettuale leccese dell’Associazione nazionale magistrati a intervenire sulla vicenda. Esprimendo “solidarietà” e “vicinanza” ai colleghi di Taranto, che ricadono nel distretto di Lecce, la giunta presieduta da Vincenzo Scardia ripercorre quanto avvenuto nei giorni successivi all’incendio che ha portato i pubblici ministeri a sequestrare l’impianto senza facoltà d’uso.

“Nessuna altra interlocuzione, se non quella documentata da apposite istanze scritte, pervenute all’Ufficio di Procura nelle forme e nei modi di legge, ha coinvolto gli organi inquirenti e i destinatari del provvedimento di sequestro”, rimarca l’Anm di Lecce definendo “particolarmente gravi” le accuse di “ritardi, inerzie e peggio ancora di falsità addebitate” con “colpevole superficialità a fronte di eventuali responsabilità che andranno accertate nelle sedi opportune tenuto conto della gravità della vicenda”.

Il sindacato delle toghe richiama poi l’invito alla “collaborazione istituzionale” avanzato da Urso: “Non può prescindere dal riconoscimento e rispetto reciproco dei ruoli, dovendosi ancora una volta ribadire che compito della magistratura, in questo come in ogni altro caso posto alla sua attenzione, è quello di accertare i fatti e le singole responsabilità penali, anche – anzi soprattutto – nel superiore interesse dei diritti della collettività, primo fra tutti quello alla salute”.

Giovedì Urso, spalleggiato da diversi esponenti di Fratelli d’Italia che continuano a chiedere l’invio degli ispettori del ministero della Giustizia a Taranto, era tornato ad attaccare la procura. Il nodo della questione sono i tempi con cui il pubblico ministero Francesco Ciardo, titolare dell’inchiesta sull’incendio, ha autorizzato gli interventi per “salvare” l’altoforno che necessita di particolari procedure per non subire danni visto che la sua marcia si è arrestata improvvisamente. Secondo il ministro, le mosse della procura lo avrebbero “compromesso”. Un danno gravissimo insomma.

Non solo, il ministro sostiene anche la procura abbia detto il falso quando ha risposto alle prime accuse arrivate dal governo. La procuratrice Eugenia Pontassuglia aveva detto che non era mai arrivata una richiesta di “colaggio dei fusi” e che “quasi tutti” gli altri interventi erano stati concessi 22 ore dopo il momento in cui Acciaierie d’Italia, gestore dell’impianto e in amministrazione straordinaria, aveva avvertito che rimaneva 48 ore per agire. I documenti disponibili raccontano che Acciaierie d’Italia, all’atto del sequestro, ha richiesto tutta una serie di interventi necessari per mettere in sicurezza l’altoforno.

L’unico riferimento ai “fusi” è questo: “Se la stessa fermata dovesse superare un periodo temporale di alcuni giorni tali da determinare un raffreddamento significativo dei fusi presenti nel crogiolo, il riavvio potrebbe risultare estremamente difficoltoso se non addirittura non possibile”, scriveva l’8 maggio l’azienda elencando poi tutte le richieste di autorizzazioni propedeutiche a evitarlo. Le stesse concesse il 10 maggio dalla procura, ventidue ore dopo una nuova istanza nella quale si avvertiva – per la prima volta, come sostiene la procura – che il tempo a disposizione prima di danneggiare l’Afo1 era di 48 ore a partire da quel momento. Intanto il governo ha accolto la richiesta dei sindacati di un incontro urgente, convocando i rappresentanti dei lavoratori a Palazzo Chigi. L’appuntamento è per il 21 maggio.

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