Ilva, i pm rispondono a Urso e azienda: “Impianti compromessi? Autorizzazioni in tempo, alcune neanche mai richieste”

  • Postato il 13 maggio 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Alcune importanti autorizzazioni non sono mai state neanche richieste, le altre necessarie hanno ricevuto il via libera in meno di 24 ore dopo aver chiesto un parere tecnico ad Arpa Puglia. La procura di Taranto risponde alle accuse ricevute da parte del ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso e dei commissari di Acciaierie d’Italia sulla presunta lentezza nel dare l’ok agli interventi di messa in sicurezza dell’altoforno 1 di Ilva, dove si è sviluppato un incendio lo scorso mercoledì e quindi sequestrato senza facoltà d’uso.

Secondo il ministro e i commissari, il comportamento del pubblico ministero Francesco Ciardo, titolare del fascicolo sull’incidente avvenuto nell’acciaieria, avrebbe “compromesso” in maniera irreversibile la funzionalità dell’impianto. Con una dura nota firmata dalla procuratrice capo Eugenia Pontassuglia, i magistrati tarantini hanno ricostruito minuto per minuto cosa è avvenuto dopo l’incendio nell’Afo1 e tutte le istanze presentate dall’azienda smentendo la ricostruzione del ministro e dei manager del siderurgico, da lui nominati.

Già all’atto del sequestro, sottolinea la procura, i carabinieri avevano autorizzato “tutte le attività finalizzate alla salvaguardia della salute pubblica, della sicurezza dei lavoratori nonché dell’ambiente e l’accesso alla sala controllo del personale addetto al monitoraggio dei parametri volti a garantire le condizioni generali di sicurezza”, rimarca la procura. Siamo all’8 maggio scorso. Nello stesso giorno, a pomeriggio inoltrato, l’ufficio legale di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria ha presentato un’istanza “con la quale veniva richiesta l’autorizzazione all’esecuzione di specifiche e numerose attività tecniche sull’impianto in sequestro”.

Vista la “natura estremamente tecnica” delle richieste, la procura ha quindi chiesto un parere ad Arpa Puglia. Il pomeriggio successivo, il 10 maggio, ecco la seconda istanza, arrivata alle 15.14, specificano i magistrati, con la richiesta “di altre e specifiche attività tecniche da eseguirsi sull’impianto”. Non solo: “In tale ultima nota si rappresentava che ‘il tempo residuo utile per effettuare le operazioni richieste è di circa 48 ore dal presente momento’“. Quarantotto ore a partire dal pomeriggio del 9 maggio, insomma. La procura ha quindi girato anche questa istanza ad Arpa Puglia che ha trasmesso il suo parere alle 12.04 del 10 maggio. Cinquantasette minuti dopo, la procura ha autorizzato “l’esecuzione della quasi totalità delle attività richieste restando escluse quelle che, secondo le valutazioni tecniche espresse da Arpa, da un lato non incidevano sulla integrità degli impianti, dall’altro apparivano confliggenti con le esigenze probatorie connesse al sequestro”.

In sostanza, fa notare la procura, la risposta è arrivata “a distanza di 22 ore dal deposito dell’ultima istanza e, quindi, nel rispetto del termine di 48 ore nella stessa segnalato”. Non solo. La procuratrice Pontassuglia risponde anche al presunto diniego all’autorizzazione a effettuare il “colaggio dei fusi”, l’operazione più delicata che non essendo stata effettuata rischia – secondo i commissari – di compromettere la funzionalità dell’impianto. La risposta è secca: “Tale richiesta non risulta essere stata avanzata in nessuna delle due menzionate istanze”.

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Il Fatto Quotidiano

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